23 Maggio 2018

Bancarotta fraudolenta e scissione societaria

di Marco Bargagli
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Gli atti di riorganizzazione aziendale possono, in linea di principio, presentare particolari profili di interesse operativo e alcune criticità, in quanto è necessario garantire e preservare l’integrità patrimoniale dei soggetti coinvolti.

Sotto il profilo penale tributario, ad esempio, l’articolo 11 D.Lgs. 74/2000 sanziona il soggetto attivo del reato che aliena simulatamente o compia atti fraudolenti sui propri beni e su beni altrui, al fine di rendere in tutto o in parte inefficace la relativa esecuzione esattoriale a tutela della pretesa erariale.

In sede di legittimità, la suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 45730 del 22.11.2012) ha confermato l’integrazione dei presupposti necessari per la sussistenza del reato in rassegna in riferimento ad un’operazione di riorganizzazione aziendale attraverso la quale una società, divenuta debitrice verso l’Erario per il pagamento dei tributi, era stata svuotata di ogni attività a favore delle altre società riconducibili all’originaria proprietà del gruppo, lasciando residuare in capo alla prima, quale unico rapporto giuridico pendente, il debito fiscale.

Il disegno fraudolento si concludeva con la cessione a soggetti terzi della società debitrice nei confronti dell’Erario, la messa in liquidazione della medesima e la successiva dichiarazione di cessazione (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume I – parte II – capitolo 1 “il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e IVA”, pag. 183 e ss.).

Nel novero delle operazioni di ristrutturazione aziendale rientra anche la scissione societaria disciplinata dall’articolo 2506 cod. civ., il quale testualmente prevede che: “con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci”.

In merito occorre precisare che:

  • la società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività;
  • la partecipazione alla scissione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.

Anche nell’ambito della scissione occorre analizzare compiutamente i particolari contesti che potrebbero realizzare il trasferimento di assets patrimoniali a favore di altri soggetti giuridici (c.d. good company), mantenendo in capo alla società scissa debiti ed altri rapporti giuridici pendenti che generano solo passività (c.d. bad company).

Successivamente, a seguito dello svuotamento delle attività, la bad company preesistente potrebbe anche incorrere in una procedura concorsuale sino al suo definitivo fallimento, con conseguente grave pregiudizio ai creditori.

In siffatta ipotesi, potrebbero anche scaturire importanti profili penali, con particolare riferimento al reato di bancarotta fraudolenta.

In merito, si è recentemente espressa la suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 17163 del 17.04.2018, nella quale è stato chiarito che il reato in rassegna può applicarsi anche nei casi di scissione societaria, a seguito della quale si è creata un’ingente distrazione patrimoniale con conseguente fallimento della società scissa.

Il caso esaminato dagli ermellini rientra nel frequente fenomeno della “scissione di una società in crisi” la quale, allo scopo di superare lo stato di difficoltà in cui versa l’impresa, vede la separazione delle passività (il c.d. badwill), lasciato nella c.d. “bad company”, dalle attività (il c.d. goodwill), che vengono trasferite alla società di nuova costituzione, la c.d. “new company”.

In merito, il giudice di legittimità ha posto in evidenza che nell’ambito di una scissione mediante costituzione di nuova società, l’assegnazione a quest’ultima di rilevanti risorse non costituisce di per sé un fatto distrattivo ai fini patrimoniali.

Tuttavia, a parere degli ermellini, integra il reato di bancarotta per distrazione l’operazione di scissione di una società, successivamente dichiarata fallita, a favore di un’altra società alla quale siano conferiti beni di rilevante valore qualora tale operazione – astrattamente lecita – sulla base di una valutazione in concreto che tenga conto della effettiva situazione debitoria in cui operi la società poi fallita al momento della scissione, nonché di ulteriori operazioni poste in essere a danno della società poi fallita, si riveli volutamente depauperatoria del patrimonio aziendale e pregiudizievole per i creditori nella prospettiva della procedura concorsuale.

Ciò premesso, nella fattispecie posta all’attenzione della suprema Corte, era emerso che nell’ambito della scissione erano stati attribuiti alla società beneficiaria tutti gli elementi attivi della società scissa, che restava priva di mezzi e di dipendenti, rimanendo gravata dell’intero passivo fino a quel momento dalla stessa accumulato, assumendo così la natura di “bad company”.

Inoltre, nel corso del giudizio erano emersi i tipici elementi che realizzano il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, tenuto conto che:

  • i beni ceduti alla new company ed i canoni previsti dal contratto di affitto di ramo d’azienda non erano mai stati pagati, se non in minima parte;
  • l’assegnazione alla società beneficiaria della totalità dell’attivo della società scissa (compresi i dipendenti, i beni strumentali e i contratti) poneva quest’ultima nell’impossibilità di continuare ad operare e di pagare i debiti interamente rimasti a carico della stessa, senza che alcun vantaggio fosse individuabile per la medesima come risultato della scissione;
  • si era verificata una significativa contrazione del fatturato della società scissa, a cui si era aggiunto un accumulo di significativi debiti tributari.

In definitiva, l’operazione sopra illustrata era stata preordinata ad abbandonare la società scissa al fallimento, creando simmetricamente un concreto pregiudizio per i creditori della fallita, ragion per cui la suprema Corte ha confermato gli estremi per il reato di bancarotta fraudolenta.

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