3 Maggio 2018

Il ricorso sana la nullità della notifica ma non la decadenza

di Francesco Rizzi
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Si è da tempo consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui la sanatoria della nullità della notificazione prevista dall’articolo 156 c.p.c. è applicabile anche agli avvisi di accertamento tributari, in quanto la loro natura di atti sostanziali non osterebbe all’applicazione di tale norma, la quale, sempre secondo i giudici di legittimità, sarebbe peraltro richiamata proprio dall’articolo 60 D.P.R. 600/73 (inerente le modalità di notificazione degli avvisi di accertamento) attraverso il rimando agli articoli 137 e ss. c.p.c. e quindi anche all’articolo 160 c.p.c. (sulla nullità delle notificazioni) che a sua volta richiama espressamente il precedente articolo 156 (inerente, appunto, i casi in cui la nullità può essere sanata o meno).

La nullità della notificazione può tuttavia essere sanata solamente con riferimento al conseguimento dello scopo dell’atto tributario di portare a conoscenza del contribuente i termini della pretesa erariale consentendogli l’esercizio del diritto di difesa, ma non anche nel senso di attribuire validità ad un esercizio “intempestivo” del potere di accertamento. La sanatoria ex articolo 156 c.p.c. non può infatti mai impedire e “sanare” l’intervenuta decadenza.

Tale assunto non è privo di conseguenze; di fatti ve ne sono e anche di piuttosto rilevanti ai fini della validità degli atti impositivi. Basti pensare, ad esempio, al caso (non infrequente nella pratica) di un avviso di accertamento spedito in prossimità dello spirare dei termini di decadenza stabiliti per l’esercizio del potere di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria e “consegnato” (e non “notificato”) al contribuente oltre tali termini (si supponga, ad esempio, il caso di un atto spedito a fine dicembre dell’anno “X”, quando i termini di decadenza spirerebbero nell’anno “X+1”). In tale caso:

  • qualora fosse rilevabile un vizio di notificazione comportante la nullità dell’avviso di accertamento,
  • il contribuente avesse avuto la conoscenza “materiale” dell’atto (e, ovviamente, non anche quella “legale”) solo dopo lo spirare dei termini di decadenza,
  • l’atto venisse quindi impugnato con rituale ricorso alla commissione tributaria successivamente allo spirare dei termini di decadenza del potere di accertamento, eccependo specificatamente, oltre al predetto vizio della notificazione, anche l’intervenuta decadenza,

la sanatoria ex articolo 156 c.p.c. potrebbe operare con effetti ex tunc solamente in relazione allo scopo dell’atto ma non anche in riferimento all’intempestività dell’esercizio del potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria. In tal caso, quindi, la sanatoria ex articolo 156 c.p.c. non opererebbe affatto e l’atto sarebbe comunque nullo per intervenuta decadenza, non sanabile.

Per meglio comprendere i termini della questione è tuttavia opportuno rammentare, seppur brevemente, gli aspetti principali del dibattito sorto sia in dottrina che in giurisprudenza sull’argomento, nonché la “soluzione” interpretativa fornita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Negli anni passati era di fatti sorto un contrasto giurisprudenziale intorno all’applicabilità agli avvisi di accertamento tributari della sanatoria per il raggiungimento dello scopo prevista dall’articolo 156, comma 3, c.p.c. a mente del quale “La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.

Nello specifico, parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione e di autorevole dottrina ritenevano che la disciplina della sanatoria per raggiungimento dello scopo non fosse applicabile agli avvisi di accertamento tributari in quanto l’articolo 156 c.p.c. riguardava solamente gli atti “processuali” mentre l’avviso di accertamento era da ritenersi un atto avente natura “sostanziale” essendo un atto amministrativo autoritativo attraverso cui l’Amministrazione finanziaria esplicava la propria potestà impositiva. L’avviso di accertamento non era dunque un atto “funzionale” al processo (come invece lo è l’atto di proposizione del ricorso), costituendone eventualmente un mero “antecedente” (cfr. Cassazione, sentenze nn. 5924/2001 e 3513/2002).

