La bancarotta nella cessione del ramo d’azienda
di Luigi FerrajoliCon la sentenza n. 11053 del 13 marzo 2018, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che l’imprenditore può essere punito per bancarotta per distrazione del ramo d’azienda solo qualora il trasferimento riguardi fattori produttivi che rappresentano una posta attiva del bilancio.
Nel caso specifico, la Corte di Appello di Lecce aveva confermato – seppur rideterminandone la pena – la penale responsabilità di due amministratori (coniugi) di una S.r.l. condannati dal Tribunale di Brindisi per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale – in concorso ex articolo 110 c.p. – di cui agli articoli 216 e 223, comma 1, L.F..
I due imputati avevano quindi depositato ricorso in Cassazione lamentando, tra le varie doglianze, che la sentenza impugnata avesse “erroneamente applicato la fattispecie prevista dall’articolo 216, comma 1, L.F.” per difetto dell’elemento oggettivo e soggettivo, in relazione alle tre seguenti ipotesi di distrazione di cespiti aziendali riconducibili agli imputati:
- cessione di contratti per un valore di euro 32.000,00;
- rimborso ai soci di un finanziamento di euro 2.800,00;
- cessione di un ramo di azienda per euro 6.166,50 in favore della S.r.l. amministrata dal figlio dei ricorrenti.
Investita della questione, la Cassazione ha ritenuto il ricorso parzialmente fondato.
In particolare, per quanto concerne il primo punto, la Suprema Corte ha ricondotto la cessione di contratti di pertinenza della società fallita nell’ipotesi di condotta distrattiva, osservando come dalle scritture contabili reperite dalla curatela non fosse emerso il dato di tali trasferimenti né di alcun corrispettivo per gli stessi. La Cassazione ha peraltro evidenziato che “pur ammesso che la pregressa cessione di un contratto integra gli estremi della distrazione nel solo caso in cui determini un effettivo nocumento nei confronti dei creditori (in tema di cessione di contratto di locazione finanziaria, Sez. 5, n. 3612 del 06/11/2006 – dep. 31/01/2007, Tralicci, Rv. 236043), i ricorrenti avrebbero dovuto specificamente dedurre che ai giudici di merito era stata offerta la prova… che la permanenza dei detti rapporti negoziali nel patrimonio avrebbe costituito in concreto, dal punto di vista economico, per gli organi fallimentari un onere e non già una risorsa positiva e che di essa non si era tenuto conto”.
La condotta di cui al secondo punto, attinente al rimborso di un finanziamento ai soci – secondo la Quinta Sezione penale – doveva essere inquadrata nella fattispecie di bancarotta preferenziale di cui all’articolo 216, comma 3, L.F., in forza del noto orientamento che ritiene punibile per tale reato l’amministratore che dispone a suo favore del rimborso dei finanziamenti effettuati nei confronti della società (Cass. Pen. n. 34505/2014, n. 42710/2012, n. 25292/2012 e n. 2273/2005).
Coglie nel segno, invece, la terza censura concernente la riconduzione della cessione di un ramo di azienda dalla S.r.l. amministrata dagli imputati ad un’altra S.r.l. (per inciso, gestita dal figlio dei ricorrenti) entro l’ambito applicativo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione. Di tale operazione, comprendente diversi cespiti facenti parte del compendio aziendale e l’avviamento commerciale, non vi era traccia nelle scritture contabili.
A tal proposito, la Corte ha rammentato il principio di diritto secondo cui la distrazione di un ramo di azienda è configurabile solo in caso di cessione avente ad oggetto, unitariamente, oltre che i singoli beni e i rapporti giuridici anche l’avviamento riferibile a tale autonoma organizzazione produttiva (Cass. Pen. n. 31703/2015), “sempre che gli uni e l’altro siano identificabili con fattori aziendali idonei a rappresentare una posta attiva di bilancio” (Cass. Pen. n. 31677/2017), “posto che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta, è necessario che oggetto di distrazione siano rapporti giuridicamente rilevanti ed economicamente valutabili e non mere aspettative di ricchezza” (Cass. Pen. n. 9813/2006).
Per tale ragione, la Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente a tale ultima specifica condotta distrattiva, per consentire al giudice di merito di accertare se la descritta operazione fosse stata tale da sostanziare o meno una cessione senza corrispettivo di fattori della produzione, economicamente valutabili e tali da comportare, con il loro distacco, un concreto e quantificabile depauperamento del patrimonio destinato alla garanzia dei diritti dei creditori.
Le argomentazioni sviluppate hanno quindi portato la Corte ad annullare la sentenza impugnata limitatamente alla cessione di ramo di azienda, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce per un nuovo esame e ha rigetto, nel resto, i ricorsi.