10 Ottobre 2018

Ammissibile il ricorso senza allegazione dell’atto impugnato

di Angelo Ginex
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In tema di contenzioso tributario, l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato possono essere prodotti anche successivamente al deposito del ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria territorialmente competente, ovvero su impulso del giudice tributario, giacché la sanzione processuale della inammissibilità stabilita dall’articolo 22 D.Lgs. 546/1992 concerne il mancato deposito dei soli atti e documenti previsti dal primo comma dell’articolo citato, e non di quelli contemplati dal quarto comma. È questo il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 13817 del 31.05.2018.

La vicenda trae origine dalla impugnazione di un avviso di accertamento, che non veniva depositato, in sede di costituzione in giudizio, unitamente al ricorso introduttivo da parte del contribuente.

Sulla base della rilevata incompleta produzione dell’atto impositivo impugnato, i giudici di prime cure rigettavano il ricorso introduttivo dichiarandolo inammissibile.

Tale reiezione era, poi, confermata anche dai giudici del gravame, benché nello stesso grado di giudizio fosse stata prodotta una copia dell’atto, in ossequio alla facoltà concessa dall’articolo 58, comma 2, D.Lgs. 546/1992.

Al doppio provvedimento di rigetto seguiva, dunque, ricorso per cassazione, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per erronea applicazione degli articoli 18 e 22 D.Lgs. 546/1992, sull’assunto che i giudici di merito avrebbero dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo per non aver il contribuente prodotto, assieme al ricorso, l’atto impositivo impugnato.

I Supremi giudici, dichiarando fondato il ricorso per cassazione, presentato dal contribuente hanno nuovamente vagliato il caso della omessa allegazione dell’atto impugnato e delle conseguenze da essa scaturenti.

In particolare, essi hanno sottolineato come la sanzione della inammissibilità prevista dall’ordinamento, ex articolo 22, comma 1, D.Lgs. 546/1992, sia correlata alla sola ipotesi del mancato deposito, in sede di costituzione in giudizio, dell’originale del ricorso notificato ai sensi dell’articolo 137 c.p.c. o di copia dello stesso, qualora esso sia stato consegnato o spedito a mezzo postale, con ricevuta di deposito o di spedizione per raccomandata.

Per quanto attiene, invece, agli atti impugnati e ai documenti prodotti, l’articolo 22, comma 4, D.Lgs. 546/1992 prevede testualmente: “Unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato, se notificato, ed i documenti che produce, in originale o fotocopia”.

Sicché è agevole constatare che la sanzione della inammissibilità non è prevista per la mancata allegazione dei documenti e degli atti di cui all’articolo 22, comma 4, D.Lgs. 546/1992.

Da ciò si deduce che l’originale o la fotocopia dell’atto impugnato e i documenti allegati possono essere prodotti anche posteriormente alla costituzione in giudizio, o su impulso del giudice tributario, nell’esercizio dei propri poteri istruttori previsti dall’articolo 7 D.Lgs. 546/1992, laddove sorgano delle contestazioni su di essi, ex articolo 22, comma 5, D.Lgs. 546/1992 (cfr. Cass., sentenza n. 20558/2015).

Secondo l’orientamento dei giudici di legittimità, dunque, i giudici del gravame si sarebbero discostati dal principio di diritto affermato dalla Supremo Consesso non ritenendo la disciplina dell’atto impugnato non uniformata a quella prevista per i nuovi documenti, che possono pacificamente essere prodotti in grado d’appello, ai sensi dell’articolo 58, comma 2, D.Lgs. 546/1992 (cfr. ex multis, Cass., ordinanza n. 22776/2015; Cass., sentenza n. 20109/2012).

Da ultimo, i giudici di Piazza Cavour hanno escluso l’intervento di una declaratoria di inammissibilità dell’atto introduttivo laddove siano stati indicati gli estremi essenziali all’individuazione della causa petendi e del petitum sostanziale, dacché la sanzione della inammissibilità comminata dall’articolo 18 D.Lgs. 546/1992 non può che soccorrere soltanto ove il riferimento all’atto impugnato manchi del tutto nel ricorso, ovvero ove i dati indicati dal ricorrente non consentano di identificarlo in maniera assolutamente certa.

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