Transfer price: onere della prova tra Fisco e contribuente
di Marco BargagliLa normativa conosciuta tra gli addetti ai lavori come “transfer price” costituisce da sempre un’annosa questione e un argomento di centrale importanza per tutte le imprese ad ampio respiro internazionale e riguarda, nello specifico, la determinazione della congruità dei prezzi di trasferimento infragruppo praticati nello scambio di beni e/o servizi.
In base al noto “principio di libera concorrenza” (c.d. arm’s–length principle) enunciato dall’OCSE, quando due o più imprese tra loro indipendenti pongono in essere tra di loro transazioni commerciali, le relative condizioni economiche e finanziarie devono essere generalmente determinate dalle forze di mercato.
Simmetricamente, quando due o più imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale intrattengono rapporti commerciali, gli stessi non devono essere influenzati da politiche di pianificazione fiscale intercompany tenuto conto che, in base al suddetto principio, enunciato dall’articolo 9, paragrafo 1, del modello Ocse di convenzione, il prezzo stabilito nelle transazioni commerciali intercorse tra imprese associate deve corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
In linea con le citate raccomandazioni internazionali, l’articolo 110, comma 7, Tuir prevede che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione del presente comma”.
Sullo specifico tema, nel mese di luglio 2017, l’Ocse ha pubblicato la nuova versione delle linee guida sui prezzi di trasferimento infragruppo e, successivamente, in data 14 maggio 2018, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha approvato un apposito decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2018, che detta le regole concrete per l’applicazione del citato principio di libera concorrenza.
Con riferimento ad un aspetto molto importante, riferito all’analisi di comparabilità, l’articolo 3, comma 2, del succitato decreto ministeriale prevede che le caratteristiche economicamente rilevanti (c.d. “fattori di comparabilità”) che devono essere identificati nelle relazioni commerciali o finanziarie tra le imprese associate per delineare in modo accurato l’effettiva operazione tra di loro intercorsa, nonché per determinare se due o più operazioni siano comparabili tra loro, possono essere classificati come segue:
- termini contrattuali delle operazioni;
- funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, tenendo conto dei beni strumentali utilizzati e dei rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all’interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l’operazione e le consuetudini del settore;
- caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;
- circostanze economiche delle parti e condizioni di mercato in cui esse operano;
- strategie aziendali perseguite dalle parti.
Un ulteriore profilo di fondamentale importanza riguarda il controllo societario.
La normativa domestica di riferimento prevede infatti che, per procedere alla rettifica dei ricavi e/o dei costi non conformi al principio di libera concorrenza, occorre che le cessioni o gli acquisti di beni e servizi siano avvenute fra un’impresa italiana ed una società non residente nel territorio dello Stato tra le quali esista un rapporto di controllo, di natura diretta o indiretta.
In merito, l’articolo 2 D.M. 14.05.2018, ha precisato che:
1. per “imprese associate” si intende: l’impresa residente nel territorio dello Stato e le società non residenti allorché:
- una di esse partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra, o
- lo stesso soggetto partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese;
2. per “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale” si intende:
- la partecipazione per oltre il 50% nel capitale, nei diritti di voto, o negli utili di un’altra impresa; oppure
- l’influenza dominante sulla gestione di un’altra impresa, sulla base di vincoli azionari o contrattuali.
Delineato brevemente l’assetto normativo di riferimento, giova ricordare che la CTR Lombardia, sezione 3, con la sentenza n. 376/2019 del 25.01.2019, si è espressa sul tema dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, con particolare riferimento alla corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo.
Nello specifico, la ripartizione dell’onere della prova in caso di verifiche fiscali riguardanti i prezzi di trasferimento infragruppo, prevede che:
- da un lato l’Amministrazione finanziaria deve dimostrare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate con “evidenti discrepanze” rispetto a transazioni dello stesso genere su un mercato indipendente;
- dall’altro il contribuente, secondo le regole ordinarie di vicinanza della prova ex articolo 2697 cod. civ., deve dimostrare che le transazioni sono intervenute per valori di mercato da considerarsi normali (ex articolo 9, comma 3, Tuir).
Sulla base di tali principi, il giudice del gravame ha ritenuto che il contribuente avesse regolarmente assolto all’onere probatorio richiesto in tema di transfer price, tenuto conto che le funzioni e l’organigramma della consociata estera (residente in Germania), descritti e documentati in atti, erano risultati tali da rendere conto, in modo esauriente, della particolarità della società del Gruppo non residente.
Inoltre, è stata dimostrata l’attendibilità del metodo CUP utilizzato, sia per quanto riguardava le regole del mercato, garantite dalla presenza di soci tedeschi indipendenti, sia per quanto riguardava l’effettivo svolgimento di funzioni incisive ed importanti, quali la gestione della clientela, la gestione dei progetti, delle gare, dei servizi di assistenza.
Infine, con specifico riferimento all’utilizzo dei soggetti individuati come comparabili, le società scelte da parte dell’Agenzia delle entrate non trattavano gli stessi prodotti o le stesse attività della consociata tedesca, in quanto operavano con codici attività diversi e in annualità lontane rispetto all’anno 2010, in contestazione.