Sale and lease back senza rettifica della detrazione Iva (anche in Italia?)
di Marco PeiroloCon la sentenza relativa alla causa C-201/18 del 27 marzo 2019 (Mydibel), la Corte di giustizia UE ha affermato che l’operazione di sale and lease back (vendita con locazione finanziaria di ritorno) non interrompe la disponibilità sostanziale del bene in capo al seller-lessee, che infatti continua ad utilizzarlo nell’ambito della propria attività d’impresa, escludendo pertanto l’obbligo di rettificare la detrazione dell’Iva assolta in sede di acquisto o di costruzione del bene.
Il caso materiale si riferisce ad una società francese che, per esigenze di liquidità, ha concluso con due istituti finanziari operazioni di sale and lease back, non soggette a Iva, relativamente ad alcuni immobili, divisi in due lotti.
Per ciascun lotto, la società ha stipulato due distinti contratti:
- da un lato, un contratto di costituzione di un diritto di enfiteusi sugli immobili a vantaggio di tali istituti, per una durata di 99 anni, contro il pagamento immediato di un corrispettivo, nonché di un canone annuale;
- dall’altro lato, un contratto di leasing relativo ai medesimi immobili, mediante il quale gli istituti finanziari hanno concesso alla società l’uso degli immobili per un periodo non revocabile di 15 anni, contro il pagamento di un canone di locazione trimestrale corrispondente esattamente al corrispettivo di vendita, oltre interessi. In forza di quest’ultimo contratto, la società beneficia, alla scadenza del leasing, di un’opzione di acquisto ad un prezzo corrispondente al 10% del valore di investimento per il primo lotto e al 3% di tale valore per il secondo lotto.
Siccome le operazioni di sale and lease back in questione non sono state assoggettate a Iva, l’Autorità fiscale francese ha ritenuto che la società avrebbe dovuto rettificare la detrazione operata in sede di costruzione e ristrutturazione degli immobili.
Alla Corte di giustizia è stato chiesto se, nelle circostanze esposte, le disposizioni della Direttiva 2006/112/CE impongano l’obbligo di rettifica della detrazione e, in caso di risposta affermativa, se la rettifica sia conforme ai princìpi di neutralità fiscale e di parità di trattamento.
Nella risposta, i giudici dell’Unione hanno rilevato, da un lato, che gli immobili in esame sono stati utilizzati dalla società ininterrottamente e in modo duraturo nell’ambito della propria attività e, dall’altro, che le operazioni di sale and lease back hanno dato luogo al pagamento immediato di un corrispettivo a favore della società, che però si è impegnata a pagare agli istituti finanziari un canone per l’utilizzo degli stessi immobili di importo complessivo corrispondente a quello del corrispettivo maggiorato degli interessi.
Ne consegue, secondo la Corte, “che tale società ha continuato ad utilizzare le operazioni realizzate per la costruzione, trasformazione o ristrutturazione degli immobili in questione per le sue operazioni soggette ad imposta a valle. Tale constatazione indica, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, l’assenza di mutamenti degli elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo delle detrazioni intervenuti successivamente alla dichiarazione dell’Iva” (punto 28).
Il meccanismo della rettifica della detrazione è, infatti, finalizzato ad aumentare la precisione della detrazione, stabilendo un nesso “stretto e diretto” tra la detrazione operata a monte e l’utilizzo dei beni/servizi nelle operazioni effettuate a valle, in modo da garantire la neutralità dell’imposta.
Sotto questo profilo, “la mera costituzione di un diritto di enfiteusi non soggetto all’Iva non può essere considerata un mutamento degli elementi presi in considerazione per la determinazione dell’importo delle detrazioni successivo alla dichiarazione dell’Iva. Una simile costituzione non può infatti avere, di per sé, l’effetto di far venir meno la relazione stretta e diretta tra il diritto alla detrazione dell’Iva pagata a monte e l’impiego dei beni o dei servizi di cui trattasi per operazioni soggette ad imposta a valle” (punto 29).
L’ulteriore esame svolto dalla Corte è quello relativo ai riflessi dell’articolo 188 Direttiva 2006/112/CE, secondo cui la rettifica, in caso di cessione del bene d’investimento durante il periodo di “salvaguardia fiscale”, è effettuata una tantum per tutto il restante periodo.
Tenuto conto che, in base al consolidato orientamento della giurisprudenza unionale, la nozione di “cessione di beni” non si riferisce al trasferimento della proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale, ma a qualsiasi operazione che comporti il trasferimento della disponibilità del bene in capo al soggetto come se ne fosse il proprietario, i giudici dell’Unione hanno osservato, in coerenza con quanto sopra rilevato, che le operazioni di sale and lease back non possono qualificarsi come cessioni di beni, in quanto gli immobili sono rimasti in possesso della società che li ha utilizzati in maniera ininterrotta e duratura per compiere operazioni soggette ad imposta.
Calando tali conclusioni nel contesto italiano, è noto che l’Amministrazione finanziaria, sin dagli anni 2000, sulla scia del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha mutato posizione, non considerando più il contratto di sale and lease back come nullo per illiceità della causa per violazione del divieto di patto commissorio (di cui all’articolo 2744 cod. civ.).
Il revirement interpretativo ha comportato che:
- l’operazione di cessione, nei confronti della società di leasing, del bene oggetto del contratto è soggetta a Iva;
- l’operazione di concessione in leasing del bene rientra nel campo di applicazione dell’Iva;
- l’esercizio del diritto di opzione e, quindi, il riscatto del bene precedentemente concesso in leasing configura un’operazione di cessione ai fini Iva.
Per effetto del descritto regime fiscale applicabile alle operazioni che integrano il contratto di sale and lease back, in via di principio, risulta detraibile sia l’imposta relativa al prezzo di acquisto del bene successivamente concesso in leasing, sia quella afferente i canoni di locazione pagati dall’utilizzatore.
È chiaro, quindi, che il problema della rettifica della detrazione si pone, nel contesto nazionale, esclusivamente in ipotesi di fatturazione in esenzione.
La Corte europea, invece, sembra pervenire ad un risultato radicalmente diverso, qualificando l’operazione di sale and lease back come “non soggetta a Iva”, cioè al di fuori del campo di applicazione dell’Iva, siccome unitaria e non già composta da più operazioni distinte, autonomamente rilevanti ai fini impositivi, in ragione del fatto che il bene resta nella disponibilità sostanziale e materiale del medesimo soggetto, cioè il seller-lessee.
Ed è proprio questa diversa impostazione che esclude, secondo la Corte, la rettifica della detrazione.