I finanziamenti alle partecipate alla prova del test di operatività
di Alberto RocchiPier Roberto SorignaniSecondo la disciplina contenuta nell’articolo 30 L. 724/1994, nel calcolo del test di operatività (e, di riflesso, nella determinazione del reddito minimo da assoggettare a imposizione), devono essere considerati, tra gli altri, i valori dei beni indicati nell’articolo 85, comma 1 lett. c), d) e), Tuir nonché delle partecipazioni in società di cui all’articolo 5 Tuir, aumentato del valore dei crediti.
Sul punto, la circolare 48/E/1997, ha precisato che: “le azioni, le quote di partecipazioni in società ed enti indicati nelle lettere a), b) e d) del comma 1 dell’articolo 87 del Tuir, comprese quelle non rappresentate da titoli, nonché le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa devono essere presi in considerazione, ai fini dell’applicazione della normativa in esame, sia se costituiscono attivo circolante, sia se costituiscono immobilizzazioni finanziarie”.
“Si precisa, inoltre, che, con riferimento al valore dei crediti, rientrano nella base di computo i crediti da finanziamento in quanto suscettibili di generare componenti positivi di reddito. Pertanto, devono escludersi da detta base i crediti aventi natura commerciale. Allo stesso modo, si ritiene che non debbano essere inclusi nel computo in esame i depositi bancari, in quanto i medesimi costituiscono disponibilità liquide e, come tali, vanno indicate nell’attivo circolante al punto IV, 1”.
Il quadro regolamentare della materia è stato completato dal Provvedimento del 14.02.2008, il quale ha disposto la disapplicazione parziale della disciplina ai casi di “società che detengono partecipazioni in: 1) società considerate non di comodo ai sensi dell’articolo 30 della legge n. 724 del 1994; 2) società escluse dall’applicazione della disciplina di cui al citato articolo 30 anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione; 3) società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’articolo 168 del TUIR. La disapplicazione opera limitatamente alle predette partecipazioni”.
Soffermiamo l’attenzione sulla rilevanza dei crediti da finanziamento alle partecipate. In linea generale, secondo le indicazioni della circolare citata, i predetti crediti assumono rilevanza nell’applicazione della disciplina in esame, a prescindere dalla loro iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie. Nel caso in cui i crediti finanziari nascano per effetto di operazioni con società partecipate, essi automaticamente aumentano il valore del bene “partecipazione” e unitamente a esso concorrono al calcolo del test di operatività e del reddito minimo da dichiarare.
Si tratta di una declinazione pratica di quel principio di “accessione” secondo il quale determinati asset patrimoniali della società, qualora legati gli uni agli altri da una particolare correlazione, vengono attratti nella medesima “area” al fine di concorrere al calcolo della “potenzialità” teorica di produzione di ricavi, nonché della redditività minima, secondo le stesse regole.
Quale dunque la sorte dei finanziamenti effettuati nei confronti di società partecipate il cui valore delle azioni non concorre al test società di comodo per disapplicazione parziale secondo quanto disposto dal Provvedimento 14.02.2008?
Sul punto la DRE Regione Lombardia, con risposta a una specifica istanza di interpello (prot.904-1007/14), si è espressa in senso positivo sulla possibilità di escludere dal calcolo del test di operatività sia la partecipazione che i finanziamenti, fruttiferi o meno, erogati a favore della società controllata.
La DRE ha dunque sposato in pieno il principio di accessione di cui sopra si è fatto cenno, stabilendo che l’esclusione del bene principale (partecipazione) trascina con sé anche quella dell’asset correlato (finanziamento). Importante è la precisazione in merito all’irrilevanza della fruttuosità o meno del finanziamento: anche se l’elemento dell’attivo patrimoniale della società produce ricavi, di esso non si deve ugualmente tenere conto. Ed è da ritenere plausibile che nemmeno i relativi ricavi debbano rilevare ai fini del calcolo, sebbene essi, quali interessi attivi, dovrebbero già di per sé essere esclusi in quanto iscritti in un’area del conto economico non interessata dal meccanismo di calcolo per disposizione di legge.
Alla luce di queste precisazioni occorre interrogarsi sulla sorte dei finanziamenti a partecipate che, al contrario del caso esaminato, siano tenute a concorrere al test di operatività in quanto relative a società non escluse dalla disciplina delle società di comodo o non in grado di superare i test di ricavi.
La lettera della legge nonché il quadro interpretativo, fanno pensare alla legittimità di una soluzione in cui il finanziamento debba essere considerato nel calcolo nei modi e con le percentuali stabilite per la partecipazione. Tuttavia, una simile soluzione appare eccessivamente penalizzante nonché decisamente fuorviante in tutti quei casi in cui il finanziamento non sia fruttifero di interessi: come potrebbero essere imputati dei ricavi a un elemento dell’attivo che non ne produce per esplicito accordo contrattuale? È uno dei tanti casi in cui la disciplina delle società di comodo fallisce il bersaglio che intende colpire; uno dei tanti motivi che richiederebbero una rivisitazione dell’intera normativa.