Amministratore escluso dal regime forfettario
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’attività di amministratore in una società a responsabilità limitata svolta in regime di lavoro autonomo da parte del socio che la controlla costituisce causa di esclusione se riconducibile a quella svolta dalla società controllata, sia pure in presenza di codici Ateco rientranti in differenti sezioni della tabella Ateco.
È quanto emerge dalla risposta n. 169 pubblicata ieri sul sito dell’Agenzia in relazione ad un’istanza di interpello presentata da un contribuente che svolge l’attività di architetto e che nel contempo detiene delle quote di partecipazione di controllo in due società a responsabilità limitata esercenti attività di gestione immobiliare.
Oltre alla partecipazione in società, il contribuente è altresì amministratore unico di entrambe le società controllate, percependo per tale carica un compenso di lavoro autonomo (fattura tramite la partita Iva) che costituisce la componente prevalente del sui fatturato.
In presenza di tali condizioni, il contribuente chiede di poter applicare il regime forfettario a partire dal periodo d’imposta 2019.
In merito alla causa di esclusione legata al controllo della società (articolo 1, comma 57, lett. d, L. 190/2014), l’Agenzia ricorda che, in base ai chiarimenti forniti con la precedente circolare 9/E/2019, affinché la stessa operi è necessario verificare la compresenza del controllo (diretto o indiretto) della società e l’esercizio da parte della società controllata di un’attività riconducibile a quella svolta in regime forfettario.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il contribuente detiene direttamente una quota di minoranza della due società, ma la restante parte è detenuta da familiari di cui all’articolo 5, comma 5, Tuir, ragion per cui si intende integrato il requisito del controllo, dovendosi “sommare” anche i voti spettanti tramite i predetti soggetti.
Per quanto riguarda la seconda condizione, le società controllate svolgono attività ricadenti in differenti sezioni Ateco rispetto a quella dell’attività esercitata in forma individuale, ragion per cui non dovrebbe sussistere la causa di esclusione in commento.
Tuttavia, nella risposta l’Agenzia delle entrate ritiene che l’incarico di amministratore delle due società controllate, da cui proviene la prevalenza dei compensi del contribuente, determina “una diretta “riconducibilità” dell’attività effettivamente svolta dalle srl controllate a quella di amministratore delle stesse“.
Ragion per cui, conclude l’Agenzia, si rileva il ricorrere della seconda delle due condizioni indicate (la riconducibilità delle due attività esercitate) con conseguente fuoriuscita dal regime forfettario a partire dal periodo d’imposta successivo (2020 nel caso di specie).
La conclusione cui perviene l’Agenzia si ritiene non corretta e non coerente con quanto precisato nella precedente circolare n. 9/E/2019, in cui è stato precisato che la “riconducibilità” richiede la presenza contemporanea di due condizioni:
- classificazione delle due attività nella stessa sezione Ateco,
- ed effettuazione, da parte del contribuente in regime forfettario, di cessioni di beni o di prestazioni di servizi tassabili con imposta sostitutiva nei confronti della società controllata e deduzione del costo da parte di quest’ultima.
A nulla rileva, ai fini della causa di esclusione in esame, la circostanza che il contribuente rivesta la qualifica di amministratore della società e che da tale attività percepisca un (prevalente) compenso tassabile con il regime forfettario (in quanto attratto alla sfera del lavoro autonomo).
Tale aspetto, semmai, può integrare la causa di esclusione di cui alla lett. d-bis (svolgimento dell’attività in via prevalente nei confronti del datore di lavoro), ma che nel caso di specie non si realizza mancando la percezione di un reddito assimilato al lavoro dipendente (il compenso amministratore costituisce infatti un compenso di lavoro autonomo).
31 Maggio 2019 a 8:50
L’Agenzia aveva chiarito che riguardo ai codici Ateco si fa riferimento all’effettiva attività svolta dai soggetti e non tanto ai meri codici Ateco dichiarati. Pertanto, l’Agenzia afferma, in soldoni, che l’architetto non fa l’architetto ma fa l’immobiliarista in quanto i suoi compensi derivano prevalentemente dalla carica di amministratore di due società immobiliari.
Seppur non di facilissima lettura, a mio modestissimo parere, la risposta dell’Agenzia pare coerente con i concetti espressi nella circolare 9/E/19.
2 Giugno 2019 a 18:02
Poniamo il caso che un consulente aziendale forfettario (che si occupa di amministrazione e contabilità) sia socio, amministratore e lavori anche quotidianamente per molte ore per una Società Sportiva Dilettantistica a responsabilità limitata fatturando ogni mese alla stessa per attività di segreteria, accoglienza utenti, contabilità elementare, ecc. e traendo da questa attività la totalità o quasi dei suoi compensi annuali…anche in questo caso (nel quale i codici ateco di “consulente aziendale” e “gestione di impianti sportivi” sono totalmente differenti ma dove comunque il socio-amministratore-lavoratore otterrà compensi prevalenti per l’attività quotidiana fatturata alla Sportiva) si uscirà dal regime forfettario ? In tale evenienza ci sarebbero limitazioni enormi potendo riguardare potenzialmente migliaia di casi (dove il confronto tra il codice ateco dell’attività svolta in regime forfettario e quello dell’attività svolta dalla società non avrebbe più senso ma conterebbe la prevalenza dei compensi) oppure il caso riguarda le due attività di cui all’articolo che, in pratica, sono contigue anche non avendo lo stesso codice ateco (architetto e immobiliarista) ?