Qualche altra considerazione sul lavoro sportivo dilettantistico
di Guido MartinelliNell’attesa che il Consiglio Nazionale del Coni si esprima in merito alla individuazione delle mansioni sportive il cui esercizio costituisce collaborazione coordinata e continuativa, sia nei confronti delle società lucrative che non, ai sensi di quanto indicato dall’articolo 1, comma 358, L. 205/2017 (lo dovrebbe fare nel consiglio nazionale già convocato per luglio), il dibattito si è focalizzato sugli adempimenti conseguenti a detto inquadramento (comunicazione al centro per l’impiego, cedolino paga e iscrizione nel libro unico del lavoro), trascurando altri aspetti, a mio avviso altrettanto gravidi di conseguenze per il mondo dello sport.
L’analisi dimostra l’estrema difficoltà a disciplinare, secondo le regolare dell’ermeneutica del diritto del lavoro, una realtà complessa come quella sportiva.
In via preliminare credo si debba analizzare se il combinato disposto di cui al citato comma 358 e al successivo 359 costituisca o meno una sorta di “presunzione” per l’inquadramento di queste forme di collaborazione quali “co.co.co.”. La risposta, purtroppo, appare negativa. Deve essere qui ricordato il noto principio di indisponibilità della prestazione di lavoro subordinato – affermato dalla Corte costituzionale in due note pronunce degli anni ’90 e più recentemente ribadito dal giudice delle leggi (Corte Costituzionale n. 77 del 13.05.2015) – alla cui stregua non è comunque consentito al legislatore “negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò derivi l’inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall’ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato”, come ad esempio l’articolo 36 Cost. in tema di equa retribuzione.
Questo comporta l’opportunità di rivalutare, anche ai fini sportivi, l’istituto della certificazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere sportivo (articolo 2, comma 3, D.Lgs. 81/2015: «le parti possono richiedere alle commissioni di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui al comma 1 ….» )
Come giustamente rilevato dai Proff. Zoli e Martelloni in un contributo che sarà pubblicato nel numero di giugno della rivista “Associazioni e sport”, trova applicazione ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, istaurati sia con società lucrative che non, la L. 81/2017 recante misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale (il c.d. Jobs act del lavoro autonomo).
In particolare, rilevano le seguenti previsioni:
- articolo 3, comma 1, L. 81/2017 (“Si considerano abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere da esso senza congruo preavviso nonché le clausole mediante le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di pagamento”);
- articolo 8, comma 4, L. 81/2017 in materia di congedi parentali e, altresì, gli articoli 13 e 14 in materia di, malattia, infortunio, gravidanza (articolo 14: “La gravidanza, la malattia e l’infortunio dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente non comportano l’estinzione del rapporto di lavoro, la cui esecuzione, su richiesta del lavoratore, rimane sospesa, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a centocinquanta giorni per anno solare, fatto salvo il venir meno dell’interesse del committente…”).
Si pongono a questo punto una serie di ulteriori interrogativi. Come dovranno essere inquadrate le collaborazioni occasionali poste in essere dalle società sportive lucrative? Rientreranno anch’esse nel novero di quelle ritenute collaborazioni coordinate e continuative di cui all’articolo 50 Tuir o potranno essere disciplinate dall’articolo 67, comma 1, lett. l), Tuir godendo, pertanto, della non rilevanza ai fini contributivi fino a cinquemila euro di corrispettivo?
Il pagamento dei premi gara, che per le non lucrative sono equiparati ai compensi e, pertanto, presumibilmente qualificabili ex lege quali co.co.co., per le lucrative potranno rientrare tra quelli previsti dall’articolo 30 D.P.R. 600/1973 con applicazione di ritenuta a titolo di imposta?
Va infine evidenziato come tutta la disciplina sulle prestazioni sportive di cui alla Legge di Bilancio 2018 fa riferimento esclusivamente alle associazioni e società sportive dilettantistiche, lucrative e non. Qui si pone il problema dell’inquadramento delle medesime prestazioni sportive in favore del Coni, delle Federazioni, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, sia a livello centrale che territoriale. E, in aggiunta, dubbi sorgono con riferimento all’applicabilità della disciplina delle non lucrative o meno.
Viene in soccorso, come possibile soluzione, la norma che prevede che: “Alle federazioni sportive nazionali, alle discipline associate ed agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni si applica quanto previsto dall’articolo 67, comma 1, lettera m), secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, e dall’articolo 61, comma 3, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni”. (articolo 35, comma 6, D.L. 207/2008, convertito dalla L. 14/2009).
Si ritiene, pertanto, in via interpretativa, che la disciplina indicata per le collaborazioni sportive in favore delle non lucrative, sia applicabile anche nei confronti di Coni, Federazioni ed enti di promozione.
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