Imu e leasing: il pensiero altalenante della Cassazione
di Fabio GarriniIl tema della soggettività passiva del bene condotto in forma di contratto di leasing, al momento della risoluzione, è un tipico esempio di come la Cassazione riesca ad esprimersi in maniera opposta sul medesimo problema.
A distanza di meno di due mesi da un precedente pronuncia (Cassazione n. 13973 del 22.05.2019), nella quale si è stabilito l’obbligo di versamento Imu in capo al concedente a seguito di risoluzione del contratto, la Cassazione torna sul tema, preferendo la diversa e contraria tesi che vuole il permanere della soggettività passiva in capo all’utilizzatore sino al momento della materiale riconsegna (Cassazione n. 19166 del 17.07.2019).
La questione complica la vita, in particolar modo, ai Comuni di ubicazione di tali immobili, che si trovano nel dubbio circa il destinatario degli atti di recupero per l’imposta non versata durante il periodo intercorrente tra la risoluzione del contratto e la data della materiale riconsegna.
Stesso problema si pone in capo ai curatori fallimentari (solitamente la situazione si presenta quando l’utilizzatore è interessato da una procedura concorsuale) nonché in capo alle società di leasing concedenti.
La questione, è evidente, richiede di essere risolta al più presto da una pronuncia definitiva da parte delle Sezioni Unite.
La nuova posizione
La sentenza in commento, come detto, torna sulla questione della soggettività nel caso di risoluzione del contratto di leasing.
Prima di tutto i giudici di legittimità analizzano la problematica, riepilogando le due tesi che si contrappongono:
- il primo orientamento stabilisce che soggetto passivo è l’utilizzatore/detentore solo finché dura il contratto, mentre dalla data di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing il contratto stesso cessa, quindi il locatario non sarebbe più da considerarsi soggetto passivo, che ritornerebbe ad essere il proprietario (società di leasing). A nulla rileverebbe, invece, il fatto che la riconsegna non sia contestuale alla risoluzione del contratto. Tale tesi si poggia sul tenore letterale dell’articolo 9 D.Lgs. 23/2011 che, nell’individuare la decorrenza della soggettività passiva in capo al conduttore, fa riferimento alla data di stipula del contratto e non alla materiale consegna del bene. Del resto, osservano i giudici della Suprema Corte, il codice civile, all’articolo 1458, testualmente prevede che la risoluzione del contratto per inadempimento abbia effetto retroattivo fra le parti, ragion per cui come effetto automatico dell’atto di risoluzione la soggettività d’imposta tornerebbe in capo all’originario proprietario del bene; semmai, dall’inadempimento dell’obbligo di riconsegna deriverebbe una diversa responsabilità del locatario stesso da farsi valere in sede civile. Viene peraltro osservato che la prevalente giurisprudenza tributaria di merito è nel senso che, poiché la norma citata fa riferimento alla durata del contratto e per la data iniziale prende in considerazione l’esistenza del vincolo contrattuale e non già la consegna del bene locato e quindi la sua materiale detenzione da parte dell’utilizzatore, egualmente per il termine finale bisogna fare riferimento alla cessazione del contratto, prescindendo dalla effettiva riconsegna del bene al concedente;
- la seconda tesi invece impone all’utilizzatore l’obbligo di corrispondere l’Imu sino alla data della materiale riconsegna del fabbricato, comprovata dal relativo verbale. Tale tesi si poggia sul fatto che la Tasi, introdotta nel 2014, stabilisce espressamente questa regola per l’individuazione del soggetto passivo, che quindi andrebbe estesa, in via interpretativa, anche all’Imu; inoltre, le istruzioni alla compilazione della dichiarazione Imu pongono l’obbligo di presentare la dichiarazione entro 90 giorni (oggi occorre dire, 31 dicembre dell’anno successivo) dalla riconsegna del bene alla società di leasing. Anche se, è bene osservare, le istruzioni regolano il termine di presentazione del modello, non il momento in cui si trasferisce la soggettività passiva.
Il tema è noto, così come le argomentazioni a favore delle due tesi.
L’aspetto certamente più delicato è il fatto che, mentre nella precedenza sentenza n. 13973/2019 è stata scelta la prima tesi, nella sentenza n. 19166/2019 in commento la Cassazione ha dimostrato di preferire la seconda, seppure “con gli opportuni accorgimenti”.
In particolare, le giustificazioni a sostegno di tale scelta risiedono nell’esame dell’allocazione dei rischi derivanti dal contratto, cercando di esplorare una soluzione (chissà quanto legittima…) che punti alla sostanza e non al tenore letterale della norma.
Osserva la Cassazione come, “una volta chiarito che l’inclusione dell’utilizzatore in leasing nell’elenco dei soggetti passivi del tributo si spiega con l’idoneità del contratto di leasing ad attribuire in via esclusiva all’utilizzatore i benefici e gli oneri che, normalmente, fanno capo a chi abbia la proprietà del bene, si deve, poi, riconoscere anche che (sempre in virtù del contratto) questa situazione si protrae del tutto invariata fino a quando l’utilizzatore mantiene presso di sé la disponibilità concreta dell’immobile.”
La Cassazione respinge anche la contestazione che l’utilizzatore, nel periodo compreso tra la risoluzione e la consegna, si trasformi da possessore a detentore; in realtà, sotto il profilo civilistico, già prima risultava essere detentore, quindi la risoluzione del contratto non apporterebbe alcuna modificazione giuridica alla posizione dell’utilizzatore stesso.
Va infine osservato che questa pronuncia non può essere letta come un cambio di pensiero, visto che i giudici non erano a conoscenza della precedente recente pronuncia di senso contrario (questo si capisce nella parte finale della sentenza dove, per decidere sull’addebito delle spese, si afferma l’assenza di precedenti pronunce sul tema).
Nella sostanza, si presentano due sentenze di analogo tenore, ma di segno diametralmente opposto.
Si auspica, pertanto, una presa di posizione dirimente delle Sezioni Unite.