13 Marzo 2019

Obblighi Iva degli eredi del professionista

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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Gli eredi del professionista possono tenere aperta la partita Iva del de cuius anche oltre il termine di sei mesi dal decesso al fine di adempiere agli obblighi Iva per le prestazioni non ancora incassate alla data del decesso stesso.

È quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con la recente risoluzione 34/E/2019 in cui è stata data risposta all’istanza presentata dagli eredi di un professionista che chiedevano indicazioni sul comportamento da tenere in relazione ad alcune prestazioni professionali per le quali, alla data del decesso, non era ancora avvenuto l’incasso (alcune delle quali vantate nei confronti della P.A. con emissione della fattura con Iva differita).

È bene ricordare, in primo luogo, che, secondo quanto previsto dall’articolo 35-bis, comma 1, D.P.R. 633/1972, gli eredi del professionista devono adempiere agli obblighi Iva per le operazioni effettuate dal de cuius entro sei mesi dalla data della morte del contribuente.

Nell’istanza di interpello gli eredi fanno presente che tale termine appare troppo stretto per completare le operazioni di incasso delle prestazioni professionali poste in essere dal professionista prima del decesso, ragion per cui si chiedono indicazioni in merito all’esigibilità dell’Iva sulle fatture sospese (emesse nei confronti della P.A.) e su quelle ancora da emettere anche nell’ipotesi in cui si dovesse chiudere la partita Iva nel termine di sei mesi secondo le indicazioni dell’articolo 35-bis D.P.R. 633/1972.

L’Agenzia ricorda che il tema della cessazione dell’attività professionale è stato oggetto di chiarimenti sia da parte dell’Amministrazione finanziaria, sia da parte della giurisprudenza, dai quali è possibile evincere che:

  • l’attività del professionista non può essere cessata fino al momento in cui sono esaurite tutte le operazioni dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti (circolare AdE 11/E/2007);
  • la cessazione dell’attività professionale non coincide con il momento in cui il professionista si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì dal successivo momento in cui chiude i rapporti professionali fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali (risoluzione AdE 232/E/2009).
  • i compensi professionali sono imponibili Iva anche se percepiti successivamente alla cessazione dell’attività, sul presupposto che il momento di effettuazione dell’operazione ai fini Iva coincide con il pagamento del corrispettivo (Cassazione, n. 8059/2016).

Secondo l’Agenzia delle entrate i richiamati principi sono applicabili anche in capo agli eredi del professionista, con la conseguenza che, in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita Iva del professionista deceduto sino al momento in cui non sono state incassate tutte le prestazioni sospese.

È quindi derogabile il termine di sei mesi previsto dall’articolo 35-bis D.P.R. 633/1972 secondo cui, come detto, la partita Iva deve essere chiusa entro il termine di sei mesi dalla data del decesso.

Resta ferma ovviamente la possibilità di anticipare l’emissione della fattura rispetto all’incasso (con conseguente anticipazione dell’esigibilità del tributo ai sensi dell’articolo 6 D.P.R. 633/1972) così da poter chiudere la partita Iva, con conseguente imputazione delle operazioni nell’ultima dichiarazione annuale Iva.

Nel caso di specie, i chiarimenti espressi dall’Agenzia sono applicabili sia alle fatture già emesse nei confronti della P.A. (con esigibilità dell’imposta rinviata all’incasso), sia alle prestazioni già completate per le quali, tuttavia, il professionista non ha ancora emesso la fattura prima del decesso (in quanto non era stato incassato il corrispettivo).

I principi di revisione nazionali