Esente da Iva anche l’esportazione con soggetto non identificato
di Davide Albonico“L’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 131 della direttiva 2006/112/CE, nonché i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che ostano a una prassi nazionale, consistente nel ritenere in tutti i casi che non si configuri una cessione di beni, ai sensi di questa prima disposizione, e nel negare di conseguenza il beneficio dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), qualora i beni interessati siano stati esportati fuori dell’Unione europea e, successivamente alla loro esportazione, le autorità tributarie abbiano constatato che l’acquirente dei medesimi beni era non già il soggetto menzionato nella fattura redatta dal soggetto passivo, bensì un ente diverso che non è stato identificato”.
Queste, in sintesi, le conclusioni a cui è giunta la Corte di Giustizia Europea – Decima sezione, che, con la sentenza del 17 ottobre 2019 – causa C‑653/18, è tornata ancora una volta a pronunciarsi sulle condizioni che gli Stati membri devono rispettare nel negare l’esenzione alle esportazioni.
Il caso trattato dalla Corte di Giustizia verte pertanto sull’interpretazione dei citati articoli 146 e 131 Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
Per una corretta ricostruzione della fattispecie occorre ricordare come, il citato articolo 146 elenca puntualmente le operazioni esentate dai singoli Stati membri ovvero, per quanto interessa la causa in oggetto:
- a) le cessioni di beni spediti o trasportati, dal venditore o per suo conto, fuori della Comunità;
- b) le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori della Comunità.
L’articolo 131 della stessa direttiva chiarisce poi che le esenzioni previste ai capi da 2 a 9 (tra le quali anche quella relativa all’articolo 146) si applicano, salvo le altre disposizioni comunitarie e alle condizioni che gli Stati membri stabiliscono per assicurare la corretta e semplice applicazione delle medesime esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso.
La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia sorta tra una società di diritto polacco e l’amministrazione fiscale di Varsavia, in merito a un diniego di esenzione dall’Iva relativo ad esportazioni di beni al di fuori dell’Unione europea.
In particolare, la contestazione riguarda alcune vendite del 2007 effettuate formalmente dalla società a due enti ucraini ma, nella sostanza, concluse con altri enti che non sono stati identificati. Per tale motivo l’amministrazione tributaria polacca, avendo accertato che uno dei due enti ucraini era una società di comodo finalizzata a occultare l’effettivo destinatario nonché a commettere una frode fiscale, ha contestato che tali vendite non potevano essere considerate esportazioni e che pertanto, non essendo avvenuta alcuna cessione di beni ai sensi della normativa interna, la società polacca non aveva il diritto di applicare l’aliquota Iva dello 0%, prevista da tale normativa.
La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, sfavorevole al contribuente, è stata impugnata dalla società polacca dinanzi alla Corte suprema amministrativa.
La Corte suprema amministrativa ha però deciso di sospendere il procedimento e di attendere il giudizio della Corte di giustizia europea sulle questioni pregiudiziali sottoposte.
La Corte, dopo aver chiarito che (i) l’esenzione di cui all’articolo 146 della direttiva è volta a garantire l’assoggettamento a imposta delle cessioni di beni interessate presso il luogo di destinazione di queste ultime, ossia il luogo in cui i prodotti saranno consumati; (ii) la nozione di “cessione di beni” ha un carattere obiettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi; giunge alla conclusione che operazioni come quelle oggetto del procedimento principale costituiscono cessioni di beni, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettere a) e b), Direttiva IVA, se soddisfano i criteri oggettivi sui quali è fondata la nozione in esame, non rilevando che l’acquirente non sia identificato.
Le condizioni eventualmente fissate dagli Stati membri, nell’esercizio dei loro poteri, in presenza delle quali essi esentano le operazioni di esportazione, per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso, devono in ogni caso rispettare il principio di proporzionalità, tale per cui una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nel caso in cui subordini essenzialmente il diritto all’esenzione dall’Iva al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali (a tal proposito, sentenze dell’8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C‑495/17, EU:C:2018:887, punto 38, e del 28 marzo 2019, Vinš, C‑275/18, EU:C:2019:265, punto 29).
Peraltro, qualora i requisiti sostanziali siano soddisfatti, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’Iva sia concessa anche se determinati requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi.
Questo, chiaramente, a condizione che il soggetto passivo non abbia partecipato intenzionalmente a una frode fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’Iva, ed abbia invece agito in buona fede adottando tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una frode fiscale.