Gli oneri deducibili e detraibili dell’agricoltore
di Luigi ScappiniCome ogni anno, con l’avvicinarsi del periodo dichiarativo giunge il momento di verificare gli elementi che possono essere dedotti dal reddito imponibile.
Come noto, l’esercizio di un’attività agricola come individuata all’articolo 32 Tuir, e quindi la coltivazione del fondo, la selvicoltura, l’allevamento di animali e le attività connesse come individuate da ultimo con il D.M. 13.02.2015, è produttiva di un reddito agrario.
Tale reddito rappresenta una forfettizzazione dell’effettiva redditività dell’attività esercitata, essendo costituito il reddito agrario “dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso.”.
La forfettizzazione comporta l’impossibilità di poter dedurre dal reddito dichiarato i costi sostenuti durante l’esercizio che sono già stati considerati in sede di determinazione dell’estimo catastale; tuttavia, l’articolo 10 Tuir, stabilisce che dal reddito complessivo sono deducibili, se non sono stati già dedotti in sede di determinazione del singolo reddito, alcuni oneri specifici rimasti a carico del contribuente.
Per quanto riguarda l’imprenditore agricolo, il comma 1, lett. a) stabilisce la deducibilità dei contributi versati ai consorzi obbligatori per legge o in dipendenza di provvedimenti della P.A., mentre esclude espressamente quella dei contributi agricoli unificati. In quest’ultimo caso si deve evidenziare come il divieto riguardi esclusivamente i contributi versati per i lavoratori dipendenti, mentre rimangono ordinariamente deducibili quelli sostenuti per i componenti la famiglia coltivatrice diretta. Resta inteso che in questo caso i contributi sono deducibili da parte del soggetto per il quale sono stati versati.
Il successivo articolo 15, comma 1, lett. a), Tuir stabilisce la detraibilità degli interessi passivi e dei relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, versati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati.
Tali interessi possono essere detratti in misura pari al 19%, nel limite, come precisato dalla norma, dei redditi fondiari dichiarati.
Ne deriva che gli interessi detratti non possono superare la somma dei redditi dominicali e agrari dichiarati rivalutatati secondo le disposizioni di legge.
In particolare, a tali redditi si devono applicare in prima battuta le percentuali rivalutative dell’80 e 70% e al risultato così ottenuto, l’ulteriore rivalutazione del 30%; percentuale applicabile, per effetti di quanto previsto dall’articolo 1, comma 909, L. 208/2015, a partire dal 2016.
In realtà la prima rivalutazione non si rende applicabile quando i terreni sono concessi in affitto a giovani agricoltori che alla stipula del contrato non avevano compiuto i 40 anni. Ne deriva che, a rigor di logica, ai fini del computo del limite di detrazione non si applicherà la rivalutazione del reddito dominicale.
Inoltre la seconda rivalutazione non viene applicata da parte dei soggetti in possesso della qualifica di coltivatore diretto o Iap iscritti nella previdenza agricola.
Come confermato dall’Agenzia delle entrate con la circolare 7/E/2018, nel tetto massimo dovranno essere calcolati anche gli eventuali redditi dei terreni derivanti da partecipazioni in società di persone e assimilate. Al contrario, nel calcolo non si deve tenere conto dei redditi dei terreni non derivanti dall’utilizzo agricolo degli stessi quali, a titolo di esempio, il corrispettivo per la concessione in affitto per uso non agricolo.
La detrazione spetta solo al soggetto intestatario del contratto di prestito o mutuo agrario che, come chiarito nella circolare 7/E/2018, può riguardare “finanziamenti sia di esercizio che di miglioramento a breve, medio e lungo termine previsti dalla legge per l’ordinamento del credito agrario; il prestito o mutuo agrario può riguardare, senza limitazioni, qualsiasi tipologia di terreno.”.
Infine, l’articolo 16, comma 1-quinquies, Tuir, a decorrere dal periodo di imposta 2014, è prevista una detrazione dall’imposta lorda, nella misura del 19%, delle spese sostenute dai coltivatori diretti e dagli Iap, under 35, iscritti alla previdenza agricola, per il pagamento di canoni di affitto dei terreni agricoli.
La detrazione compete in misura pari a 80 euro per ogni ettaro di terreno affittato, nel limite di 1.200 euro annui. La detrazione non spetta nel caso di terreno locati da parte dei genitori.
Ai fini della detrazione è necessario, inoltre, che il contratto di affitto sia stipulato in forma scritta.
La circolare 7/E/2018 ricorda che, in caso di incapienza dell’imposta lorda, diminuita delle detrazioni spettanti per carichi di famiglia e delle spese di produzione, per la quota eccedente l’imposta lorda è riconosciuto un credito d’imposta secondo le modalità definite nel D.M. 11.02.2008.
Gli oneri sopra individuati, tuttavia, per effetto dell’esenzione Irpef prevista per il triennio 2017-2019 dall’articolo 1, comma 44, L. 232/2016, non si renderanno deducibili e detraibili da parte dei coltivatori diretti e Iap iscritti alla previdenza agricola.