27 Marzo 2018

La liquidazione delle spese di lite

di Luigi Ferrajoli
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Nel processo tributario le spese del giudizio sono disciplinate dall’articolo 15 D.Lgs. 546/1992.

In particolare il comma 1 del summenzionato articolo prevede espressamente che la parte soccombente sia condannata a rimborsare le spese di giudizio liquidate con la sentenza.

Ciò nonostante, la Commissione Tributaria può compensare, in tutto o in parte, le spese di lite in caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che dovranno essere motivate dal giudice.

Non solo: dal primo gennaio 2016, ai sensi del D.Lgs. 156/2015, è stato previsto che:

  1. la Commissione debba provvedere sulle spese relative alla fase cautelare;
  2. la riscossione delle spese liquidate a favore dell’Ente impositore possa avvenire esclusivamente dopo il passaggio in giudicato della sentenza;
  3. nelle controversie ex articolo 17-bis D.Lgs. 546/1992 le spese di lite possano essere maggiorate del 50% a titolo di rimborso delle maggiori spese del procedimento;
  4. le spese del processo possano essere poste a carico della parte che ha rifiutato la proposta conciliativa senza giustificato motivo.

In via generale, nel processo civile il giudice “con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”, ex articolo 91, comma 1, c.p.c.

Ciò posto, il giudice deve, in ogni caso, liquidare in modo distinto spese e onorari di ciascun grado della causa.

Questo orientamento è stato confermato, seppure con riferimento ad un’opposizione a sanzione amministrativa, dalla sentenza n. 6018 depositata in data 13 marzo 2018 dalla Terza Sezione della Corte di Cassazione.

In particolare, nel caso in esame, un automobilista aveva proposto ricorso avanti il Giudice di Pace avverso una cartella esattoriale notificatogli dall’agente della riscossione nell’interesse del Comune in ordine ad un verbale di accertamento di infrazione al codice della strada.

Il Giudice di Pace aveva accolto il ricorso, annullando la cartella e compensando le spese di lite.

L’automobilista decideva di proporre appello esclusivamente in ordine alla statuizione della compensazione delle spese di lite.

L’appello proposto veniva rigettato dal Tribunale adito, ma veniva accolto successivamente il ricorso proposto avanti alla Corte di Cassazione, che rinviava la causa a diverso magistrato dello stesso tribunale.

Il Giudice di secondo grado, riformulando la sentenza impugnata in ordine alla compensazione delle spese, ha condannato parte resistente al pagamento in favore dell’automobilista delle spese dei due gradi di giudizio di merito, nonché quelle del giudizio di legittimità, compensando quelle del successivo giudizio di rinvio.

L’automobilista decideva di procedere nuovamente in Cassazione, rilevando tra i motivi di impugnazione, la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto.

Nello specifico, il ricorrente censurava la sentenza del Tribunale sul punto in cui le spese dei due gradi di giudizio venivano liquidate, in modo cumulativo ed indifferenziato, non consentendo in tale modo il controllo sulla correttezza della liquidazione stessa e sulla conformità ai parametri stabiliti dal D.M. 140/2012, vigenti al momento dello svolgimento dell’attività professionale, nonché a quelli del successivo D.M. 55/2014.

La Corte di Cassazione, con la richiamata sentenza n. 6018/2018, esaminando il motivo di impugnazione, lo ha ritenuto fondato, affermando che la liquidazione onnicomprensiva delle spese processuali relative ai due gradi di merito integra violazione di legge.

In particolare, la Suprema Corte, riprendendo i principi già enunciati in precedenti pronunce, ha precisato che “in tema di spese giudiziali, il giudice deve liquidare in modo distinto spese ed onorari in relazione a ciascun grado del giudizio, poiché solo tale specificazione consente alle parti di controllare i criteri di calcolo adottati e di conseguenza le ragioni per le quali sono state eventualmente ridotte le richieste presentante nelle note spese” (Cass. n. 18905/2017).

La Suprema Corte, pertanto, nel cassare la sentenza impugnata ha ritenuto di ribadire un principio, già consolidato dalla giurisprudenza costante, secondo cui “in tema di spese processuali, agli effetti dell’articolo 41 del D.M. n. 140 del 2012, i nuovi parametri, in base ai quali vanno commisurati i compensi forensi in luogo delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto purché, a tale data la prestazione professionale non sia ancora completata, sicché non operano con riguardo all’attività svolta in un grado di giudizio conclusosi con sentenza prima della loro entrata in vigore, atteso che, in tal caso, la prestazione professionale deve ritenersi completata sia pure limitatamente a quella fase processuale” (Cass. n. 2748/2016).

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