13 Novembre 2019

Quali sono le sanzioni in caso di esterovestizione societaria?

di Marco Bargagli
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La scheda di FISCOPRATICO

A livello domestico l’articolo 73, comma 3, Tuir prevede che le società, gli enti ed i trust sono considerati residenti in Italia quando, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni), hanno alternativamente la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

Al fine di contrastare la delocalizzazione fittizia della residenza fiscale, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico una presunzione legale relativa, al ricorrere della quale il contribuente deve fornire al Fisco idonea prova e, simmetricamente, dimostrare di aver mantenuto la sede dell’amministrazione all’estero.

In particolare, per espressa disposizione normativa (ex articolo 73, comma 5-bis, Tuir) è previsto che, “salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:

  • sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
  • sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato.

Quindi, qualora la legal entity estera non fornisca la pertinente prova contraria, la stessa sarà considerata residente nel territorio dello Stato e sarà quindi soggetta a tutti gli obblighi strumentali e sostanziali che l’ordinamento prevede per le società e gli enti residenti in Italia (ai fini Ires, Irap e Iva).

A livello internazionale, onde prevenire fenomeni di doppia imposizione nei casi di dual residence, l’articolo 4, paragrafo 3, del modello Ocse di Convenzione prevede che, nell’ipotesi in cui una società sia considerata residente in due diversi Stati, la residenza fiscale della persona giuridica debba essere individuata sulla base di un accordo tra le autorità competenti (denominato mutual agreement), che deve tenere conto del luogo di direzione effettiva, del luogo di costituzione e di ogni altro fattore rilevante.

Delineato l’ambito giuridico di riferimento, occorre domandarci quali siano le conseguenze sanzionatorie nella particolare ipotesi di esterovestizione.

A livello amministrativo, saranno constatate le seguenti violazioni:

Ai fini penali tributari occorre invece valutare attentamente l’eventuale rilevanza della fattispecie delittuosa prevista e punita dall’articolo 5 D.Lgs. 74/2000, soprattutto qualora l’esterovestizione venga qualificata come un “fenomeno evasivo”.

Infatti, come noto, in caso di elusione fiscale o abuso del diritto è prevista ex lege l’irrilevanza penale delle situazioni constatate ai fini fiscali.

In merito, come osservato dalla prassi operativa, l’antigiuridicità del comportamento – sotto il profilo fiscale – consiste proprio nel fatto che, contrariamente a quanto formalmente dichiarato relativamente alla propria ubicazione, il soggetto risiede nel territorio dello Stato, sottraendosi così agli adempimenti richiesti dalla legislazione del Paese di appartenenza.

In queste ipotesi, la localizzazione della dimensione soggettiva si fonda su elementi dichiarativi connotati da falsità e quindi tutti i fenomeni di esterovestizione non possono, in nessun caso, essere ricondotti nell’ambito delle fattispecie elusive, ma rappresentano casi di evasione (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 1 “Le metodologie di controllo basate su prove presuntive”, pag. 23 e ss.).

Di conseguenza, seguendo la linea interpretativa riconducibile all’evasione fiscale e sulla base di un approccio più rigoroso, potrebbero anche essere applicate le sanzioni penali previste in tema di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

In merito, per effetto delle recenti modifiche apportate dal D.L. 124/2019, il novellato articolo 5 D.Lgs. 74/2000, prevede che è punito con la reclusione da due a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

Sul punto, si ricorda che non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

Il credito per le imposte estere e i casi del quadro RW