22 Ottobre 2019

Reimportazione di beni lavorati: come evitare la doppia imposizione Iva

di Clara PolletSimone Dimitri
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La scheda di FISCOPRATICO

Le prestazioni di servizi su beni effettuate in un Paese extracomunitario richiedono la verifica del momento di effettuazione dell’operazione ai fini Iva per il corretto assolvimento da parte del committente nazionale.

Le prestazioni di servizi “generiche” di cui all’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972, per le quali non sono previste specifiche deroghe ai criteri di territorialità, rese da soggetti passivi stabiliti all’estero nei confronti di soggetti passivi stabiliti in Italia, si considerano territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato (cd. criterio del luogo del committente previsto dall’articolo 44 della Direttiva IVA, come modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2010, dall’articolo 2, n. 1), Dir. 12 febbraio 2008, n. 2008/8/CE).

Nel caso in cui la prestazione venga resa da un prestatore extracomunitario occorre pertanto procedere con l’assolvimento dell’Iva mediante autofatturazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, cartacea (o elettronica su scelta del contribuente) entro il giorno 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione ai fini Iva; la registrazione deve avvenire con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.

L’effettuazione ai fini Iva delle prestazioni di servizi generiche ricevute da soggetti extracomunitari, coincide con il momento in cui le prestazioni sono ultimate, ovvero se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi. In ogni caso, se prima di questi momenti si verifica il pagamento la prestazione si intende effettuata alla data del pagamento.

Quando i beni arrivano in dogana per essere reimportati al termine della prestazione di servizi di lavorazione, trasformazione o riparazione (c.d. “regime di perfezionamento passivo” o “esportazioni temporanee”) quale trattamento è da riservare ai fini Iva?

Si definiscono operazioni di perfezionamento (articolo 5, Regolamento Ue n. 952/2013) le seguenti: “a) la lavorazione di merci, compresi il loro montaggio, il loro assemblaggio e il loro adattamento ad altre merci; b) la trasformazione di merci; c) la distruzione di merci; d) la riparazione di merci, compresi il loro riattamento e la loro messa a punto; e) l’utilizzazione di merci che non si ritrovano nei prodotti trasformati, ma che ne permettono o facilitano l’ottenimento, anche se scompaiono totalmente o parzialmente nel processo di trasformazione (accessori per la produzione).”

L’imposta è applicata in dogana, a norma dell’articolo 69 D.P.R. 633/1972, sul valore dei beni importati determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato dell’ammontare dei diritti doganali dovuti, nonché dell’ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all’interno del territorio della Comunità, che figura sul documento di trasporto sotto la cui scorta i beni sono introdotti nel territorio medesimo.

Dal momento che l’Iva dovrebbe essere stata già applicata tramite l’autofattura sul servizio, al fine di evitare effetti distorsivi, il committente, al momento della reimportazione, potrà fornire prova documentale per dimostrare l’avvenuto adempimento e, in tal caso, dall’Iva calcolata in dogana dovrà essere sottratta l’imposta già assolta per effetto dell’autofatturazione. In tal modo, l’Amministrazione ha la certezza che, in caso di mancato rientro del bene nel Paese, l’imposta sul servizio in questione venga sempre assolta.

Diversamente, nel caso in cui l’avvenuto assolvimento dell’Iva non possa essere dimostrato, può continuare ad essere applicata la procedura che prevede la liquidazione e l’assolvimento dell’Iva in dogana, all’atto della reimportazione. Per le prestazioni di lavorazione territorialmente rilevanti in Italia, quindi, dovrà in ogni caso essere emessa l’autofattura da parte del committente nazionale, che in luogo dell’applicazione dell’imposta indicherà la dizione “Iva assolta in dogana con documento doganale n XY” (circolare 37/E/2011).

La procedura è idonea a risolvere il problema di una eventuale doppia imposizione Iva anche con riferimento ad altre operazioni di natura doganale come, ad esempio, l’esportazione definitiva della merce al fine di una lavorazione/trasformazione in territorio extra-UE, senza trasferimento della proprietà, sulla scorta di una lista valorizzata ovvero di un documento di trasporto o di consegna – operazione non valida ai fini dell’articolo 8 del D.P.R. 633/1972 – e successiva importazione nella Comunità.

Per l’espletamento delle formalità doganali di importazione di merce, precedentemente sottoposta a lavorazione/trasformazione in territorio extra-UE, la dichiarazione doganale deve essere compilata come segue:

  • la liquidazione dell’Iva deve avvenire nei modi ordinari ai sensi dell’articolo 69 D.P.R. 633/1972 ed il relativo ammontare deve essere indicato nella casella 47 del DAU, utilizzando il codice tributo 405 (imposta sul valore aggiunto relativa alle importazioni);
  • dall’ammontare a debito così determinato deve essere stornato l’ammontare dell’Iva relativa alla prestazione di lavorazione già assolta dal committente con il meccanismo del reverse charge, utilizzando a tal fine il codice tributo 407 da indicare nella casella 47 del DAU;
  • inoltre, nella casella 44 del DAU devono essere indicati gli estremi del documento presentato in dogana (autofattura) che attesta l’avvenuto assolvimento dell’Iva sulla prestazione di lavorazione (Nota 54819/D/2011).
Iva nazionale ed estera