Il termine per l’accertamento decorre dal sostenimento della spesa
di Alessandro BonuzziIl termine per l’accertamento di costi deducibili in più anni decorre dal periodo d’imposta di sostenimento, non rilevando, invece, le singole imputazioni dell’onere frazionate negli anni. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9993/2018.
La vicenda trae origine da un avviso di accertamento Irpef e Irap per l’anno 2007, notificato il 5 dicembre 2011, teso al recupero a tassazione di quote di ammortamento, la cui prima rata è stata imputata nel 1998, del valore dei beni (acquedotto di proprietà del Comune) oggetto di concessione d’uso per la durata di 29 anni.
La CTR della Lombardia ha ritenuto legittima la ripresa dell’Agenzia; di conseguenza, il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione denunciando la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 43 D.P.R. 600/1973, per non aver la Commissione di secondo grado riscontrato l’intervenuta decadenza del potere impositivo del Fisco.
Al riguardo, va ricordato che:
- fino al periodo d’imposta 2015, gli avvisi di accertamento dovevano essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, entro il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata;
- dal periodo d’imposta 2016, invece, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della dichiarazione, entro il 31 dicembre del 7° anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Quindi, in ipotesi di regolare presentazione della dichiarazione, il 2016 può essere accertato fino al 31 dicembre 2022.
Si trattava quindi di stabilire se, in ipotesi di costi che danno luogo a deduzione frazionata in più anni (nella specie costi ammortizzati), la decadenza dell’accertamento fosse maturata:
- con il decorso del 31 dicembre del 4° anno successivo a quello della dichiarazione di ciascun specifico rateo (come sostenuto dall’Agenzia) e, quindi, per la quota di ammortamento dedotta nel 2007, con il decorso del 31 dicembre 2012 ovvero
- con il decorso del 31 dicembre del 4° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa al periodo fiscale in cui il costo è stato sostenuto e l’ammortamento è iniziato a decorrere (come sostenuto dal contribuente) e, quindi, con il decorso del 31 dicembre 2003.
A parere della Cassazione, sebbene “la prima soluzione sembrerebbe trovare apparente conforto in una meccanicistica applicazione del criterio di autonomia dei periodi d’imposta, secondo quale a ciascun periodo d’imposta corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria … Deve, tuttavia, osservarsi che il criterio dell’autonomia dei periodi d’imposta non rileva in termini assoluti ed incondizionatamente, atteso che, come ha posto ben in evidenza la giurisprudenza in tema di efficacia espansiva del giudicato su annualità diversa da quella oggetto del decisione definitiva (cfr. Cassazione n. 4832/2015, 21395/2017), esso non opera in relazione a situazioni geneticamente unitarie e, tuttavia, comunque destinate a ripercuotersi su annualità successive”.
Peraltro, ha osservato sempre la Suprema Corte, il sistema, per essere coerente con l’orientamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 80/2005), non deve lasciare il contribuente esposto all’azione esecutiva del Fisco per termini eccessivamente dilatati, eccedenti quelli indicati dall’articolo 43 D.P.R. 600/1973.
“Ne discende che, in ipotesi di costi che danno luogo a diritto a deduzione frazionata in più anni e di quote di ammortamento, la decadenza in danno dell’Agenzia deve ritenersi necessariamente maturare con il decorso del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa ai periodi fiscali in cui i costi sono stati concretamente sostenuti e l’ammortamento è stato iscritto a bilancio, venendosi, altrimenti, a violare lo stesso dictum di Corte Costituzionale 280/05; è alle anzidette annualità che si ricollegano, infatti, i presupposti del diritto alla deduzione e, quindi, il diritto medesimo nel suo definitivo valore (mentre il frazionamento interferisce solo sul relativo mero esercizio) e la predisposizione della documentazione giustificativa”.
Per rafforzare il proprio indirizzo, la pronuncia in commento richiama, poi, la sentenza della Cassazione n. 3304/1999, secondo cui la rettifica della quota d’ammortamento, non preceduta dal disconoscimento dell’iscrizione originaria nel bilancio del costo da ammortizzare, una volta scaduto il termine per l’accertamento dell’anno di sostenimento, non sarebbe più possibile a meno che non dipenda da un’erronea determinazione (perché superiore a quanto inizialmente previsto, o malamente calcolata).
Quindi, calando il principio al caso concreto oggetto della controversia, atteso che:
- l’iscrizione in bilancio del diritto di concessione d’uso è stata effettuata nel 1998 e
- le quote di ammortamento sono state dedotte negli anni successivi fino al 2007, che è l’anno oggetto di contestazione,
è precluso all’Ufficio rettificare nel 2011 (anno di notifica dell’accertamento per l’esercizio 2007) le quote di ammortamento dedotte, non ricorrendo affatto la fattispecie dell’errato calcolo.
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