Regime del margine anche per gli oggetti d’arte di provenienza intra-UE
di Marco PeiroloL’Avvocato generale presso la Corte di giustizia UE, con le conclusioni relative alla causa C-264/17 (Harry Mensing), presentate il 13 settembre 2018, ha analizzato l’ambito applicativo del regime speciale del margine in caso di cessione di oggetti d’arte che il rivenditore ha acquistato dagli autori o dai loro aventi diritto, stabiliti in altri Stati membri della UE.
I dubbi da chiarire sono due:
- se il rivenditore, che ha posto in essere l’acquisto intracomunitario degli oggetti d’arte, versando l’Iva a debito ma non detraendo l’Iva a credito, possa applicare il regime speciale in sede di rivendita
- e, in caso positivo, se il divieto di detrazione che caratterizza il regime speciale per tale fattispecie, esplicitamente previsto dalla normativa unionale, possa essere superato nell’ipotesi in cui la disciplina interna non lo preveda in modo altrettanto espresso.
In esito all’esame svolto, l’Avvocato UE propone alla Corte di dichiarare, da un lato, che il rivenditore ha il diritto di avvalersi del regime del margine in relazione alla vendita di oggetti d’arte che ha acquistato dall’autore o dai suoi aventi diritto di altri Stati membri anche laddove questi ultimi abbiano assoggettato le relative cessioni al regime di esenzione previsto per le cessioni intraunionali; dall’altro, che l’indetraibilità dell’Iva in capo al rivenditore che ha compiuto l’acquisto degli oggetti d’arte provenienti da altri Stati membri, per la cessione dei quali applica il regime del margine, opera anche nella situazione in cui la normativa interna non escluda esplicitamente il diritto di detrazione.
Tali conclusioni, oltre ad interpretare (correttamente) le pertinenti disposizioni della Direttiva 2006/112/CE, sono utili all’esatta applicazione della legislazione italiana in materia, rispetto alla quale è doveroso rimarcare che le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria risultano perfettamente coerenti con quelle raggiunte dall’Avvocato generale, in considerazione, all’evidenza, di una situazione che, anche nella disciplina unionale, sembra tutto sommato sufficientemente chiara.
Nella circolare 177/E/1995 (§ 2) si afferma che restano, in linea di massima, escluse dal regime speciale le cessioni effettuate da commercianti di beni da essi stessi importati, ovvero acquistati al di fuori delle ipotesi “ordinarie”, per le quali il regime speciale trova applicazione, che sono, come è noto, quelle in cui il rivenditore acquista i beni presso “privati” o soggetti ad essi equiparati, richiamati dall’articolo 36, comma 1, D.L. 41/1995.
Nell’illustrare, subito dopo, il contenuto dell’articolo 36, comma 2, D.L. 41/1995, l’Amministrazione finanziaria precisa che, in via d’eccezione rispetto all’esclusione di cui sopra, i soggetti che effettuano abitualmente il commercio dei beni mobili usati e degli oggetti d’arte, degli oggetti di antiquariato e da collezione possono ricomprendere, previa opzione, nell’ambito oggettivo del regime speciale, non solo le cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione importati, ma anche le cessioni di oggetti d’arte acquistati direttamente presso l’autore, ovvero presso i suoi eredi o legatari, se soggetti passivi Iva.
Non sembrano, quindi, esserci particolari dubbi sull’applicazione estensiva del regime speciale, sia pure per scelta del rivenditore, a quelle situazioni, specificamente individuate dalla norma – non solo unionale, ma anche interna – in cui l’operatore acquisti gli oggetti d’arte direttamente presso l’autore o suoi aventi diritto di altro. In particolare, anche quando questi ultimi siano stabiliti in altro Stato membro e abbiano assoggettato la relativa cessione al regime di esenzione previsto per le cessioni intraunionali.
Le disposizioni della Direttiva 2006/112/CE per le quali il giudice del rinvio ha chiesto l’interpretazione della Corte sono gli articoli 316, par. 1, lett. a) e 322, lett. b).
La prima norma, corrispondente all’articolo 36, comma 2, D.L. 41/1995, prevede che gli Stati membri accordano ai soggetti passivi-rivenditori il diritto di optare per l’applicazione del regime del margine alle cessioni gli oggetti d’arte che sono stati loro ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto.
La seconda norma, che nell’ordinamento italiano non è prevista, dispone invece che, qualora i beni siano utilizzati ai fini delle sue cessioni assoggettate al regime del margine, il soggetto passivo-rivenditore non può detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore l’Iva dovuta o assolta per gli oggetti d’arte che gli sono o gli saranno ceduti dall’autore o dai suoi aventi diritto.
Dal tenore letterale delle norme in considerazione si desume agevolmente che il diritto di applicare il regime speciale nelle ipotesi contemplate dall’articolo 316 Direttiva 2006/112/CE è considerato “supplementare” rispetto alla situazione generale dell’articolo 314, in cui i beni sono acquistati presso un “privato” o un soggetto ad esso assimilato che non ha detratto l’imposta nella fase commerciale precedente.
La seconda norma non è stata recepita nella disciplina italiana, ma è insita nel sistema di funzionamento del regime speciale. Se, infatti, il rivenditore potesse detrarre l’imposta sull’acquisto intracomunitario posto in essere, l’applicazione del regime del margine comporterebbe un indebito vantaggio fiscale per l’operatore, che non traslerebbe a valle il medesimo importo dell’imposta detratta a monte.
Di conseguenza, per il rivenditore, l’espansione dell’ambito oggettivo di applicazione del regime speciale nel caso esposto è bilanciato dal divieto di detrazione che caratterizza la precedente fase di acquisto, anche se la normativa interna, diversamente da quanto previsto dalla normativa unionale, non esplicita tale divieto.
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