8 Agosto 2019

Truffa ai danni della società: trattamento fiscale

di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365
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A seguito di una truffa subita la società può emettere una nota di variazione, per recuperare l’Iva versata, a decorrere dalla data di irrevocabilità della sentenza che ha accertato la truffa e al più tardi con la dichiarazione relativa allo stesso anno. Ai fini Ires e Irap l’utilizzo del fondo (il cui accantonamento era stato ripreso a tassazione) determina la possibilità di operare una variazione in diminuzione nel periodo d’imposta in cui avviene. È questo, in estrema sintesi, il contenuto della risposta all’istanza di interpello n. 331 del 07.08.2019.

Il caso riguarda una società che aveva ricevuto una serie di ordini dal dipendente di un’altra impresa, il quale, però, pur agendo in nome e per conto dell’impresa stessa, dopo aver ricevuto la merce, la rivendeva in nero a soggetti terzi.

La società istante emetteva quindi le fatture alla società il cui nome era stato speso nell’ambito dei rapporti di compravendita e rilevava conseguentemente dei crediti in bilancio. Sennonché, successivamente, vedeva ovviamente contestarsi tutte le fatture.

La società promuoveva sia un’azione penale, sia un’azione civile, rilevando tuttavia che il patrimonio sul quale soddisfarsi era incapiente.

Si rivolgeva pertanto all’Agenzia delle entrate per conoscere il trattamento ai fini Iva e Ires delle somme oggetto di fatturazione.

Con riferimento ai profili Iva, l’Agenzia delle entrate ha ricordato che la possibilità di effettuare la rettifica dell’imposta, dopo l’emissione e la registrazione di una fattura attiva, è disciplinata dall’articolo 26 D.P.R. 633/1972, il quale riconosce il diritto del cedente di portare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione quando l’operazione viene meno in tutto o in partein conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili” nonché “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.

Potendo la fattispecie in esame essere ricondotta ai vizi genetici del rapporto, tra i quali possono essere richiamati la nullità, l’annullabilità e “simili”, la società truffata può emettere una nota di variazione ai sensi dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972.

Due aspetti vengono però sottolineati nell’ambito della risposta all’istanza di interpello.

In primo luogo viene ricordato che la Corte di Giustizia, con riferimento ad un analogo caso di truffa, ha affermato che il diritto alla rettifica sopra richiamato “potrà tuttavia essere negato al suddetto acquirente qualora si accerti, alla luce di elementi oggettivi, che (…) egli sapeva o non poteva ragionevolmente ignorare che la realizzazione di tale cessione era incerta” (sentenza 31.05.2018, cause riunite C660/16 e C-661/16, punti 49, 51 e dispositivo).

La possibilità di recuperare l’Iva erroneamente versata è quindi subordinata al presupposto che la Società, al momento dell’emissione delle fatture attive, non sapeva o non poteva ragionevolmente sapere che tale cessione era da considerare nulla perché oggetto di frode da parte del suo agente, e tale condizione deve essere accertata sulla base di elementi oggettivi.

Inoltre si ricorda che le disposizioni di cui all’articolo 26 D.P.R. 633/1972 devono esser coordinate con le previsioni di cui all’articolo 19 dello stesso decreto, in forza del quale la detrazione dell’imposta può essere effettuata “al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.

Pertanto, nel caso prospettato, il dies a quo coincide con l’irrevocabilità della sentenza che ha accertato la truffa (ovvero il 5 settembre 2017), essendo invece irrilevanti tutti i successivi eventi che hanno caratterizzato la vicenda.

L’Agenzia delle entrate chiarisce dunque che “ferma l’impossibilità di presentare una dichiarazione integrativa Iva a favore ai sensi dell’articolo 8, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 (si veda, sul punto, la risposta ad interpello n. 55 del 2019 pubblicata lo scorso febbraio sul sito istituzionale dell’Agenzia), per recuperare l’imposta a suo tempo versata, l’Istante può avvalersi dell’articolo 30-ter del decreto Iva”.

La società, secondo l’interpretazione offerta dall’Agenzia delle entrate, dovrà quindi richiedere, entro il 5 settembre 2019, la restituzione dell’imposta versata e non dovuta.

Diverso trattamento deve essere invece riservato alle somme dovute dallo stesso agente, il quale, non solo aveva acquistato merce in nome e per conto della società per la quale lavorava, ma aveva anche acquistato merci per proprio conto senza effettuare il pagamento degli importi dovuti.

Con riferimento a queste ultime somme, essendo stata esperita azione esecutiva mobiliare, il termine per l’emissione delle note di variazione in diminuzione decorre “quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità”.

Essendo il pignoramento in questione risalente al maggio 2019, da questa data è possibile per la Società procedere all’emissione delle note di variazione con successiva e conseguente detrazione dell’imposta.

Per quanto riguarda, infine, le imposte dirette:

  • l’utilizzo del fondo accantonato determina la possibilità di operare una variazione in diminuzione ai fini Ires nel periodo d’imposta in cui avviene,
  • sempre nel periodo d’imposta in cui avviene l’utilizzo del fondo le somme sono deducibili ai fini Irap.
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