Per l’Agenzia plafond precluso per gli appalti immobiliari
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’esportatore abituale non può avvalersi del plafond Iva in relazione ai servizi di appalto relativi alla costruzione di un immobile.
È quanto affermato dall’Agenzia delle entrate nel principio di diritto n. 14 pubblicato ieri sul proprio sito internet, confermando quanto già in passato sostenuto in relazione ai limiti per l’utilizzo del beneficio del plafond da parte dell’esportatore abituale.
Preliminarmente è opportuno ricordare che l’esportatore abituale può acquistare beni e servizi senza applicazione dell’Iva ai sensi dell’articolo 8, lett. c), D.P.R. 633/1972 (previo invio della dichiarazione d’intento al fornitore) anche se non inerenti l’attività di esportazione, ad esclusione di fabbricati, aree edificabili e beni e servizi per i quali l’imposta è indetraibile (circolare 145/E/1998), trattandosi di un’agevolazione di carattere finanziario e non fiscale.
In relazione all’acquisto di fabbricati, già la citata circolare 145/E/1998 aveva espressamente vietato l’utilizzo del plafond “per l’acquisizione di fabbricati, in dipendenza di contratti di appalto avente per oggetto la loro costruzione o di leasing; e ciò in quanto (….) l’esclusione è evidentemente da estendere a tali modalità di acquisizione dei fabbricati stessi, che realizzano un effetto equivalente”.
Con riferimento ai fabbricati acquisiti in forza di un contratto di appalto, la Corte di Cassazione (sentenza n. 7504 del 15.4.2016) aveva disconosciuto la tesi del Fisco che aveva escluso l’applicabilità della disciplina del plafond, ritenendo che la realizzazione del fabbricato avesse solamente la veste formale dell’appalto, ma che in realtà dovesse qualificarsi, ai fini Iva, come una “cessione di beni”.
Di opinione difforme, invece, la Suprema Corte, in considerazione del fatto che “non ha trovato seguito nell’ordinamento nazionale dell’imposta” il più ampio concetto di cessione previsto a livello comunitario, che include nel novero delle operazioni costituenti cessione di beni “anche operazioni prive della caratteristica dello scambio di un bene verso un corrispettivo, quali a) la consegna di un lavoro eseguito in base ad un contratto d’opera”, nonché b) la consegna di taluni lavori immobiliari”.
In virtù di ciò, secondo i giudici della Corte di Cassazione, occorre riconoscere legittimità giuridica soltanto alla definizione interna di “cessione di beni” di cui all’articolo 2 D.P.R. 633/1972 (“atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento di beni di ogni genere”) e alla nozione di “prestazione di servizi” recata dall’articolo 3 D.P.R. 633/1972, secondo cui “costituiscono prestazioni di servizio le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, (….)“.
Conseguentemente, non può essere posto alcun dubbio in merito alla “classificazione” del contratto d’appalto come prestazione di servizi, atteso che il richiamato articolo 3 D.P.R. 633/1972 lo cita espressamente e, quindi, “è agevole ritrarre la conclusione che (….) l’appalto che abbia ad oggetto la realizzazione di un opificio industriale non costituisca cessione in quanto l’acquisizione avviene a titolo originario ed è diretta conseguenza dell’attività lavorativa dell’appaltatore e qualora, sia, come nella specie, eseguito a beneficio di un committente che rivesta la qualifica di esportatore abituale, sia esente da imposizione a mente dell’articolo 8, comma primo, lett. c), D.P.R. 633/1972” (Cassazione sentenza n. 7504 del 15.4.2016).
Nel principio di diritto in esame, l’Agenzia conferma il proprio convincimento circa l’impossibilità di utilizzare il plafond per “l’acquisto” di un immobile tramite appalto, limitando il beneficio all’acquisto dei servizi relativi all’installazione degli impianti industriali, e non anche ai servizi di installazione di impianti relativi all’edificio, poiché per questi deve confermarsi la prevalenza del regime di inversione contabile, di cui all’articolo 17, comma 6, lett. a-ter, D.P.R. 633/1972 (circolare 37/E/2015).
La posizione dell’Agenzia deve considerarsi “parziale” poiché se un’impresa stipula un contratto di appalto per la costruzione dell’immobile, e l’impresa che esegue i lavori fattura gli stati di avanzamento dei lavori applicando l’Iva nei modi ordinari, i servizi non rientrano nell’ambito applicativo dell’inversione contabile di cui all’articolo 17, comma 6, lett. a-ter), D.P.R. 633/1972 (circostanza confermata anche dalla circolare 14/E/2015).
In tal caso, nonostante quanto affermato nella prima parte del principio di diritto in commento, devono pertanto intendersi confermate le posizioni della citata giurisprudenza nazionale che hanno ammesso la possibilità di utilizzo del plafond di esportatore abituale.