5 Gennaio 2019

Lo Iap soggetto qualificante in quanto socio di società di persone

di Luigi Scappini
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A chiusura di un percorso iniziato nel 2001 attraverso l’emanazione dei tre Decreti legislativi della riforma agricola, il Legislatore, con gli articoli 1 e 2 D.Lgs. 99/2004, ha proceduto all’introduzione, da un lato, di una nuova figura professionale moderna, lo Iap, e dall’altro, a quella della società agricola.

L’obiettivo dichiarato era quello di dotare il settore di strumenti moderni per affrontare le nuove sfide.

In un quadro legislativo da sempre ritagliato intorno alla figura del coltivatore diretto, era di tutta evidenza che, se si voleva incentivare l’utilizzo di tali nuove forme imprenditoriali, punto di partenza non poteva che essere l’estensione a tali soggetti dei diritti propri del coltivatore diretto.

Resta inteso che non tutte le agevolazioni o prerogative riconosciute al coltivatore diretto potevano essere estese allo Iap e alle società agricole; ad esempio, sicuramente non si poteva ipotizzare l’applicazione della prelazione agraria di cui all’articolo 8 L. 590/1965 riconosciuta all’affittuario del fondo, in quanto la ratio dell’istituto risiede nel garantire la prosecuzione nella coltivazione del fondo, elemento, quello dell’attività manuale, che non è proprio dello Iap.

In ragione di ciò, l’articolo 1, comma 4, D.Lgs. 99/2004 riconosce allo Iap persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Anche le società agricole possono fruire dell’estensione di tali agevolazioni. Infatti, il precedente comma 3 introduce le cd. società Iap, ovvero le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, il cui statuto prevede quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135, cod. civ. e in possesso dei seguenti requisiti:

  1. nel caso di società di persone, possesso della qualifica di Iap da parte di almeno un socio, o, nel caso delle Sas, da parte dell’accomandatario;
  2. nel caso di società di capitali o cooperative, possesso della qualifica di Iap da parte di almeno un amministratore, che sia anche socio per le società cooperative.

In un secondo momento il Legislatore, con l’articolo 1, comma 2, lettera c), D.Lgs. 101/2005, in vigore dal 30 giugno 2005, ha introdotto il comma 3-bis nell’alveo dell’articolo 1 D.Lg.s 99/2004, prevedendo che la qualifica di Iap può essere apportata da parte dell’amministratore a una sola società.

Sin da subito la norma è stata interpretata come da applicarsi limitatamente alle società di capitali mentre, per quanto attiene le società di persone, la posizione della dottrina era nel senso di riconosce la possibilità a un soggetto Iap di essere socio di un numero illimitato società che, in forza della sua presenza, potevano acquisire la qualifica di società Iap.

Di tale avviso non è, tuttavia, la giurisprudenza di merito: in tal senso depone la sentenza n. 927/VIII/2018 della CTR Veneto che richiama quanto precedentemente affermato dalla CTR Torino nella sentenza n. 976/XXXIV/2014.

Sul punto è possibile richiamare anche la circolare Inps n. 48 del 24 marzo 2006 ove testualmente si legge che “l’articolo 1, comma 3 bis, del decreto novellato, stabilisce che ogni amministratore può apportare la qualifica di IAP ad una sola società. Tale limitazione deve intendersi riferita non solo alle società di capitali e alle società cooperative, ma anche alle società di persone nei casi in cui il socio IAP che attribuisce la qualifica sia anche amministratore.”.

Premesso che all’Inps il Legislatore assegna, come espressamente previsto dall’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 99/2004 la possibilità di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del D.P.R. 476/2001, si ritiene tuttavia maggiormente dirimente quanto affermato nella risposta a interpello n. 909-32505/2006 dalla DRE Emilia Romagna ove si legge che “il limite posto nell’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. n. 99 del 29 marzo 2994, riguardi esclusivamente la qualifica di Iap e le sole società di capitali”, ammettendo, conseguentemente, la possibilità per una persona fisica Iap di favorire con la propria qualifica tutte le società di cui è socio.

Del resto, in tal senso depone innanzitutto la ratio del Legislatore del 2005 che si è posto l’obiettivo, a mezzo del comma 3-bis, di arginare il fenomeno degli Iap itineranti, ossia di quei soggetti che di fatto si limitano a rivestire la qualifica di amministratore in una società con deleghe limitate e ininfluenti sull’andamento dell’azienda.

Inoltre non si può non evidenziare come il Legislatore, quando ha voluto estendere il limite al socio, lo ha fatto senza possibilità di replica (ci stiamo riferendo alle ipotesi delle cooperative dove è richiesto che lo Iap sia socio amministratore, con la conseguenza che lo stesso potrà essere socio di un’infinità di cooperative ma potrà risultare soggetto qualificante esclusivamente in una).

In conclusione si ritiene che una corretta lettura del comma 3-bis deve portare a ritenere lo Iap quale possibile soggetto qualificante di tutte le società in cui risulta socio, in quanto la norma richiede tale requisito e non anche quello di essere amministratore delle società; requisito che, al contrario, diviene dirimente per le società di capitali.

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