Gli immobili nel reddito di lavoro autonomo – II° parte
di Alessandro BonuzziNel precedente contributo, rappresentante la I° parte di un’analisi a 360 gradi della disciplina relativa al trattamento fiscale degli immobili relativi all’esercizio di arti e professioni, sulla base dei chiarimenti forniti dalla Fondazione Nazionale Commercialisti con il Documento di ricerca dello scorso 25 luglio, è stata trattata la fiscalità degli ammortamenti e dei canoni di leasing.
Il presente articolo si occupa, invece, degli aspetti legati alla deducibilità delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione, nonché inerenti la rilevanza fiscale della plusvalenza o minusvalenza derivante dalla cessione dell’immobile, sempre sulla scorta del contenuto del citato elaborato della FNC.
In tema di deducibilità dal reddito di lavoro autonomo delle spese relative al mantenimento degli immobili strumentali all’attività, occorre distinguere tra spese incrementative e non incrementative.
Per quanto riguarda queste ultime, dovendo intendersi per tali le spese non imputabili ad incremento del fabbricato, l’articolo 54, comma 2, Tuir prevede espressamente che sono deducibili, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, così come risultanti all’inizio del periodo d’imposta dal registro dei beni ammortizzabili; l’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi.
Le spese incrementative, che, determinando un incremento della capacità produttiva del fabbricato o incrementandone la vita utile, vanno imputate ad incremento del costo fiscale dell’immobile, sono deducibili sotto forma di maggiori quote di ammortamento.
Tuttavia, se tale trattamento rappresenta quello sicuramente applicabile con riferimento ai fabbricati ammortizzabili, poiché acquistati nel triennio 2007-2009 oppure fino al 14.6.1990, non è chiaro il regime di deducibilità da destinare alle spese incrementative riferite a immobili strumentali non ammortizzabili, ossia per i quali non è riconosciuta la deducibilità delle connesse quote di ammortamento.
In pratica, quindi, il riferimento è agli immobili acquistati dal 15.6.1990 al 31.12.2006 e a partire dal 2010, nonché, aggiunge il Documento, agli “immobili acquisiti in successione o donazione ovvero ancora agli immobili di terzi detenuti in locazione, anche finanziaria, o comodato”. Al riguardo è necessario distinguere a seconda di quando e come si è perfezionato il possesso del fabbricato, nonché è avvenuto il sostenimento della spesa:
- le spese di manutenzione incrementative sostenute dall’1.1.2007 su immobili acquistati dal 15.6.1990 al 31.12.2006 sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei 4 successivi, in base alla disciplina previgente contenuta nel comma 2 dell’articolo 54 Tuir (circolare 47/E/2008);
- le spese di manutenzione incrementative sostenute su immobili strumentali acquisiti a titolo gratuito o condotti in locazione o comodato sono deducibili, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, così come risultanti all’inizio del periodo d’imposta dal registro dei beni ammortizzabili; l’eventuale eccedenza è deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi (risoluzione 99/E/2009);
- le spese di manutenzione incrementative sostenute su immobili acquistati dal 2010 dovrebbero essere deducibili, secondo un’interpretazione di ordine sistematico, sempre nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, così come risultanti all’inizio del periodo d’imposta dal registro dei beni ammortizzabili; l’eventuale eccedenza sarebbe deducibile in quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi. Tuttavia, osserva la Fondazione, se, per gli immobili acquistati dal 2014, si volesse sostenere la deducibilità delle quote di ammortamento, in ragione del principio di equivalenza tra l’acquisito in proprietà e in leasing, andando contro il pensiero dell’Agenzia delle entrate, le spese sarebbero deducibili sotto forma di maggiori quote di ammortamento.
Per quanto concerne gli immobili ad uso promiscuo, le relative spese non incrementative di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione sono deducibili in misura pari al 50%.
Infine, sulla disciplina relativa alle plusvalenze e minusvalenze derivanti dal realizzo degli immobili nell’ambito del reddito di lavoro autonomo di cui ai commi 1-bis e 1-bis.1 dell’articolo 54 Tuir, il Documento di ricerca afferma che:
- la cessione di immobili strumentali acquisiti nel triennio 2007-2009 è idonea a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili, così come l’autoconsumo ma solo in caso di emersione di un plusvalore;
- le istruzioni al quadro RE del modello Redditi 2019 hanno, invece, definitivamente chiarito che le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dal realizzo di immobili strumentali acquisiti dal 2010 non hanno rilevanza fiscale;
- la cessione o l’autoconsumo di immobili ad uso promiscuo non assumono rilevanza ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo.