Vincolo partecipativo e circostanze esimenti nel transfer pricing
di Fabio LanduzziUna recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-182/16 del 2018), nell’affrontare il particolare caso di un’operazione compiuta fra due imprese, fra le quali intercorrono vincoli partecipativi, a valori indiscutibilmente non di mercato, contiene un interessante riconoscimento; in particolare, viene ammesso che tra le ragioni commerciali che il contribuente può opporre quali esimenti dalla ferrea applicazione del principio di libera concorrenza nella determinazione dei prezzi di trasferimento, e quindi al fine di giustificare il perché l’operazione non è stata compiuta a condizioni di mercato, può essere fatto valere in alcune circostanze anche il vincolo di interdipendenza esistente fra le imprese partecipanti alla transazione in oggetto, ossia il fatto che l’una sia direttamente od indirettamente socia dell’altra.
Nello specifico, viene riconosciuto che tra le anzidette ragioni commerciali che il contribuente può argomentare per giustificare la deviazione, nel caso specifico, dal principio generale di libera concorrenza, vanno inclusi anche i “motivi economici derivanti dall’esistenza stessa di vincoli di interdipendenza tra la società controllante residente nello Stato membro interessato e le sue controllate aventi sede in altro Stato membro”.
Il caso giunto al giudizio della Corte UE si riferiva ad una impresa residente in Germania la quale aveva concesso garanzie fideiussorie in forma di lettere di patronage a favore di una propria collegata estera senza addebito di alcun corrispettivo.
L’Amministrazione fiscale tedesca aveva quindi contestato la violazione della disciplina del transfer pricing essendo evidente che, ove l’operazione fosse stata regolata a condizioni di mercato, sarebbe stato di certo applicato un corrispettivo alla prestazione del servizio di garanzia reso alla consociata estera.
Il contribuente aveva eccepito che una siffatta contestazione confliggeva con il principio comunitario della libertà di stabilimento, in quanto laddove la beneficiaria della garanzia fosse stata residente in Germania, non sarebbe stata affatto eccepita la necessità della onerosità della prestazione, così che una simile contestazione creava una discriminazione a carico delle società operanti sul piano internazionale rispetto a quelle radicate sul solo territorio locale.
Va detto che, come osserva la stessa sentenza della Corte UE qui in commento, il tema non è nuovo ed era stato parzialmente già trattato da un precedente arresto della stessa Corte UE nella causa C-311/08.
In primo luogo, è affermato che è senza dubbio vero che una simile situazione crea una breccia nel principio comunitario della libertà di stabilimento, ma ciò viene consentito allo scopo di tutelare l’ulteriore primario obiettivo di assicurare una equilibrata ripartizione della potestà impositiva fra gli Stati membri; quindi, si accetta la compressione della libertà di stabilimento per preservare l’equilibrata ripartizione della potestà impositiva fra gli Stati europei. Dall’altra parte, però, si deve offrire al contribuente colpito dalla contestazione la possibilità di dimostrare le ragioni commerciali che giustificano questa sua condotta, ossia l’aver regolato una operazione con un’impresa estera appartenente allo stesso gruppo e residente in un altro Stato membro a condizioni non di mercato.
Ebbene, la particolare valenza di questa recente sentenza, come premesso, risiede nel fatto che la Corte UE ha valorizzato fra queste ragioni commerciali adducibili dal contribuente, anche la stessa esistenza del vincolo partecipativo con la controparte estera.
Nel caso di specie, è stato dato merito all’interesse economico della società tedesca al successo commerciale della sua partecipata estera; infatti, poiché già la condizione economica della partecipata era poco brillante, un ulteriore aggravio di costi per il rilascio della garanzia avrebbe oltremodo compromesso il suo equilibrio economico finanziario, e questo avrebbe in ultima analisi creato un nocumento indiretto alla stessa società tedesca la quale, diversamente operando, come ha in concreto fatto, avrebbe invece potuto trarre vantaggio dal positivo andamento della partecipata.
Quindi, in linea generale, viene riconosciuta la possibilità al contribuente di dimostrare che sussistono delle genuine motivazioni economiche che giustificano la concessione di condizioni di vantaggio alle proprie partecipate, e fra queste motivazioni può essere incluso anche il vincolo partecipativo, ove questo sia in grado di supportare a maggior ragione tutto l’interesse legittimo della società al successo commerciale della sua partecipata.
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