Azione revocatoria ordinaria
di EVOLUTIONL’articolo 2740, cod. civ. afferma che “il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”. Le limitazioni alla responsabilità patrimoniale, perciò, sono espressamente indicate dalla legge e si limitano ai beni strettamente connessi al debitore e a quelli conferiti a un vincolo di destinazione, come nell’ipotesi di patrimoni destinati a uno specifico affare e di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità.
Ogni altra limitazione non ha efficacia.
Ad eccezione di ipotesi particolari, i beni del debitore rappresentano la garanzia patrimoniale dei creditori, i quali possono avvalersi sul patrimonio dell’obbligato qualora questo dovesse risultare inadempiente. L’azione revocatoria di cui all’articolo 2901, cod. civ., quindi, è quello strumento a disposizione del creditore tramite cui è possibile reintegrare i beni del debitore, nell’eventualità in cui questi siano usciti dalla sua disponibilità a seguito di azioni consapevolmente lesive dei diritti del creditore.
Esistono 3 tipi di revocatoria, ognuno esperibile in specifici momenti:
- l’azione revocatoria ordinaria;
- l’azione revocatoria fallimentare;
- l’azione revocatoria penale.
L’azione revocatoria ordinaria è disciplinata dall’articolo 2901, cod. civ. e può essere intrapresa dal creditore che vede lesa la garanzia patrimoniale, a seguito di atti di disposizione patrimoniale da parte del debitore.
Tramite l’azione revocatoria, il bene fuoriuscito dal patrimonio non necessariamente rientrerà nella disponibilità del debitore, in quanto la finalità dell’operazione è quella di richiedere che l’atto di disposizione sia dichiarato inefficace nei confronti dell’istante.
Infatti, l’ultimo comma dell’articolo 2901, cod. civ. prevede che “l’inefficacia dell’atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione”.
Pertanto, gli atti di disposizione realizzati con il terzo perdono d’efficacia solo nei confronti del creditore e non anche nei confronti del debitore. Ne consegue che il terzo soggetto, sempreché abbia agito in buona fede, può:
- chiedere il risarcimento al disponente, e
- concorrere al ricavato dei beni in via postergata rispetto al soddisfacimento del creditore procedente.
Di seguito vengono elencati i presupposti per richiedere l’azione revocatoria:
- l’atto di disposizione non deve riguardare un debito scaduto;
- l’aggravamento della situazione patrimoniale del debitore;
- il pregiudizio per il creditore a seguito di quel particolare atto di disposizione (eventus damni). È necessario che tra l’atto di disposizione e la diminuzione della garanzia patrimoniale vi sia un nesso di causalità;
- la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio arrecato (scientia damni); è sufficiente che il disponente sia consapevole che con il compimento dell’atto lede la garanzia dei creditori, non è necessaria la frode;
- per gli atti a titolo oneroso, la consapevolezza del terzo di determinare un pregiudizio ai creditori del disponente.
Nella Scheda di studio pubblicata su EVOLUTION sono approfonditi, tra gli altri, i seguenti aspetti: |