Omessa iscrizione all’Aire: quali conseguenze ai fini fiscali?
di Marco BargagliCome noto, la persona fisica che intende trasferire la propria residenza fiscale all’estero deve necessariamente provvedere alla cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente in Italia e, simmetricamente, iscriversi all’Aire (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero).
In merito, come espressamente previsto dalla L. 470/1988, l’iscrizione all’AIRE è obbligatoria per i seguenti soggetti:
- cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi;
- persone fisiche che già risiedono all’estero perché risultano nati all’estero, ossia coloro che hanno successivamente acquisito la cittadinanza italiana a qualsiasi titolo.
Di contro, non devono iscriversi all’Aire:
- le persone che si recano all’estero per un periodo di tempo inferiore a un anno;
- i lavoratori stagionali;
- i dipendenti di ruolo dello Stato in servizio all’estero, che siano notificati ai sensi delle Convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e sulle relazioni consolari rispettivamente del 1961 e del 1963;
- i militari italiani in servizio presso gli uffici e le strutture della NATO dislocate all’estero (cfr. Portale dei servizi consolari “Fast It”).
Sotto il profilo fiscale, il nostro ordinamento contiene precise regole che consentono di determinare la residenza fiscale della persona fisica.
In particolare, il soggetto passivo dovrà presentare la dichiarazione dei redditi in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta (convenzionalmente 183 giorni):
- è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente;
- ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
- ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, identificabile come la dimora abituale del soggetto (articolo 43, comma 2, cod. civ.).
Tuttavia, la normativa domestica deve necessariamente essere coordinata con le disposizioni internazionali e, in particolare, con l’articolo 4, paragrafo 2, del modello Ocse di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, a cui si ispirano la maggior parte degli accordi bilaterali stipulati tra l’Italia e i vari Paesi nel mondo.
La normativa sovranazionale prevede che, qualora una persona fisica venga considerata residente di entrambi gli Stati Contraenti, la sua residenza è determinata sulla base dei seguenti criteri:
- detta persona è considerata residente dello Stato Contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente dello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (c.d. centro degli interessi vitali);
- se non si può determinare lo Stato Contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati Contraenti, essa è considerata residente dello Stato Contraente in cui soggiorna abitualmente;
- se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati Contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, la medesima persona è considerata residente dello Stato Contraente del quale ha la nazionalità;
- se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati Contraenti, o non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati Contraenti risolvono la questione di comune accordo.
Delineato l’assetto normativo di riferimento, corre l’obbligo di evidenziare che la mancata iscrizione all’Aire rischia di comportare, a carico del soggetto passivo d’imposta, una presunzione assoluta di residenza in Italia rilevando, in merito, il criterio formale riferito all’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente sul territorio dello Stato.
In merito, è recentemente intervenuta la suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16634 del 25.06.2018, che si è pronunciata circa la corretta individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, emigrata nel Regno Unito, ove prestava la propria attività professionale pagando le relative imposte senza, tuttavia, aver provveduto alla formale iscrizione all’Aire.
Nello specifico caso, gli ermellini hanno chiarito che sulla base di un consolidato orientamento espresso in sede di legittimità, le persone iscritte presso le anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’articolo 2 D.P.R. 917/1986 in ogni caso residenti e soggetti passivi d’imposta in Italia.
Di conseguenza:
- la mancata iscrizione all’Aire preclude, in linea di principio, ogni ulteriore accertamento ai fini fiscali;
- il trasferimento della residenza all’Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano (cfr. ex multis Corte di Cassazione, sentenze n. 677/15, n. 14434/10, n. 9319/06).
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