Accertamento Imu aree fabbricabili e motivazione per relationem
di Fabio GarriniAffinché l’atto di contestazione del valore dichiarato ai fini Ici ed Imu per un’area fabbricabile sia legittimo, quando la rettifica è legata al valore dichiarato per la cessione di un terreno limitrofo, è necessario che l’Ente impositore riproduca il contenuto essenziale di tale atto: questa è la posizione espressa dalla Cassazione, sentenza n. 13814 del 31.05.2018, valorizzando il diritto del contribuente di conoscere agevolmente il contenuto dell’atto richiamato, al fine di poter far valere senza difficoltà le proprie argomentazioni difensive.
Tale diritto viene ritenuto di centrale importanza, tanto che è definito del tutto irrilevante il fatto che l’Ente abbia prodotto successivamente tali informazioni nell’ambito del giudizio.
Il caso concreto
La controversia che ha portato alla sentenza in commento riguardava alcuni avvisi di accertamento con i quali il Comune aveva provveduto a contestare il valore dichiarato per le aree fabbricabili, relativamente alle annualità 2008-2011 per l’Ici e 2012 per l’Imu (la fattispecie è trattata in maniera identica per entrambi i tributi).
Per quanto si desume dal testo della sentenza, il Comune aveva giustificato gli atti notificati ai contribuenti facendo genericamente riferimento ad un atto di cessione (di un soggetto terzo) di analoga area situata nelle vicinanze del terreno accertato; atto nel quale veniva dichiarato un valore superiore rispetto a quello che i contribuenti destinatari dell’accertamento impugnato avevano utilizzato per liquidare l’imposta relativamente al proprio terreno.
La CTR adita rettificava la pretesa dell’Ente, riducendo il valore contestato, ma non accoglieva la richiesta di nullità eccepita per difetto di motivazione, come preteso dai contribuenti; la richiesta si basava sul fatto che dall’avviso di accertamento non erano ravvisabili i dettagli dell’atto richiamato, rendendo quindi impossibile proporre una adeguata difesa.
Contro tale decisione i contribuenti proponevano ricorso per Cassazione, ricorso che ha sortito la decisione favorevole con la quale è stata riformata la sentenza di secondo grado.
Motivazione per relationem
La disciplina della motivazione degli atti amministrativi si fonda sull’articolo 7, comma 1, L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) secondo cui “Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.
Nella sostanza, la motivazione può anche far riferimento ad un altro atto, ma tale atto deve essere allegato.
Va ricordato il principio generale in base al quale l’obbligo di allegazione sussiste esclusivamente per gli atti che non siano già conosciuti o ordinariamente conoscibili dal contribuente e il cui contenuto essenziale non sia stato trasfuso nell’avviso.
Se, ad esempio, l’atto di cessione avesse riguardato un terreno nel quale i contribuenti fossero stati parte, la motivazione per relationem non avrebbe richiesto l’allegazione, proprio perché detto atto era già conosciuto dai contribuenti stessi.
Nel caso esaminato, i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto che il semplice rinvio ad un rogito di cessione di un terreno edificabile (non di loro proprietà) non fosse sufficiente per giustificare la rettifica di valore, in quanto “riferimento assolutamente generico ad atto di compravendita (privo d’indicazione di numero di repertorio, di raccolta, dell’indicazione delle parti contraenti, dell’epoca di stipula dell’atto medesimo)”.
L’atto richiamato avrebbe dovuto essere allegato o quantomeno individuato in maniera precisa, in modo tale che i contribuenti avrebbero potuto reperirlo e valutarlo, visto che tale atto è stato il fondamento della rettifica innescata da parte del Comune: “Nella fattispecie in esame, incontroversa in fatto la circostanza della mancata allegazione agli avvisi dell’atto di compravendita in essi richiamato, non è dubbio che la mancanza di ogni puntuale riferimento agli estremi stessi dell’atto impedisca ai contribuenti — a quest’ultimo estranei — di conoscerne agevolmente il contenuto e di potere far quindi valere agevolmente le proprie difese.”
Peraltro sul punto il giudice dà risalto alla necessità di una idonea motivazione direttamente all’interno dell’avviso di accertamento, negando l’efficacia degli elementi di prova successivamente forniti nell’ambito del giudizio: “il giudice adito in sede di sindacato giurisdizionale, per valutare la legittimità dell’atto impositivo sotto il profilo dell’osservanza dell’obbligo motivazionale, deve poter fondare il giudizio sulla conoscenza da parte del contribuente dell’atto richiamato sulla base del contenuto dell’atto medesimo e non già trarla, expost, in ragione degli eventuali elementi di prova allegati nel corso del giudizio, come avvenuto nella fattispecie, in quanto ciò varrebbe surrettiziamente legittimare una motivazione oggettivamente carente nel suo momento genetico.”