26 Luglio 2019

Disapplicazione Cfc: ciò che rileva è il carico fiscale complessivo

di Marco Bargagli
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Come noto, la normativa prevista in materia di imprese estere controllate, conosciuta tra gli addetti ai lavori come Cfc legislation” prevede, al ricorrere di determinate condizioni, la tassazione per trasparenza in capo ai soggetti controllanti residenti in Italia dei redditi prodotti all’estero dalle imprese del Gruppo multinazionale.

In merito giova ricordare che, per effetto delle modifiche recentemente introdotte dal D.Lgs. 142/2018, dal 2019 la disciplina prevista in materia di imprese estere controllate si applica sulla base di una duplice condizione pregiudiziale di accesso (ex articolo 167, comma 4, Tuir), che riguarda i soggetti controllati esteri quando gli stessi:

  • sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
  • oltre un terzo dei proventi realizzati oltre frontiera rientra in una o più delle seguenti categorie:

1)  interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;

2)  canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;

3)  dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;

4)  redditi da leasing finanziario;

5)  redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;

6) proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;

7)  proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.

Ciò detto, il legislatore ha previsto la possibilità di disapplicare la tassazione per trasparenza Cfc sulla base della rilevanza di specifiche esimenti che, nel corso degli anni, hanno subìto importanti modifiche.

In particolare:

  • a partire dal 2019 l’imposizione dei redditi esteri non si applica qualora il soggetto residente in Italia dimostri agli organi dell’Amministrazione finanziaria, nel corso della verifica fiscale o altra attività amministrativa di controllo, che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;
  • sino al 31.12.2018, le regole Cfc “paradisiache” non si applicavano qualora il soggetto controllante residente in Italia avesse dimostrato, alternativamente, che: la società o altro ente non residente svolgeva un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di insediamento; dalle partecipazioni non conseguiva l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Di contro, le disposizioni in tema di Cfc white list (ex articolo 167, comma 8-bis, Tuir), in vigore sino al 31.12.2018, non si applicavano qualora il soggetto residente avesse dimostrato che l’insediamento all’estero non rappresentava una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

Proprio con riferimento alla rilevanza delle esimenti previste dalla normativa di riferimento sopra illustrata l’Agenzia delle entrate, con la risposta all’istanza di interpello n. 254 del 17.07.2019 ha fornito, in chiave interpretativa, interessanti chiarimenti.

Il caso prospettato riguardava una persona fisica, proprietaria di una società partecipata estera, che aveva richiesto la disapplicazione della normativa Cfc con l’intento di dimostrare:

  • la congruità del carico fiscale scontato nello Stato estero rispetto alla tassazione domestica italiana;
  • la sistematica distribuzione, verso l’Italia, dell’utile della partecipata estera.

In merito, l’Agenzia delle entrate ha precisato che l’esimente prevista dall’articolo 167, comma 5, lett. b), Tuir, nella versione in vigore sino al 31.12.2018, può essere soddisfatta anche dimostrando che l’investimento non ha dato origine a un significativo risparmio d’imposta, valorizzando a tal fine il carico fiscale complessivamente gravante sui redditi della Cfc.

Infatti, ai fini del calcolo del tax rate effettivo, occorre considerare il livello impositivo complessivo subito dal reddito della società estera partecipata, a prescindere dal luogo in cui il reddito si considera prodotto e dallo Stato (o dagli Stati) in cui avviene detta tassazione, nonché tenendo conto del prelievo subìto dai diversi soggetti del gruppo societario, includendo anche l’imposizione sui dividendi distribuiti ai soci non residenti (cfr. Agenzia delle entrate, circolare 51/E/2010, par. 4).

In buona sostanza, nel caso considerato, il contribuente ha fornito idonea dimostrazione della congruità del carico fiscale scontato nello Stato Estero rispetto alla tassazione domestica italiana, sia con riferimento al periodo d’imposta 2016, che con riguardo al periodo d’imposta 2017.

In definitiva, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che l’effetto di localizzare i redditi in paesi a fiscalità privilegiata è da escludere, sulla base dei seguenti elementi:

  • calcolo della congruità del livello di tassazione rispetto a quello domestico subita dalla partecipata Alfa (ex articolo 167, comma 5, lett. b, Tuir);
  • bilanci della partecipata estera relativi agli esercizi dal 2013 al 2017;
  • revisioni contabili relative agli esercizi 2016-17;
  • copia delle dichiarazioni fiscali relative alle imposte denominate Iracis (“Impuesto a la renta actividades comerciales, industriales y de servicios”) e Iragro (“Impuesto a la renta de las actividades agropecuniarias”), per gli stessi esercizi;
  • versamenti relativi all’imposta Iragro per il 2016-17;
  • versamenti in acconto riferiti all’imposta Iracis per il 2016-17;
  • dichiarazioni relative all’addizionale Iracis per le distribuzioni di dividendi dal 2012;
  • versamenti dell’addizionale dovuta sull’utile prodotto nello Stato Estero dalla controllata estera;
  • versamenti delle ritenute in uscita scontate dai soci in sede di distribuzione dei dividendi;
  • delibere di distribuzione dei dividendi adottate dalla partecipata Alfa per gli esercizi in esame.
La fiscalità internazionale in pratica