Le tipologie di interpello
di Federica FurlaniL’istituto dell’interpello, disciplinato dall’articolo 11 dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000), si concretizza in un’istanza che il contribuente rivolge all’Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all’interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative a tributi erariali.
Nel nostro ordinamento sono previste 5 diverse tipologie di interpello:
- interpello ordinario,
- interpello probatorio,
- interpello anti-abuso,
- interpello disapplicativo,
- interpello sui nuovi investimenti.
L’interpello ordinario, disciplinato dall’articolo 1, comma 1, lett. a), L. 212/2000, consente ad ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all’applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione riguardo un caso concreto e personale (c.d. interpello ordinario interpretativo), nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime (c.d. interpello ordinario qualificatorio).
L’istanza può essere presentata solo se sussistono condizioni di obiettiva incertezza della norma da applicare ovvero quando manca un’interpretazione ufficiale da parte dell’Amministrazione finanziaria. È necessario cioè che l’Agenzia non abbia già compiutamente fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall’istante mediante atti resi pubblici nelle forme previste dall’articolo 5 L. 212/2000, cioè tramite risoluzioni o circolari (circolare AdE 9/E/2016).
Con l’interpello probatorio, di cui all’articolo 1, comma 1, lett. b), L. 212/2000, il contribuente può chiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni o alla idoneità degli elementi di prova chiesti dalla legge per accedere a determinati regimi fiscali nei casi espressamente previsti, quali, ad esempio, le istanze presentate dalle società “non operative” (articolo 30 L. 724/1994) e le istanze previste ai fini della spettanza del beneficio ACE (articolo 1, comma 8, D.L. 201/2011).
Tramite l’interpello anti-abuso (articolo 1, comma 1, lett. c), L. 212/2000) è invece possibile chiedere un parere relativo all’abusività di un’operazione non più solo ai fini delle imposte sui redditi, ma per qualsiasi settore impositivo.
L’interpello disapplicativo (articolo 1, comma 2, L. 212/2000), l’unico con carattere obbligatorio, consente invece di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, purché il contribuente fornisca la dimostrazione che detti effetti elusivi non potevano verificarsi relativamente alla fattispecie concreta.
Infine l’interpello sui nuovi investimenti consente agli investitori, italiani o stranieri, di chiedere un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti (di valore non inferiore a trenta milioni di euro e con rilevanti e durature ricadute occupazionali) effettuati nel territorio dello Stato.
L’istanza d’interpello deve contenere:
- i dati identificativi del contribuente o del suo eventuale rappresentante (codice fiscale);
- l’indicazione della specifica tipologia di interpello, la descrizione puntuale della fattispecie e, quindi, l’esposizione analitica della situazione concreta che ha generato il dubbio interpretativo (il contribuente non può limitarsi a una rappresentazione sommaria e approssimativa del caso);
- le disposizioni di legge di cui si chiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
- l’indicazione dei recapiti per comunicare la risposta, compresi quelli telematici;
- la soluzione interpretativa proposta dal contribuente e, infine, la sottoscrizione dell’istante o del legale rappresentante o del procuratore generale o speciale; in tal caso la procura, se non contenuta in calce o a margine dell’atto, deve essere allegata all’istanza.
Nel caso in cui le istanze siano carenti dei dati sopra indicati, diversi da quelli relativi alla identificazione dell’istante e alla descrizione puntuale della fattispecie, l’ufficio invita in ogni caso alla regolarizzazione il contribuente, che deve provvedere entro 30 giorni a fornire le informazioni mancanti.
L’istanza può essere presentata:
- a mano,
- mediante spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso ricevimento,
- per via telematica attraverso posta elettronica certificata (PEC) o posta elettronica ordinaria (PEL) – pdf per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato.
Per quanto riguarda i termini per la risposta alle istanze di interpello, sono di 90 giorni per l’interpello ordinario e 120 giorni per quello probatorio, anti-abuso e disapplicativo.
In ogni caso vale il “silenzio assenso”: quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente.