Holding industriali: per l’Irap necessario il doppio test
di Davide AlbonicoPer identificare correttamente una holding industriale ai fini Irap, l’esercizio prevalente dell’attività di assunzione di partecipazioni in società non finanziarie va verificato avendo riguardo al doppio requisito: patrimoniale e reddituale.
A tali conclusioni è giunta la CTR Lombardia che, con la sentenza n. 250/21/2018 del 18.12.2017, è intervenuta cercando di colmare il difetto di coordinamento legislativo e la confusione generata anche dalla prassi contrastante dell’Amministrazione finanziaria.
Il caso trattato dai giudici di secondo grado riguarda la decisione della CTP di Milano che, con la sentenza n. 369/2016, aveva accolto il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il silenzio rifiuto formatosi con riferimento alla propria istanza di rimborso di quanto versato in eccesso a titolo di Irap per l’anno 2010.
La società, in particolare, sosteneva che tale versamento non sarebbe stato dovuto, poiché la stessa aveva spontaneamente e prudentemente determinato l’Irap sulla base di quanto previsto per le cosiddette holding industriali e non, come invece avrebbe potuto, con le regole proprie delle società commerciali.
La differenza sostanziale tra le due metodologie consisteva, in buona sostanza, nell’avere:
- determinato la base imponibile, ai sensi dell’articolo 6, comma 9, D.Lgs. 446/1997, aggiungendo al risultato derivante dalla componente commerciale/industriale il “margine di interesse”, dato dalla differenza tra gli interessi attivi e proventi assimilati e il 96 per cento degli interessi passivi e oneri assimilati; e
- applicato alla base imponibile così determinata l’aliquota maggiorata rispetto all’ordinaria.
Avverso tale decisione ricorreva l’Agenzia delle entrate, lamentando l’errata interpretazione dei giudici di primo grado nel ritenere ancora valido il richiamo, presente nell’articolo 6, comma 9, D.Lgs. 446/1997, alla disciplina dettata dall’articolo 113 D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico in materia bancaria e creditizia – Tub).
Secondo l’Amministrazione finanziaria, tale richiamo non doveva più essere ritenuto valido a seguito della sua abrogazione ad opera dell’articolo 10 D.Lgs. 141/2010 e, di conseguenza, l’attività prevalente nell’assunzione di partecipazioni avrebbe dovuto essere valutata secondo il solo elemento patrimoniale.
I giudici di seconde cure, confermando la sentenza di primo grado e rigettando così l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, hanno invece ritenuto che la mancata individuazione delle società la cui “attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni”, in seguito all’abrogazione dell’articolo 113 Tub, fosse da ricondursi solamente ad un mero difetto di coordinamento legislativo.
Difatti, in tale contesto è proprio l’articolo 10 D.Lgs. 141/2010 che, al comma 10, specifica i criteri da seguire per individuare i soggetti che esercitano in via prevalente l’attività di assunzione e gestione di partecipazioni.
In particolare, secondo la citata previsione normativa, “L’esercizio in via prevalente sussiste quando, in base ai dati dei bilanci approvati relativi agli ultimi due esercizi chiusi, ricorrono entrambi i seguenti presupposti:
- a) l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria di cui alle anzidette attività, unitariamente considerate, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale, inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate;
- b) l’ammontare complessivo dei ricavi prodotti dagli elementi dell’attivo di cui alla lettera a), dei ricavi derivanti da operazioni di intermediazione su valute e delle commissioni attive percepite sulla prestazione dei servizi di pagamento sia superiore al 50 per cento dei proventi complessivi.”
Per una corretta ricostruzione della fattispecie va evidenziato come, nonostante l’abrogazione dell’elenco di cui all’articolo 113 Tub, Assoholding abbia precisato che “le modalità di determinazione della base imponibile Irap delle holding industriali continuano ad applicarsi alle società che presentano i caratteri “sostanziali” delle società holding, prescindendo così dal dato letterale-formale rappresentato dall’iscrizione al medesimo elenco” (circolare 6/2010, § 6.1 e relativa nota 16 settembre 2010).
Già l’Amministrazione finanziaria, con le circolari 19/E/2009 e 37/E/2009, aveva precisato che affinché l’attività di assunzione di partecipazioni in società “industriali” risulti prevalente, occorre che ricorrano congiuntamente un requisito patrimoniale ed uno economico, facendo riferimento ai criteri stabiliti dall’articolo 13, comma 1, D.M. 17.02.2009 n. 29, così come recepito dall’articolo 10, comma 10, D.Lgs. 141/2010.
Con le istruzioni alla dichiarazione Irap 2014, l’Agenzia delle entrate è nuovamente intervenuta precisando che, al fine dell’accertamento dell’esercizio esclusivo o prevalente, occorre tenere conto non solo del valore di bilancio delle partecipazioni in società industriali, ma anche del valore contabile degli altri elementi patrimoniali della holding relativi a rapporti intercorrenti con le medesime società quali, ad esempio, i crediti derivanti da finanziamenti.
Le stesse istruzioni, riprese anche nelle successive annualità, sembrano però andare controcorrente rispetto ai precedenti interventi di prassi. Difatti, viene specificato che per individuare il carattere industriale della holding, la condizione di prevalenza debba essere accertata sulla base di un unico esercizio, anziché di due, e senza che rilevi il requisito economico, facendo riferimento solamente a quello patrimoniale.
Nel panorama di incertezza così delineato si è inserita la sentenza in commento la quale, compensando peraltro le spese di lite a conferma della novità e natura interpretativa della propria decisione, ha chiarito definitivamente che per qualificare una holding industriale ai fini Irap occorre il doppio requisito congiunto patrimoniale e reddituale.