Forfetizzazione della resa in editoria: recupero dell’Iva possibile
di Luca CaramaschiCon la risposta all’istanza di interpello n. 155 del 22 maggio scorso l’Agenzia delle entrate ha precisato che risulta detraibile l’iva contenuta in una nota di variazione in diminuzione emessa ai sensi dell’articolo 26, comma 2, D.P.R. 633/1972, per sopraggiunta insolvenza del cliente, da parte di un soggetto che applica il regime speciale Iva in editoria di cui all’articolo 74, comma 1, lett. c), D.P.R. 633/1972 con la particolare metodologia della cosiddetta “forfettizzazione della resa” (procedura che si presenta come alternativa rispetto al generale criterio delle “copie vendute” ma che, in concreto, risulta certamente la modalità di determinazione dell’imposta più utilizzata dagli operatori del settore).
Il regime speciale dell’Iva in editoria è un regime semplificato di imposizione e riscossione dell’Iva (definito “monofase”) che deroga alle ordinarie disposizioni contenute nei titoli I e II del D.P.R. 633/1972, in considerazione della peculiarità del settore dell’editoria e delle difficoltà per i relativi operatori di applicare le disposizioni ordinarie.
L’Iva viene, infatti, determinata, in relazione al numero delle copie vendute (regola generale) ovvero in relazione al numero delle copie consegnate o spedite diminuito – di una certa percentuale – a titolo della forfettizzazione della resa, ed è assolta dall’editore sulla base del prezzo di vendita al pubblico del prodotto editoriale, comprensiva dei valori aggiunti conseguiti da tutti i soggetti che intervengono in tutte le fasi di produzione e di distribuzione dei prodotti editoriali.
Dall’applicazione di tale meccanismo ne consegue che il documento di addebito emesso dall’editore e dai successivi cedenti di prodotti editoriali (ad esempio, i distributori e i rivenditori) non assume rilevanza né ai fini della rivalsa di cui all’articolo 18 D.P.R. 633/1972 né ai fini della detrazione da parte degli acquirenti sulla base del successivo articolo 19 del medesimo decreto.
Resta tuttavia salva, per effetto della previsione contenuta nell’articolo 19, comma 3, lett. a), D.P.R. 633/1972, la detraibilità dell’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti le operazioni di commercializzazione dei prodotti editoriali, ancorché quest’ultime, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, D.P.R. 633/1972, vengano equiparate alle operazioni non soggette ad Iva.
È in questo senso che, sotto il profilo della legittimazione al diritto alla detrazione, ha significato parlare di operazioni comunque “soggette”, distinguendole da quelle “non soggette”, differenziando poi quest’ultime tra quelle che riconoscono e quelle che non riconoscono il diritto alla detrazione, piuttosto che affidarsi alla tradizionale distinzione tra operazioni, imponibili, non imponibili, esenti ed escluse.
Sotto il profilo della disciplina comunitaria, il regime speciale dell’Iva in editoria trova il suo fondamento negli articoli 394 e 395 della Direttiva del Consiglio n. 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (ex articolo 27, par. da 1 a 5, Direttiva del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, c.d. sesta Direttiva) che disciplina il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto.
Secondo tali disposizioni, gli Stati membri che al 1° gennaio 1977 applicavano misure speciali, al fine di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali, potevano mantenerle purché le avessero notificate alla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1978 e purché le misure di semplificazione non avessero influito, se non in misura trascurabile, sull’importo complessivo delle entrate fiscali dello Stato membro riscosso allo stadio del consumo finale.
Tornando al caso trattato nella risposta n. 155 del 22.5.2019 occorre rilevare come la stessa Agenzia delle entrate, nel paragrafo 7.5.3. della maxi circolare 328/E/1997 ebbe a precisare che “stante l’applicazione del regime speciale monofase, la variazione, ai sensi dell’articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, è operata esclusivamente dall’editore, in qualità di cedente ed unico soggetto passivo ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sul commercio di prodotti editoriali e che la variazione in esame è possibile solo per i fatti previsti dal menzionato articolo 26 del d.P.R. n. 633 del 1972, provabili contabilmente e con la relativa documentazione probatoria, anche in assenza di fattura, trattandosi di sistema con tassazione unica alla fonte”.
Nel richiamato e più datato documento di prassi, tuttavia, si ammetteva la possibilità di effettuare le variazioni ai sensi dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972 nelle sole ipotesi in cui l’imposta dovuta dall’editore fosse determinata in base alle copie vendute.
In tali casi, infatti, precisarono le Entrate, la sopravvenuta restituzione di copie di pubblicazioni già cedute, anche in esecuzione di rapporti di abbonamento, dagli editori ai distributori ovvero ai soggetti che effettuano la vendita al pubblico o ai consumatori finali, dà diritto a emettere una nota di variazione, sempre che la restituzione delle copie sia avvenuta per i fatti previsti dall’articolo 26, provabili contabilmente e con la relativa documentazione probatoria.
Richiamando i principi di effettività e neutralità dell’Iva la recente pronuncia dell’Agenzia afferma invece che la nota di variazione in diminuzione “deve ritenersi ammessa anche nel caso in cui l’imposta dovuta … è determinata con il criterio della forfettizzazione della resa”.
È stata infatti la stessa giurisprudenza comunitaria (si richiama la sentenza 23.11.2017 della Corte di Giustizia UE nella causa C-246/16) a esprimere il principio per cui “ammettere la possibilità per gli Stati membri di escludere qualsiasi riduzione della base imponibile dell’Iva sarebbe contrario al principio di neutralità dell’Iva, da cui deriva in particolare che, nella sua qualità di collettore d’imposta per conto dello Stato, l’imprenditore dev’essere sgravato interamente dell’onere dell’imposta dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche a loro volta soggette a Iva”.
Tuttavia, proprio in ragione della peculiarità del criterio di determinazione dell’Iva adottato (appunto, quello della forfettizzazione della resa che prevede l’applicazione al prezzo di vendita al pubblico di diminuzioni percentuali stabilite dalla norma) l’Agenzia ritiene che, ai fini della variazione della predetta imposta, occorre adottare un criterio che evidenzi il rapporto tra l’imposta versata (e determinata sulla base del prezzo di vendita al pubblico) e l’effettivo credito del soggetto (diverso dal prezzo di vendita al pubblico) rimasto definitivamente insoddisfatto.
In questi casi, quindi, la variazione dell’imposta deve ritenersi ammessa nei limiti del rapporto tra l’importo effettivamente a credito dell’editore e quello definitivamente non soddisfatto a seguito della procedura concorsuale rimasta infruttuosa.