Condizioni di detrazione Iva per le holding
di Marco PeiroloLa Corte di giustizia, con la sentenza relativa alla causa C-320/17 del 5 luglio 2018, è ritornata ad occuparsi delle condizioni di detraibilità dell’Iva per le holding che acquisiscono partecipazioni in altre società.
A livello normativo, esiste un disallineamento tra la disciplina interna e quella unionale in merito alla soggettività passiva Iva delle holding, che in base al costante orientamento della Corte europea è subordinata all’effettuazione, nei confronti delle partecipate, di operazioni soggette a Iva.
L’attività economica, per tali soggetti, non si configura, infatti, con il mero esercizio dell’attività di direzione e coordinamento se ad essa non si accompagna l’effettuazione di operazioni rilevanti ai fini Iva, quali le prestazioni di servizi amministrativi, finanziari, commerciali e tecnici. Nella causa C-320/17, è stato opportunamente puntualizzato, avendo riguardo alla specifica fattispecie, che “gli esempi di attività che sono manifestazione di un’interferenza della holding nella gestione delle sue controllate non costituiscono un elenco esaustivo” e che “la nozione d’«interferenza di una holding nella gestione della sua controllata» deve pertanto essere intesa nel senso che comprende tutte le operazioni che configurano un’attività economica ai sensi della direttiva IVA, effettuate dalla holding a favore della sua controlla”.
Nella disciplina nazionale (articolo 4, comma 5, ult. periodo, lett. b), D.P.R. 633/1972), come interpretata dall’Amministrazione finanziaria (circolare 328/E/1997, § 1.2.3), la holding assume lo status di soggetto passivo Iva se possiede una struttura preordinata ad esercitare un’attività finanziaria o un’organizzazione idonea a gestire le partecipate, senza che sia espressamente richiamata la condizione, prevista dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, relativa all’effettuazione di operazioni rilevanti ai fini Iva nei confronti delle partecipate, considerata indispensabile affinché si realizzi quell’interferenza, anche solo indiretta, nella gestione delle partecipazioni che i giudici dell’Unione richiedono ai fini dell’acquisizione della soggettività Iva, definita sul piano normativo dall’articolo 9 Direttiva n. 2006/112/CE.
Più recentemente, però, con la circolare AdE 6/E/2016, avente per oggetto il trattamento fiscale delle operazioni di acquisizione con indebitamento, il richiamo compiuto dall’Agenzia delle Entrate alle pertinenti disposizioni della Direttiva 2006/112/CE e alle indicazioni della Corte di giustizia porterebbe a ritenere che le condizioni previste dal citato articolo 4, comma 5, ult. periodo, lett. b), D.P.R. 633/1972 debbano essere necessariamente interpretate in chiave unionale, cosicché la holding non può considerarsi un soggetto passivo Iva se, pur essendo dotata di una struttura preordinata ad esercitare un’attività finanziaria o di un’organizzazione idonea a gestire le società partecipate, non effettua operazioni soggette ad imposta nei loro confronti.
Il requisito dell’interferenza, così inteso, deve essere verificato in relazione alla fase del possesso della partecipazione acquistata, in modo da distinguere la detenzione della partecipazione attratta nell’ambito impositivo (holding cd. “dinamica”) da quella che, al contrario, vi resti esclusa in difetto del presupposto soggettivo (holding cd. “statica”).
In più occasioni, i giudici dell’Unione hanno esaminato, nell’accennata duplice prospettiva (dinamica e statica), il trattamento applicabile, ai fini Iva, in sede di cessione della partecipazione acquistata dalla controllante e, sotto il profilo passivo, se sia possibile esercitare la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti inerenti la cessione della partecipazione (es. consulenze finanziarie, fiscali, ecc.).
In merito alla detraibilità dell’imposta “a monte”, la Corte fa riferimento al concetto di “interruzione della catena dell’Iva” al fine di ammettere la detrazione soltanto per le operazioni che, “a valle”, danno luogo all’addebito dell’imposta.
L’effetto di “rottura” è senz’altro applicabile, sicché la detrazione resta preclusa, quando gli acquisti perseguono un unico scopo, si può dire di “primo livello”, vale a dire l’effettuazione dell’operazione detassata (es. cessione della partecipazione in esenzione da Iva). In questa ipotesi, l’indetraibilità è l’effetto della destinazione specifica del bene/servizio acquistato al compimento dell’operazione esente o, comunque, esclusa da Iva, in perfetta linea con il concetto di inerenza contenuto nell’articolo 19, comma 2, D.P.R. 633/1972.
Al contrario, l’interruzione della catena impositiva non si verifica quando gli acquisti siano diretti ad uno scopo di “secondo livello”, inserendosi nel contesto, più generale, dell’attività economica svolta dal soggetto passivo, purché soggetta a Iva. In questa ulteriore ipotesi, la detrazione è ammessa perché l’inerenza rispetto all’attività si traduce nell’inerenza, seppure indiretta, rispetto al conseguimento di corrispettivi imponibili. In pratica, il costo dei beni/servizi acquistati fa parte delle spese generali del soggetto passivo e, per tale ragione, la relativa imposta è detraibile.
Tale approccio trova conferma nelle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria, che ammette la detrazione sugli acquisti che, pur se utilizzati per compiere operazioni “non soggette”, siano “indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni imponibili o ad esse assimilate ai fini della detrazione” (circolare 327/E/1998, § 3.1). Nell’esemplificazione proposta, che riproduce quella contenuta nella Relazione governativa al DLgs. 313/1997, l’Amministrazione richiama “le consulenze tese ad attuare una riorganizzazione dell’assetto societario, o a pervenire ad una transazione, ad ottenere un risarcimento danni afferenti beni o attività dell’impresa, come pure per la concessione di beni in comodato a clienti, sempreché naturalmente s’inquadri nell’ordinaria attività dell’impresa volta a porre in essere operazioni che danno diritto a detrazione”.
Nella sentenza Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrts (cause riunite C-108/14 e 109/14 del 16 luglio 2015) è stata, inoltre, presa in considerazione una duplice situazione che potrebbe ricorrere in capo alla holding, ossia che:
- le spese sostenute per gli acquisti di beni/servizi si riferiscono anche a controllate non gestite dalla holding, nel qual caso la detrazione deve essere operata in proporzione alle spese relative all’attività economica, da individuare oggettivamente, cioè in base al pro rata “fisico”, di cui all’articolo 19, comma 4, D.P.R. 633/1972;
- le spese sostenute per gli acquisti di beni/servizi si riferiscono esclusivamente a controllate gestite dalla holding, ma alcune operazioni effettuate a valle sono esenti da Iva, nel qual caso si tratta di stabilire quando la detrazione debba essere operata in applicazione del metodo del pro rata “matematico”, di cui all’articolo 19, comma 5, D.P.R. 633/1972, vale a dire in proporzione alle operazioni attive che danno diritto alla detrazione.
La medesima impostazione è stata confermata nella sentenza Marle Participations (causa C-320/17), che a proposito del requisito dell’interferenza nella gestione delle partecipate ha specificato, sia pure incidentalmente, che ad assumere rilevanza sono non solo i servizi forniti dalla holding alle controllate, ma anche a quelli “che essa abbia tentato di sviluppare nei loro confronti”. Sembra, dunque, scontato l’esito della causa C-249/17 (Ryanair) avente per oggetto la detraibilità dell’Iva sulle spese per l’acquisto della partecipazione in altra società nel particolare caso in cui l’acquisizione non sia andata a buon fine e, quindi, non sia possibile fornire i servizi che costituiscono indice di interferenza.
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