Rilevanza penale solo per le compensazioni orizzontali
di Marco BargagliAi fini penali-tributari l’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 (rubricato indebita compensazione), prevede la sanzione della reclusione:
- da sei mesi a due anni nei confronti di chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti non spettanti per un importo annuo superiore a 50.000 euro;
- da un anno e sei mesi a sei anni nei confronti di chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, crediti inesistenti per un importo annuo superiore a 50.000 euro.
Il legislatore, con l’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997, ha fornito la definizione di “credito inesistente” in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/1973 e all’articolo 54-bis D.P.R. 633/1972.
Sullo specifico punto, si citano i chiarimenti diramati dalla Corte di cassazione, Ufficio del Massimario – settore penale – nella relazione n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015, nella quale è stata tracciata la differenza tra le varie tipologie di credito come di seguito indicato:
- inesistente: in tale categoria dovrebbero potersi includere, oltre ai crediti che risultano inesistenti sin dall’origine (perché il credito utilizzato non esiste materialmente o perché, pur esistente, è già stato utilizzato una volta), anche quei crediti che non sono esistenti dal punto di vista soggettivo (cioè dei quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione) ovvero quelli sottoposti a condizione sospensiva;
- non spettante: in tale seconda categoria dovrebbero invece ricomprendersi, ad esempio, quei crediti utilizzati oltre il limite normativo, ovvero utilizzati in compensazione in violazione del divieto di compensazione per ruoli non pagati.
Ulteriori profili ermeneutici in subiecta materia sono stati espressi dalla suprema Corte, sezione III penale, con la sentenza n. 36393 del 09.09.2015, nella quale è stato affermato che “mentre il concetto di credito inesistente è di facile ed intuibile identificazione (essendo chiaramente tale il credito del quale non sussistono gli elementi costituitivi e giustificativi), la nozione di credito non spettante, non può essere … al concetto di mera non spettanza soggettiva”.
In particolare, ai fini del reato di cui all’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, il credito tributario non spettante è quello che, pur certo nella sua esistenza ed ammontare sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile) in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l’Erario.
La rilevanza penale delle indebite compensazioni di crediti inesistenti o non spettanti è stata analizzata anche dalla prassi operativa e, in particolare, dal Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza (cfr. volume I – parte II – capitolo 1 “Il sistema penale tributario in materia di imposte dirette e IVA. Disposizioni sostanziali”, pag. 176 e ss.).
Anzitutto vengono illustrate le differenti compensazioni dei crediti operabili, ossia:
- quella verticale, che riguarda crediti e debiti riferiti allo stesso tipo di imposta (es. Iva con Iva) e che consiste nel riporto di un credito ad un periodo successivo al fine di ridurre, mediante detrazione, un debito sorto o che sorgerà nel medesimo periodo;
- quella orizzontale, prevista specificatamente dall’articolo 17 D.Lgs. 241/1997, con la quale è possibile compensare crediti e debiti relativi a imposte diverse dovute nei confronti di vari enti (es. Stato, Inps, Inail, ecc.). Per espressa disposizione normativa i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’Inps e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate.
In merito, come espressamente confermato dalla circolare 1/2018, il richiamo operato nell’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 all’articolo 17 D.Lgs. 241/1997 determina l’applicabilità della sanzione penale ivi prevista per le sole indebite compensazioni effettuate in sede di versamento unificato mediante modello F24 (c.d. compensazione orizzontale) non essendo, di contro, applicabile a quelle operate in sede dichiarativa (compensazione verticale).
Infine nel documento di prassi viene precisato che il reato di indebita compensazione:
- si configura come istantaneo, consumandosi nel momento in cui si procede, nel medesimo periodo d’imposta, alla compensazione di un ulteriore importo di crediti non spettanti o inesistenti che, sommato agli importi già utilizzati in compensazione, sia superiore a 50.000 euro;
- si perfeziona all’atto della presentazione del modello F24 all’istituto di credito convenzionato a cui è stata conferita apposita delega irrevocabile, ex articolo 19 D.Lgs. 241/1997.
Inoltre, nei casi di delega rilasciata da parte del contribuente nei confronti di un professionista terzo per la compilazione e l’invio del modello F24, si possono verificare ipotesi di concorso nel reato da parte del consulente fiscale, “laddove risulti che questi abbia eseguito la delega conferitagli nonostante fosse consapevole dell’illiceità della compensazione o che sia stato l’ideatore o suggeritore dell’utilizzo illecito dei meccanismi di cui al modello F24, concorrendo consapevolmente alla realizzazione delle indebite compensazioni”.