22 Ottobre 2018

Detraibilità Iva non dovuta priva di valenza retroattiva

di EVOLUTION
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Il diritto alla detrazione è disciplinato nei suoi caratteri essenziali dall’articolo 19, D.P.R. 633/1972, che lo collega alla natura delle operazioni con le quali vengono impiegati i beni e i servizi acquistati o importati dal soggetto passivo.
Al fine di approfondire i diversi aspetti della materia, è stata pubblicata in Evolution, nella sezione “Iva”, una apposita Scheda di studio.
Il presente contributo si occupa della detraibilità dell’Iva non dovuta alla luce di una recente sentenza della Corte di Cassazione.

La Legge di Bilancio 2018 (articolo 1 comma 935 L. 205/2017) ha stravolto la storica impostazione integrando l’articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997, secondo cui “chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al novanta per cento dell’ammontare della detrazione compiuta”, con la previsione che, “in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti del D.P.R. 633/1972, il cessionario o il committente anzidetto è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.

Quindi, in pratica, il cessionario o committente ha il diritto di detrarre l’imposta erroneamente assolta dal cedente o prestatore, pur costituendo tale comportamento una violazione per la quale, però, la sanzione prevista non è più commisurata al tributo detratto ma è stabilita in misura fissa entro i suddetti limiti minimo e massimo.

Ebbene, gli effetti della nuova disposizione dovrebbero essere considerati retroattivi, a dispetto della decorrenza della Legge di Bilancio 2018 (1° gennaio 2018). Sul punto, però, è quantomeno opportuno attendere una conferma dell’Agenzia delle entrate.

Nel frattempo si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 24001 del 3 ottobre 2018, fornendo un’interpretazione che desta perplessità.

A detta dei giudici di legittimità la retroattività varrebbe ai fini sanzionatori ma non per il riconoscimento della detrazione. Infatti:

  • se da una parte non può essere messo in discussione il favor rei delle sanzioni fisse ex articolo 6, comma 6, D.Lgs. 471/1997;
  • dall’altra, però, il diritto alla detrazione dell’Iva non dovuta non può essere fatto valere anche per il passato, giacché la previsione normativa “non enuncia espressamente alcuna valenza retroattiva della sua efficacia e introduce, invece, innovativamente, il riconoscimento del diritto alla detrazione dell’Iva corrisposta in misura maggiore rispetto a quanto dovuto, disciplinando quindi diversamente il regime precedente. Né può dirsi che abbia valenza interpretativa, non essendo ricavabile dalla previsione in esame alcun riferimento al precedente regime in relazione al quale si intende procedere ad una chiarificazione in termini normativi della portata applicativa del regime della detrazione dell’Iva nella materia in esame. Va dunque affermato il seguente principio di diritto: «La previsione di cui all’art. 6, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, introdotta dall’art. 1, comma 935, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nella parte in cui prevede che, in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione, ai sensi degli artt. 19 e seguenti del d.P.R. n. 633/1972, non ha efficacia retroattiva né può ad essa riconoscersi valore di norma interpretativa”.
Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti:

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