“Silenzio-rifiuto” impugnabile anche se da ufficio non competente
di Francesco RizziTra gli atti dell’Amministrazione finanziaria suscettibili di impugnazione mediante ricorso al giudice tributario vi è anche il rifiuto, “espresso” o “tacito”, alla richiesta di restituzione di tributi e/o altri accessori non dovuti.
Di fatti, l’articolo 19, comma 1, lett. g), D. Lgs. 546/1992, nell’elencare gli atti impugnabili dal contribuente, prevede espressamente che “il ricorso può essere proposto avverso: … omissis … g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti …”.
È poi previsto, ai sensi del successivo articolo 21 D.Lgs. 546/1992, che:
- il rifiuto espresso debba essere impugnato, a pena d’inammissibilità, entro il termine di sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto di diniego nei confronti della richiesta di rimborso;
- il “silenzio” (rectius “l’inerzia”) dell’Amministrazione finanziaria rispetto alla richiesta di rimborso del contribuente costituisce “tacito diniego” impugnabile a partire dal novantesimo giorno dalla domanda di rimborso presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non sia prescritto. In caso di assenza di specifiche disposizioni è inoltre previsto che la domanda di restituzione non possa essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si sia verificato il presupposto per la restituzione.
Ciò premesso, nella pratica potrebbe capitare di inviare la richiesta di rimborso ad un ufficio non competente, sebbene comunque appartenente all’Amministrazione finanziaria.
E non è infrequente, in tali casi, che l’ufficio non trasmetta (come dovrebbe) la richiesta all’ufficio competente e che neppure comunichi al contribuente la propria incompetenza.
Decorsi novanta giorni senza che il contribuente abbia ricevuto un formale diniego alla propria istanza di rimborso, ci si chiede allora se tale inerzia, sebbene proveniente da un ufficio incompetente, formi o meno il “silenzio – rifiuto” impugnabile ai sensi del predetto articolo 19 e quindi possa intendersi quale risposta negativa idonea a far nascere in capo al contribuente un interesse ad agire meritevole di tutela giurisdizionale.
La questione non è di poco conto. Di fatti, oltre ad essere in gioco il diritto di azione del contribuente in sede giudiziale contro un atto dell’Amministrazione finanziaria, sono in discussione anche gli effetti che l’impugnazione avrebbe nei confronti dei termini prescrizionali e di decadenza. L’impugnazione dell’atto, infatti, impedisce la decadenza e interrompe la prescrizione.
La risposta al suddetto dubbio proviene dalla Cassazione ed è a favore dell’impugnabilità.
Avendo mutato da tempo un proprio diverso orientamento sul tema, ispirato ad una lontana sentenza emessa addirittura a Sezioni Unite (la n. 11217/1997) ma riferita alla previgente disciplina del contenzioso tributario (recata dall’abrogato D.P.R. 636/1972), negli ultimi anni la Suprema Corte si è invece pronunciata a favore dell’impugnabilità del “silenzio-rifiuto” dell’Amministrazione finanziaria, anche se proveniente da un ufficio non competente (cfr., ex plurimis, Cass. sent. n. 4773/2009) e ciò in ossequio al principio di collaborazione dettato dallo Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212/2000) e del principio del giusto processo recato dall’articolo 111 Cost..
Anche con la recente ordinanza n. 5203 del 06/03/2018, la Cassazione, in riferimento a una fattispecie di rimborso di imposte sui redditi, ha infatti ribadito il seguente principio di diritto: “la presentazione di un’istanza di rimborso ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perché l’ufficio non competente (quando non estraneo all’Amministrazione finanziaria … omissis …) è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa Amministrazione, sia alla luce dell’esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell’articolo 111 Cost.”.