Il controllo interno della qualità del revisore legale – II° parte
di Francesco RizziSecondo il principio internazionale sul controllo della qualità ISQC Italia 1, le linee guida in esso contenute devono essere applicate dal revisore legale in modo proporzionato alle proprie caratteristiche organizzative e dimensionali. In alcuni casi, tali regole potrebbero addirittura non trovare applicazione a causa dell’assenza della casistica di riferimento nella struttura organizzativa e lavorativa del revisore.
Ciascun soggetto abilitato dovrà pertanto implementare, secondo il suo giudizio professionale, un proprio “sistema di controllo interno della qualità”, proporzionato all’ampiezza (e quindi alla dimensione) e alla complessità della propria struttura.
Il principio internazionale chiarisce infatti che “Il principio ISQC Italia 1 fa spesso riferimento all’esistenza di una struttura articolata del soggetto abilitato o alla presenza di un team di revisione più o meno numeroso. Ciò apparentemente rende il principio parzialmente applicabile a soggetti abilitati di dimensioni minori.
Tuttavia, coerentemente con i principi di revisione internazionali (ISA Italia), anche l’ISQC Italia 1 richiede l’applicazione delle regole in esso contenute in modo proporzionato alle caratteristiche organizzative e dimensionali del soggetto abilitato.
Ciò comporta, in primo luogo, che alcune regole possono risultare non applicabili perché non sussiste la fattispecie alla quale si riferiscono.
In secondo luogo, ciò comporta che il soggetto abilitato eserciti appropriatamente il proprio giudizio professionale per implementare il sistema di controllo della qualità proporzionato alla propria dimensione, motivando e documentando adeguatamente le proprie scelte.
Pertanto, il soggetto abilitato di dimensioni minori è tenuto a perseguire, attraverso la conformità alle regole, i medesimi obiettivi posti dal principio ISQC Italia 1. Ciò che varia è la declinazione del principio generale in direttive e procedure che consentano la gestione delle singole circostanze secondo criteri di efficienza, efficacia e non gravosità del sistema di controllo della qualità”.
Di quanto precede si sottolinea ulteriormente che il revisore dovrà essere in grado di “dimostrare” l’adeguatezza del sistema di controllo interno che ha adottato e quindi essere in grado di motivare e documentare adeguatamente le proprie scelte.
Sempre secondo il suddetto principio, per revisore di “minori dimensioni” (che applica il principio in modo proporzionato alla propria struttura) deve intendersi, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quel revisore che generalmente possiede le seguenti caratteristiche:
- clientela costituita per la maggior parte da imprese di minori dimensioni;
- numero limitato di incarichi;
- numero limitato di personale professionale;
- utilizzo di risorse esterne per integrare risorse tecniche limitate.
Si segnala, inoltre, che in considerazione del fatto che anche i revisori di minori dimensioni, che svolgono incarichi di revisione legale in forma individuale o come componenti del collegio sindacale, devono formalizzare, sebbene in maniera proporzionata alle loro dimensioni, l’insieme delle direttive e delle procedure che compongono il “sistema di controllo interno della qualità”, il CNDCEC ha predisposto un apposito facsimile di “Manuale delle procedure di controllo della qualità per il sindaco-revisore” (ma valido anche per il professionista revisore unico) che a tal fine potrebbe essere formalmente “adottato” dal revisore unico o dai componenti del collegio sindacale con incarico di revisione legale.
Detto facsimile, allegato al capitolo 27 del documento “Approccio metodologico alla revisione legale affidata al collegio sindacale nelle imprese di minori dimensioni”, contiene un insieme di direttive e procedure del tutto “adattabili” alle diverse strutture organizzative del revisore e gli fornisce un valido modello di riferimento.
Secondo quanto dichiarato dai vertici del CNDCEC, il facsimile del “Manuale delle procedure di controllo della qualità” è stato anche proposto al MEF quale “standard” da seguire ai fini del riconoscimento della validità del “sistema di controllo interno della qualità”.
Ad oggi, il MEF non si è ancora pronunciato ufficialmente in merito. Tuttavia detto facsimile rimane comunque un valido manuale di procedure per il predetto “sistema di controllo interno della qualità”.
Va infine considerato che ai sensi dell’articolo 20, comma 13, D.Lgs. 39/2010:
- tutti i revisori legali sono soggetti al controllo “esterno” (ovvero operato da un soggetto “terzo” a ciò autorizzato) della “qualità dell’incarico” di revisione (ovvero l’incarico svolto sarà valutato alla luce della sua conformità ai principi di revisione, ai principi di indipendenza, della quantità e qualità delle risorse impiegate, dei corrispettivi pattuiti);
- solamente le società di revisione legale sono anche soggette al controllo “esterno” del proprio “sistema di controllo interno della qualità”.
Tuttavia, nonostante la grammatica della succitata norma preveda solamente per le società di revisione legale lo svolgimento del controllo del “sistema di controllo interno della qualità”, deve pur sempre considerarsi che, ai sensi dell’articolo 11 D.Lgs. 39/2010, viene imposto a tutti i revisori di svolgere la revisione legale in conformità ai principi di revisione internazionali ISA Italia (e quindi anche all’ISA Italia n. 220) e al principio internazionale sul controllo della qualità ISQC Italia 1; ed in base a detti principi ciascun revisore legale, sebbene con l’adozione dei sopra descritti criteri di proporzionalità e adattabilità, deve istituire un proprio “sistema di controllo interno della qualità”.
A parere di chi scrive (ma questa sembra essere anche l’opinione emergente dal succitato documento di prassi del CNDCEC), i soggetti abilitati che non sono società di revisione potrebbero comunque essere destinatari di un controllo “esterno” del proprio “sistema di controllo interno della qualità”, in quanto tale verifica si porrebbe in ogni caso come legittima e necessaria, in virtù del generale obbligo per il soggetto “controllore” di verificare la conformità del lavoro svolto dal revisore con la generalità dei principi di revisione.
Il letteralismo interpretativo del suddetto comma 13 dell’articolo 20 non pare quindi sufficiente a rendere il revisore immune da un eventuale controllo “esterno” anche del proprio “sistema di controllo interno della qualità”.
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