La prova dell’avvenuta notifica a mezzo Pec di un atto esattivo
di Angelo GinexLa Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza 30 novembre 2017, n. 25911, ha ribadito un recente orientamento della giurisprudenza di merito circa i requisiti necessari a provare in giudizio l’avvenuta notifica a mezzo Pec di un atto di riscossione.
La questione affrontata dai giudici di prime cure riguarda segnatamente l’ipotesi in cui il contribuente impugni “al buio” una cartella di pagamento, ovvero contestandone l’omessa rituale notificazione, stante l’intervenuta conoscenza della stessa solamente a seguito di richiesta degli estratti di ruolo relativi alla propria situazione debitoria.
Al fine di comprendere quale sia la documentazione ex lege atta a comprovare l’avvenuto perfezionamento del procedimento di notificazione, occorre fare riferimento alla normativa in materia, esplicata nel:
- D.P.R. 445/2000 (c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa);
- D.P.R. 68/2005 (c.d. Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata);
- D.Lgs. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione digitale);
- D.M. 2 novembre 2005 (recante le Regole tecniche per la formazione, la trasmissione e la validazione, anche temporale, della posta elettronica certificata).
Dall’esame della disciplina citata emerge ictu oculi che, qualora il contribuente impugni un atto esattivo contestandone la omessa rituale notifica a mezzo Pec, la parte resistente dovrà fornire in giudizio:
- le ricevute di “accettazione” e di “avvenuta consegna”, unici documenti deputati a dimostrare l’avvenuto espletamento della notificazione;
- il certificato legittimante l’apposizione della firma digitale da parte del gestore, chiaramente in corso di validità;
- la copia dell’atto oggetto di notifica (munito di attestazione di conformità) unitamente al certificato legittimante la firma digitale del riscossore.
Ciò, sulla base di una pluralità di ragioni: innanzitutto, nel procedimento di notificazione telematica, la consegna dell’atto da notificare all’ufficiale postale è stata sostituita dall’invio al gestore Pec, il quale rilascerà la “ricevuta di accettazione”. Questo documento dunque avrà lo stesso valore giuridico assunto dalla “ricevuta di spedizione” nelle notifiche tramite posta.
Successivamente, quando il messaggio verrà consegnato alla casella Pec del destinatario, il gestore di quest’ultimo emetterà una “ricevuta di avvenuta consegna”, la quale rappresenta l’unico documento idoneo a provare l’avvenuta rituale notificazione dell’atto: esso certifica, con valore legale, data ed ora esatta di invio e di consegna, nonché assicura l’integrità della trasmissione.
Per quanto concerne poi il certificato legittimante l’apposizione della firma digitale da parte del gestore, esso è richiesto allo scopo sia di verificare l’integrità del messaggio oggetto di trasmissione, sia di conferire valenza giuridica alle ricevute sopra menzionate; mentre, la copia dell’atto oggetto di notifica (munito di attestazione di conformità) unitamente al certificato legittimante la firma digitale del riscossore ha lo scopo di provare che sia stato notificato il documento informatico proprio di quella cartella e non già la mera scansione dell’atto cartaceo.
Ed infatti, a conferma di quanto appena enunciato, la CTP di Roma, nella pronuncia in rassegna, ha enunciato il seguente dictum: “merita sottolineare … che l’Ente convenuto non ha prodotto tutta la documentazione richiesta dalle norme che disciplinano la notifica a mezzo pec, necessaria per dimostrare compiutamente l’avvenuta regolare notifica della cartella, né ha provato di avere inviato effettivamente un documento informatico in possesso delle precise ed ineludibili specifiche tecniche fissate dalle norme di attuazione in materia, quindi l’originale della cartella, come tale immodificabile nel contenuto e certo, in quanto digitalmente firmato, nella provenienza”.
Ne deriva, pertanto, che, qualora nel fascicolo processuale manchi anche uno solo dei documenti sopra menzionati, come avvenuto nella fattispecie sottoposta alle cure dei giudici romani, l’impugnazione promossa dal contribuente non potrà che trovare accoglimento, stante la nullità dell’atto impugnato per inesistenza giuridica del procedimento di notificazione.
In definitiva, in caso di contestazione della notifica avvenuta a mezzo Pec, tutti i documenti previsti dalla succitata normativa devono essere prodotti in giudizio, pena la mancanza della prova in ordine alla validità e all’efficacia del procedimento di notificazione dell’atto impugnato.