La donazione simulata è elusiva anche se non fraudolenta
di Angelo GinexLa disciplina antielusiva di cui all’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973 non esaurisce il proprio campo applicativo nella simulazione relativa, nella cui cerchia rientra anche l’interposizione fittizia di persona, dacché lo scopo elusivo può essere perseguito anche mediante operazioni effettive e reali per mezzo di strumenti giuridici che deviano dal loro utilizzo ordinario, al fine di sfuggire all’imposizione fiscale. È questo il principio suffragato nuovamente dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 19417 del 20.07.2018.
La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di accertamento ex articolo 37 D.P.R. 600/1973, con il quale l’Amministrazione finanziaria riprendeva a tassazione la plusvalenza da cessione di un terreno donato dal contribuente ai propri figli in prossimità della vendita del medesimo.
Secondo il ragionamento dell’Ente impositore, l’atto di donazione era stato simulato al fine di occultare la cessione del cespite da parte dei donatari ed eludere così la tassazione della plusvalenza ai fini Irpef ex articolo 67 Tuir.
Più precisamente, indice rivelatore del negozio simulato era la circostanza che il corrispettivo da cessione del terreno era costituito da denaro contante e da immobili intestati al donante.
A seguito di ricorso, il giudice di prime cure annullava parzialmente l’avviso di accertamento, riducendo l’imposta rettificata, atteso che per la frazione di prezzo corrisposta in denaro contante in favore dei figli la donazione andava considerata effettiva.
La sentenza, confermata anche in appello, veniva successivamente impugnata per cassazione per inconsistenza dell’impianto logico del provvedimento e per violazione dell’articolo 37, comma 3, D.P.R. 600/1973, il quale dispiega i suoi effetti nei casi interposizione fittizia di un terzo tra il soggetto interponente e quello interposto, sull’assunto che la presenza di tale soggetto non era stata appurata tanto dai giudici di merito, quanto dall’Amministrazione finanziaria.
Tale vizio sarebbe presente, inoltre, pur ritenendosi applicabile detta norma ai casi di interposizione reale di persona, in quanto l’Ente impositore e i giudici di merito avevano erroneamente imputato al contribuente non il reddito pari alla differenza tra prezzo ricevuto dai donatari dalla cessione del cespite e valore dichiarato nell’atto di donazione, ma la differenza tra prezzo e costo di acquisto del bene da parte del contribuente.
Ebbene, nella pronuncia in esame, i giudici di legittimità, rigettando le doglianze, hanno condiviso quanto svolto dal giudice di seconde cure, ribadendo il principio secondo il quale: “la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dall’art. 37, co. 3 D.P.R. 600/1973, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta”.
Quindi, si comprende come il fenomeno della simulazione relativa, comprendente anche l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce l’ambito di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali (cfr. Cass., sentenze nn. 21794/2014, 25671/2013).
La vicenda del caso in rassegna è sovente accompagnata anche dalla contestazione dell’abuso del diritto di cui agli articoli 37-bis D.P.R. 600/1973 vigente ratione temporis e 10-bis L. 212/2000, circostanza esaminata dalla Corte di Cassazione in pari data e per un episodio del tutto analogo a quello precedente, con l’ordinanza n. 19419 del 20.07.2018.
Tuttavia, come chiarito dai giudici di Piazza Cavour, nei casi in cui al soggetto venga contestata una condotta abusiva che abbia come scopo quello di eludere il pagamento dell’imposta, incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova del disegno elusivo e le deviazioni dagli schemi negoziali classici, utilizzati per conseguire il risparmio di imposta (cfr. Cass., sentenza n. 4603/2014).
Pertanto, la contestazione di un abuso del diritto deve essere supportata da prove ben più consistenti rispetto alla contestazione della simulazione, che importa l’utilizzo di sole presunzioni gravi, precise e concordanti, aggravando l’onere della prova da parte dell’Amministrazione finanziaria.