Semplificata la dichiarazione d’intento
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariA partire dal prossimo 1° gennaio 2020 gli esportatori abituali non avranno più l’obbligo di consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d’intento e la copia della ricevuta telematica di trasmissione della stessa all’Agenzia delle entrate, fermo restando l’obbligo di porre in essere tali adempimenti.
Inoltre, è prevista l’applicazione della sanzione proporzionale (e non più fissa) se il fornitore non effettua il riscontro per via telematica dell’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento da parte dell’esportatore abituale.
È questo il quadro normativo che emerge dopo l’approvazione definitiva della legge di conversione del “decreto crescita” (D.L. 34/2019), avvenuta ieri, e che dovrà essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale entro sabato prossimo.
Il decreto in questione apporta numerose modifiche alle procedure che l’esportatore abituale deve rispettare per poter acquistare senza Iva beni e servizi nei limiti del plafond disponibile.
Ricordiamo che, allo stato attuale, l’esportatore deve porre in essere i seguenti adempimenti:
- inviare telematicamente all’Amministrazione Finanziaria la dichiarazione d’intento (datata e numerata progressivamente);
- inviare copia della stessa al fornitore unitamente alla copia della ricevuta telematica di avvenuta presentazione;
- annotare in apposito registro la dichiarazione d’intento emessa nei confronti di ciascun fornitore.
Dal canto suo, il fornitore, una volta ricevuti i predetti documenti, deve
- eseguire il riscontro telematico (sul sito dell’Agenzia) che confermi l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento da parte dell’esportatore abituale,
- numerare le dichiarazioni d’intento ricevute e annotarle in apposito registro.
Con l’approvazione definitiva della legge di conversione del D.L. 34/2019 si modifica l’articolo 1, comma 1, lett. c), D.L. 746/1983, abrogando, dal prossimo 1° gennaio 2020, l’obbligo da parte dell’esportatore abituale di consegnare al proprio fornitore sia la dichiarazione d’intento sia la copia della ricevuta telematica di avvenuta presentazione.
Sul punto, posto che resta fermo l’obbligo di eseguire il riscontro telematico dell’avvenuta presentazione, risulta del tutto evidente che lo stesso dovrà essere “avvisato” da parte dell’esportatore dell’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento all’Amministrazione Finanziaria.
Sempre sul fronte delle semplificazioni, si segnala che il D.L. 34/2019 elimina anche i seguenti adempimenti:
- l’annotazione delle dichiarazioni d’intento (sia ricevute che emesse) in apposito registro, nonché l’obbligo di conservarle a norma dell’articolo 39 D.P.R. 633/1972;
- l’esposizione nel quadro VI della dichiarazione annuale Iva dei dati delle dichiarazioni d’intento ricevute.
A fronte delle semplificazioni descritte, sempre a partire dal prossimo 1° gennaio 2020 è previsto che i fornitori degli esportatori abituali dovranno indicare sulla fattura emessa (in regime di non imponibilità Iva ex articolo 8, comma 1, lett. c, D.P.R. 633/1972) gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento (nel caso di importazioni, invece, gli estremi del protocollo dovranno essere indicati dall’importatore).
Il Decreto crescita interviene anche sul fronte sanzionatorio, ed in particolare sostituisce l’articolo 7, comma 4-bis, D.Lgs. 471/1997, prevedendo la sanzione proporzionale dal 100% al 200% dell’imposta in capo al cedente che effettua operazioni in regime di non imponibilità Iva “senza aver prima riscontrato per via telematica l’avvenuta presentazione” della lettera di intento.
La sanzione in questione, già presente anche prima delle citate modifiche (anche per l’ipotesi del mancato ricevimento della dichiarazione d’intento, che ovviamente è stata depennata), passa quindi da una misura fissa (da 250 euro a 2.000 euro) ad una proporzionale (come già previsto prima delle novità introdotte dal D.Lgs. 158/2015).
Sul punto, in attesa di conoscere eventuali interpretazioni ufficiali, pare potersi evidenziare che la misura della sanzione sia eccessiva a fronte di un inadempimento più formale che sostanziale.
Si equipara infatti un mancato “riscontro” all’effettuazione di operazioni non imponibili in mancanza di una dichiarazione d’intento.