Cedolare secca anche se l’immobile è locato all’impresa
di Alberto RocchiPier Roberto SorignaniCome noto, con il D.Lgs. 23/2011 il legislatore ha previsto, a decorrere dall’anno 2011, la possibilità, per il proprietario-locatore di unità immobiliari abitative, di optare per un particolare regime di tassazione mediante l’applicazione di un’imposta proporzionale (con aliquota pari al 21% o 10%), sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, delle relative addizionali, dell’imposta di registro, dell’imposta di bollo sul contratto di locazione, sulla risoluzione e sulle proroghe
La cosiddetta “cedolare secca”, a norma di legge, è attivabile al ricorrere congiunto di due requisiti:
- un requisito oggettivo, individuato nell’esclusivo uso abitativo dell’immobile, che la norma declina come segue: “…canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo….”;
- un requisito soggettivo da verificare in capo al locatore, il quale non deve agire nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale. La norma, sul punto, così recita: “le disposizioni di cui ai commi 1,2,3,4, e 5 non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni”.
I due requisiti, benché abbastanza chiari già dalla formulazione normativa, sono stati oggetto di ulteriori specificazioni. Il punto 1.1 del Provvedimento 7.04.2011, prevede che l’opzione “può essere esercitata dal locatore, persona fisica, proprietario o titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate”, ribadendo l’esclusione di ditte individuali, società di persone, di capitali, enti non commerciali e commerciali. Lo stesso provvedimento, al punto 1.2, precisa ulteriormente che “l’opzione può essere esercitata per ciascun immobile ad uso abitativo locato per finalità abitative”.
Sia la disposizione primaria che il provvedimento nulla dispongono in ordine alla figura del conduttore: sebbene questo aspetto appaia irrilevante dalla lettura delle disposizioni di legge, l’Agenzia delle Entrate, in sede interpretativa, si è espressa diversamente.
Infatti, la circolare AdE 26/E/2011, al punto 1.2, afferma che “esulano dal campo di applicazione della norma in commento i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori o dipendenti”.
Questa limitazione del campo di applicazione della norma, sebbene ispirata dalla necessità di evitare abusi nell’utilizzo di un meccanismo di tassazione che porta, nella normalità dei casi, a una riduzione del carico fiscale, non sembra trovare adeguata copertura nei testi normativi.
È infatti chiaro che debbano essere esclusi dall’applicazione della norma i contratti di locazione di immobili accatastati come abitativi ma locati a uso ufficio o promiscuo; come è anche evidente che possano invece rientrarvi quelli conclusi con enti pubblici o privati non commerciali purché risulti dal contratto di locazione la destinazione dell’immobile ad uso abitativo. Quale sarebbe allora la ratio che porterebbe ad escludere invece l’opzione per la cedolare secca alle locazioni di unità immobiliari abitative, locate ad uso abitativo, nei casi in cui il conduttore agisca in veste di imprenditore o professionista?
Su questo punto si sta consolidando un orientamento giurisprudenziale di segno opposto alle indicazioni operative dell’Agenzia.
Già la sentenza CTR Lombardia, Sez. XIX, n. 754 del 27.02.2017, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, non ha ritenuto di alcun ostacolo la natura imprenditoriale del conduttore, in presenza delle altre condizioni prescritte dalla normativa. È dello stesso avviso, la sentenza CTR Perugia, Sez. I, n. 370 del 24.10.2017, la quale ritiene che a nulla rileva il fatto che il soggetto conduttore agisca nella veste di impresa o professionista.
Ora, la medesima opinione è stata confermata dalla sentenza CTR Perugia n. 117 del 16.02.2018. Qui il collegio giudicante, riformando l’opposto pronunciamento espresso dai giudici di prime cure, sposa la tesi dell’irrilevanza della veste imprenditoriale del conduttore, rimarcando che è “….il locatore l’unico beneficiario della cedolare secca oltre che l’unico a poter optare per il suddetto regime fiscale, a nulla rilevando la diversa interpretazione effettuata con la circolare citata dall’Ufficio finanziario, come noto tam quam non esset ove in contrasto con la legge”.
Ci sono dunque tutti i requisiti per un ribaltamento della tesi patrocinata dall’Agenzia delle Entrate attraverso un orientamento giurisprudenziale in via di consolidamento?
In realtà un esame più attento di tutto l’impianto normativo nonché della genesi che ne ha preceduto l’emanazione, suggeriscono ancora cautela. Una lettura attenta e coordinata dell’articolo 3, commi 2 e 6, D.Lgs. 23/2011, possono in realtà lasciar trasparire una voluntas legis tesa alla circolazione del regime della cedolare secca nel solo ambito extra imprenditoriale e/o extra professionale a motivo, non da ultimo, di salvaguardia di possibili arbitraggi o abusi per effetto dello scostamento di aliquote nominali d’imposta. Staremo a vedere in futuro se le altre pronunce che interesseranno questa delicata tematica andranno nella direzione tracciata dalla giurisprudenza citata o confermeranno le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate. Ma sarebbe senz’altro più proficuo, nelle more, che il legislatore intervenisse riallineando la ratio della disposizione con la lettera della norma.
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