Di contro, parte della giurisprudenza di legittimità affermava invece che la sanatoria per il raggiungimento dello scopo ex articolo 156 c.p.c. fosse applicabile all’avviso di accertamento tributario sia perché tale atto aveva natura di provocatio ad opponendum e la sua notificazione era dunque preordinata all’impugnazione, sia perché l’articolo 60 D.P.R. 600/1973, riguardante le modalità di notificazione degli avvisi di accertamento, richiamava espressamente gli articoli 136 e ss. c.p.c. rendendo così applicabile anche l’articolo 160 c.p.c. che a sua volta rinviava al precedente articolo 156 c.p.c. (cfr. Cassazione, sentenze nn. 7284/2001 e 17762/2002).

Il contrasto è stato risolto dalla sentenza n. 19854 del 5.10.2004 pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la quale, pur ritenendo non meritevole di accoglimento la tesi secondo cui l’applicazione del regime di sanatoria deve ritenersi una mera conseguenza della supposta natura pre-processuale dell’avviso di accertamento tributario, inteso in tale ottica come una mera provocatio ad opponendum, e pur riconoscendo, di contro, la natura sostanziale di tale atto, i supremi giudici hanno comunque ritenuto che:

  • la natura sostanziale dell’atto in questione non costituisce, però, un ostacolo insormontabile all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando, come nella specie, vi sia un espresso richiamo nella disciplina tributaria (riferendosi al richiamo agli articoli 137 e ss. c.p.c., operato dall’articolo 60, comma 1, D.P.R. 600/1973)”;
  • la sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto ex articolo 156, comma 3, c.p.c. è applicabile anche agli avvisi di accertamento tributari, con la conseguenza che “se il contribuente mostra (tramite l’impugnazione dell’atto tributario) di aver avuto piena conoscenza del contenuto dell’atto e ha potuto adeguatamente esercitare il proprio diritto di difesa, lo stesso contribuente non potrà, in via di principio, dedurre i vizi relativi alla notificazione a sostegno di una domanda di annullamento”.

Sempre l’arresto in commento ha tuttavia precisato che gli effetti ex tunc della sanatoria ex articolo 156 c.p.c. possono riguardare solamente il raggiungimento dello scopo dell’atto e non anche l’eventuale intervenuta decadenza, la quale non potrà mai essere sanata, nemmeno dall’impugnazione dell’atto.

I giudici di legittimità hanno infatti espressamente statuito che:

  • A diverse conclusioni deve, peraltro, pervenirsi se la sanatoria … omissis … sia intervenuta quando il termine per l’esercizio del potere di accertamento è scaduto. In tale ipotesi, infatti, il meccanismo della sanatoria deve essere combinato con quello, indefettibile, della decadenza dall’esercizio del potere, per cui la sanatoria può verificarsi solo se avvenuta prima del decorso del termine di decadenza”;
  • la nullità della notificazione dell’accertamento tributario “può essere sanata relativamente al conseguimento della finalità dell’atto … omissis … ma non mai nel senso di attribuire ex tunc validità a un intempestivo atto di esercizio del potere di accertamento, salvo che il conseguimento dello scopo avvenga entro il termine previsto dalle singole leggi d’imposta per l’esercizio di tale potere”;
  • “… la sanatoria del raggiungimento dello scopo non può eliminare gli effetti della decadenza”;
  • in tali casi, l’intervenuta decadenza non è comunque rilevabile d’ufficio dal giudice e deve quindi essere specificatamente eccepita dal ricorrente, in quanto “la decadenza … omissis … non produce l’inesistenza degli atti impositivi successivamente emanati, per cui anche in tal caso il contribuente ha l’onere di dedurre la decadenza come specifico vizio nel ricorso introduttivo … omissis …, escludendosi un potere di declaratoria ex officio del giudice”. Per tale ragione è altresì evidente che “… la proposizione del ricorso introduttivo nel quale si faccia valere, da sola o con altri vizi, la decadenza dell’Amministrazione … omissis … non svolgerà in nessun caso un indiscriminato effetto sanante nei confronti di tale vizio”.

Si rileva, infine, come ad oggi tale orientamento sia condiviso quasi pedissequamente dai giudici di merito ma non da autorevole dottrina (cfr., ex multis, C. Glendi o M. Bruzzone) che prende atto ma non condivide le suddette derive ermeneutiche (rimanendo ferma sulla convinzione che agli atti di natura sostanziale, come lo sono gli accertamenti tributari, non possa applicarsi la disciplina della sanatoria in parola), salvo per quanto concerne gli effetti dell’intervenuta decadenza.

 

La conciliazione giudiziale e l’appello