Fattura elettronica senza effetti sul reverse charge “esterno”
di Marco PeiroloCome precisato dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito delle risposte fornite il 15 novembre 2018, il passaggio all’obbligo di fatturazione elettronica, con effetto dall’1 gennaio 2019, non avrà effetto sulle operazioni soggette a reverse charge cd. “esterno”, le quali andranno però comunicate mensilmente all’Agenzia delle Entrate in applicazione del nuovo adempimento previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015.
In base all’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, l’obbligo di reverse charge si concretizza con:
- la procedura di integrazione e di registrazione già prevista per gli acquisti intracomunitari di beni, quando il cedente/prestatore non residente è stabilito in altro Paese membro dell’Unione europea;
- la procedura di autofatturazione, quando il cedente/prestatore non residente è stabilito in un Paese non appartenente all’Unione europea.
Nell’ipotesi in cui il cedente/prestatore sia stabilito in altro Paese membro, nella disciplina in vigore fino a tutto il 2012, l’imposta doveva essere assolta dal cessionario/committente italiano mediante la procedura di integrazione e di registrazione prevista dagli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993, esclusivamente per le prestazioni di servizi “generiche”, di cui all’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972, effettuate da un operatore comunitario nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato.
Dal 2013, per effetto delle novità introdotte dalla L. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013), la medesima procedura di assolvimento dell’imposta si applica sia alle cessioni di beni (diverse dagli acquisti intracomunitari che sono oggetto di una specifica disciplina), sia a tutte le prestazioni di servizi, anche non “generiche”, rese da un soggetto passivo comunitario nel territorio della Stato.
Dal 2013, quindi, il cessionario/committente nazionale deve (circolare 12/E/2013, Cap. IV, § 2):
- numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’Iva, calcolata secondo l’aliquota applicabile (articolo 46, comma 1, D.L. 331/1993);
- annotare la fattura, come sopra integrata, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro delle fatture emesse (di cui all’articolo 23 D.P.R. 633/1972), secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo dell’operazione espresso in valuta estera (articolo 47, comma 1, D.L. 331/1993);
- annotare la stessa fattura integrata, distintamente, anche nel registro degli acquisti (di cui all’articolo 25 D.P.R. 633/1972), al fine di esercitare la detrazione eventualmente spettante. In particolare, la fattura potrà essere annotata, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, D.P.R. 633/1972, a partire dal mese in cui l’imposta diviene esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto (articolo 47, comma 1, D.L. 331/1993);
- emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, nel caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, annotando il documento entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente (articoli 46, comma 5, e 47 comma 1, D.L. 331/1993).
Per effetto delle modifiche richiamate, valgono anche con riferimento ai servizi diversi da quelli “generici” i chiarimenti resi nella circolare 35/E/2012, laddove è stato precisato che la fattura emessa dal prestatore comunitario non residente può essere assunta come indice dell’effettuazione dell’operazione, cui va ricondotta l’esigibilità dell’imposta, che deve essere assolta dal committente italiano, a prescindere dall’effettuazione del pagamento.
Passando alla procedura di autofatturazione, la stessa resta obbligatoria quando il cedente/prestatore è stabilito in un Paese extra-UE. In particolare:
- per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non “generici”, l’autofattura deve essere emessa nel momento di effettuazione dell’operazione ed annotata (articoli 23, comma 1, e 25, comma 1, del D.P.R. 633/1972):
- nel registro delle fatture emesse entro 15 giorni e con riferimento alla data di emissione;
- nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitata la detrazione;
- per le prestazioni di servizi “generici”, l’autofattura deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (articolo 21, comma 4, lett. d), D.P.R. 633/1972) ed annotata (articoli 23, comma 1, e 25, comma 1, D.P.R. 633/1972):
- nel registro delle fatture emesse entro il termine di emissione, ma con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione;
- nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitata la detrazione.
È il caso di ricordare che l’obbligo generalizzato di reverse charge per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia implica che l’Iva debba essere applicata dal cessionario/committente, soggetto Iva stabilito in Italia, anche quando il cedente/prestatore non residente sia ivi identificato direttamente o per mezzo di un proprio rappresentante fiscale.
In questo senso si è espressa più volte la stessa Amministrazione finanziaria, come per esempio nella circolare 37/E/2011 (§ 4.2), in cui è stato precisato che, dal 2010, l’Iva relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti (ad eccezione di quelle rese per il tramite di una stabile organizzazione in Italia) – deve sempre essere assolta dal cessionario/committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante l’applicazione del meccanismo del reverse charge, ancorché il cedente/prestatore sia identificato ai fini Iva in Italia tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale.
In sostanza, il fornitore non residente non è titolato ad emettere fattura con addebito dell’imposta per le operazioni soggette ad inversione contabile, in quanto debitore Iva resta il destinatario del bene o servizio italiano.
Anche con il passaggio alla fatturazione elettronica, quindi, la posizione Iva italiana del cedente/prestatore non residente non può sostituire l’obbligo di reverse charge facente capo al cessionario/committente con l’emissione della fattura elettronica riportante l’addebito dell’imposta.
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