Perdita sistematica: adeguamento al reddito minimo irrilevante
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’adeguamento al reddito imponibile minimo nel 2016 per una società in perdita fiscale nel quinquennio 2012-2016 non fa venire meno lo “status” di società in perdita sistematica per il periodo d’imposta 2017.
Come noto, sin dal periodo d’imposta 2012, per effetto di quanto previsto dall’articolo 2, comma 36-decies e seguenti, D.L. 138/2011, sono considerate non operative anche le società che dichiarano per cinque periodi d’imposta consecutivi perdite fiscali (nella versione iniziale della norma il periodo di osservazione era di tre anni), ovvero che nell’ambito di un quinquennio dichiarano quattro perdite fiscali ed un reddito imponibile inferiore al minimo calcolato con i coefficienti di cui all’articolo 30, comma 3, L. 724/1994.
Come precisato dalla circolare AdE 23/E/2012, le citate disposizioni del D.L.138/2011 hanno introdotto una nuova categoria di società di “comodo”, che si affianca a quella delle società che non superano il test di operatività effettuato sui ricavi, riguardante le società in perdita cd. “sistematica”.
L’aspetto particolare che differenzia la fattispecie delle perdite sistematiche rispetto alla tradizionale ipotesi della società non operativa riguarda lo “slittamento” di un anno rispetto al momento in cui devono essere verificate le condizioni, con la conseguenza che si considerano in perdita sistematica per il periodo d’imposta 2017 (Redditi 2018) le società che, alternativamente:
- hanno dichiarato nei periodi d’imposta dal 2012 al 2016 una perdita fiscale;
- hanno dichiarato nel quinquennio dal 2012 al 2016 quattro perdite fiscali ed un reddito imponibile inferiore al minimo risultante dall’applicazione dei coefficienti di cui all’articolo 30, comma 3, L. 724/1994.
La prima questione che deve essere posta in evidenza riguarda il quinquennio di osservazione, che per il periodo d’imposta 2017 riguarda, come già detto, le annualità dal 2012 al 2016.
Come precisato nella circolare AdE 1/E/2013 (nella quale si fa riferimento al triennio in perdita come inizialmente previsto dalla norma), è sufficiente che nell’ambito del quinquennio vi sia un solo periodo d’imposta in cui il reddito imponibile sia almeno pari a quello minimo per “spezzare” la catena delle perdite consecutive, con conseguente inapplicabilità della disciplina in esame.
Appare evidente che la situazione più vantaggiosa si realizza per quelle società che, pur avendo realizzato perdite fiscali per gli anni dal 2012 al 2015, abbiano dichiarato un reddito imponibile, almeno pari a quello minimo, per il periodo d’imposta 2016, per le quali l’eventuale status di società in perdita sistematica è rinviato al 2022 (per uscita dal periodo di osservazione del 2016, essendo il quinquennio di osservazione individuabile nelle annualità dal 2017 al 2021).
Tra l’altro, la stessa Agenzia ha ulteriormente precisato, nella medesima circolare AdE 1/E/2013, che il quinquennio si “spezza” anche se il reddito imponibile è abbattuto da perdite fiscali riportate da annualità precedenti, che devono essere neutralizzate al fine di individuare il risultato di esercizio, da assumersi al lordo delle perdite pregresse.
Il secondo aspetto da evidenziare riguarda l’eventuale adeguamento al reddito imponibile minimo nell’ambito dei periodi d’imposta che compongono il periodo di osservazione.
Secondo quanto precisato nella già citata circolare AdE 1/E/2013, l’adeguamento al reddito minimo della società di comodo, in presenza di una perdita fiscale, non è sufficiente a vincere la presunzione prevista per le società in perdita sistematica, con la conseguenza che il periodo d’imposta deve considerarsi comunque in perdita.
Ciò sta a significare, ad esempio, che una società che ha dichiarato perdite fiscali nel periodo dal 2012 al 2016, ma in tale ultimo periodo d’imposta, non avendo ad esempio superato il test di operatività, si sia adeguata al reddito imponibile minimo, deve comunque considerarsi in perdita sistematica per il periodo d’imposta 2017.
Tale interpretazione appare eccessivamente penalizzante, considerando che l’adeguamento ha comportato l’emersione di un reddito imponibile (anche ai fini Irap) ed il conseguente versamento delle imposte dovute.