18 Ottobre 2019

L’impugnazione del diniego di autotutela in caso di accertamento definitivo

di Angelo Ginex
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Per autotutela si intende il potere-dovere dell’Amministrazione finanziaria di procedere, d’ufficio o su iniziativa del contribuente, al ritiro della pretesa fiscale, annullando propri atti riconosciuti illegittimi o infondati.

Spesso accade che, a fronte di una simile istanza da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria recapiti un provvedimento di diniego, la cui impugnazione, però, non trova unanimi consensi.

La questione si complica irrimediabilmente ove il gravame in parola interessi un avviso di accertamento divenuto definitivo.

In tal caso, infatti, è stato affermato che l’impugnazione del diniego di autotutela sarebbe preclusa dalla definitività dell’atto e dalla conseguente cristallizzazione della pretesa tributaria.

Le Sezioni Unite, sin dalla sentenza n. 2870/2009, avevano statuito che: «non è sicuramente esperibile una autonoma tutela giurisdizionale, sia per la discrezionalità propria, in questo caso, dell’attività di autotutela, sia perché, diversamente opinando, si darebbe inammissibilmente ingresso ad una controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo».

Successivamente, la Corte di Cassazione con sentenza n. 10020/2012, nel ribadire tale orientamento, ha precisato che il contribuente, richiedendo all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto.

Nondimeno, avverso il diniego di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto stesso e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria, dacché l’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria manifesta il rifiuto di ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo, stante la relativa discrezionalità, non è suscettibile di essere impugnato innanzi alle Commissioni tributarie.

Tale indirizzo interpretativo è stato poi condiviso sia dal Consiglio di Stato con sentenza n. 8/2017, sia dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 181/2017, ove è stato osservato che l’atto di autotutela deve sempre dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione.

Più recentemente, la Suprema Corte con ordinanza n. 21146/2018 ha ribadito che nel processo tributario il sindacato sull’atto di diniego di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente.

In tale contesto, si inserisce, da ultimo, la sentenza n. 24032 del 26 settembre 2019, con cui la Corte di Cassazione, consolidando il filone interpretativo in materia, ha affermato che il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto tributario divenuto definitivo è consentito, ma nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto, originarie o sopravvenute.

Al contrario, deve escludersi che possa essere accolta l’impugnazione dell’atto di diniego proposta dal contribuente il quale contesti vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto far valere, per tutelare un interesse proprio, in sede di impugnazione prima che divenisse definitivo.

Dunque, appare evidente come, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale intervenuto in materia, il sindacato giurisdizionale sul diniego di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’Amministrazione, in relazione ad un interesse generale che giustifichi l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo.

In definitiva, fermo restando che è sempre da preferire l’impugnazione dell’atto impositivo, è d’uopo sapere che, laddove si evidenzino ragioni di rilevante interesse generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto impositivo, è ammissibile l’impugnazione del diniego di autotutela diretta a far valere esclusivamente motivi di illegittimità del rifiuto stesso, che rimane pur sempre un’attività discrezionale, restando preclusa invece qualsivoglia contestazione in merito all’accertamento definitivo.

Il processo tributario