Treaty shopping: i recenti chiarimenti in tema di beneficiario effettivo
di Marco BargagliIl fenomeno conosciuto tra gli addetti ai lavori come “treaty shopping” o abuso dei trattati internazionali, è un particolare meccanismo con il quale si vuole sfruttare, indebitamente, il regime fiscale agevolato previsto dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni o dalle Direttive comunitarie.
L’intento elusivo viene conseguito tramite l’artificiosa localizzazione di una struttura societaria (c.d. “conduit company”) nel Paese che ha aderito al trattato internazionale, affinché tale soggetto economico diventi funzionale alla fruizione delle agevolazioni previste dal trattato, diversamente non accessibili.
Per contrastare eventuali fenomeni di “aggressive tax planning” transnazionale, gli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni sui redditi e talune direttive comunitarie contengono una specifica clausola antiabuso, denominata “beneficiario effettivo” o “beneficial owner”, rilevabile negli articoli 10, 11 e 12 del modello di convenzione internazionale.
Sul punto, anche la prassi operativa ha confermato che la principale clausola antiabuso utilizzata per arginare l’utilizzo distorto dei trattati internazionali e delle Direttive europee e garantire la tutela degli interessi erariali degli Stati è proprio rappresentata dall’introduzione, nel Modello Ocse e, successivamente, nella disciplina unionale, del concetto di “beneficiario effettivo”, locuzione inserita allo scopo di garantire che “il soggetto percettore del reddito coincidesse con il reale percettore del reddito” e evitare la presenza di soggetti interposti che rappresentino uno “schermo” rispetto al destinatario reale del reddito (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume III – parte V – capitolo 11 “Il contrasto all’evasione e alle frodi fiscali di rilievo internazionale”, pag. 336 e ss.).
In buona sostanza, il percettore estero dei flussi reddituali (es. dividendi, interessi e royalties) non deve operare come mero soggetto interposto, ma deve essere il reale beneficiario dei redditi provenienti dall’Italia.
Conformemente, il commentario al modello di convenzione Ocse prevede che è considerato beneficiario effettivo il percettore dei redditi che gode del semplice diritto di utilizzo dei flussi reddituali (“right to use and enjoy”) e non sia, conseguentemente, obbligato a retrocedere gli stessi ad altro soggetto, sulla base di obbligazioni contrattuali o legali, desumibili anche in via di fatto (“unconstrained by a contractual or legal obligation to pass on the payment received to another person”).
In merito, la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 24551/2019 pubblicata in data 2 ottobre 2019, ha confermato la legittimità del rimborso della ritenuta alla fonte richiesta da parte di un soggetto non residente il quale, evidentemente, aveva i necessari requisiti richiesti dalla normativa fiscale internazionale.
Nel caso risolto in apicibus dagli ermellini, una società di diritto italiano versava alla propria controllante olandese un determinato importo a titolo di distribuzione dei dividendi.
Sulle somme erogate veniva inizialmente operata la ritenuta alla fonte del 5% (ai sensi dell’articolo 10, paragrafo n. 2, lett. a, sub-paragrafo (i)), della Convenzione bilaterale stipulata tra la Repubblica Italiana e il Regno dei Paesi Bassi del 18 maggio 1990 (ratificata con la L. 305/1993).
Successivamente, ritenendo che risultasse applicabile il regime di esenzione da ritenuta previsto dall’articolo 27-bis D.P.R. 600/1973, la casa madre olandese presentava all’Amministrazione finanziaria italiana formale istanza volta a conseguire il rimborso delle ritenute subite.
In merito, si ricorda i dividendi erogati nei confronti di un soggetto non residente sono soggetti ad un duplice trattamento fiscale:
- il regime del rimborso, in base al quale il soggetto residente che eroga i flussi reddituali opera la ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura indicata nell’articolo 27, comma 3-ter, D.P.R. 600/1973 (1,20%). In tale prima ipotesi, il soggetto controllante non residente, che ha percepito i dividendi, potrà richiedere il rimborso della ritenuta subita;
- il regime dell’esenzione ex articolo 27-bis, comma 3, D.P.R. 600/1973: in tale secondo caso il soggetto residente, alle condizioni previste per l’applicazione della direttiva madre-figlia (n. 90/435/CE), su richiesta del soggetto non residente, può azzerare l’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo di imposta.
Ciò posto la suprema Corte di cassazione, sconfessando di fatto l’orientamento precedentemente espresso da parte della Commissione Tributaria Regionale di Torino, ha accolto la tesi della società ricorrente che ha dimostrato di possedere i requisiti richiesti per il rimborso della ritenuta.
In particolare, la società ha esibito la documentazione con la quale la competente autorità fiscale olandese, in merito alla citata distribuzione di dividendi da parte della controllata italiana, certificava che:“la richiedente non ha beneficiato di alcun credito d’imposta per le imposte eventualmente assolte all’estero su tali dividendi in quanto il regime fiscale olandese non prevede alcun credito d’imposta su qualsivoglia dividendo percepito in relazione a partecipazioni detenute in controllate italiane“.
In conclusione, a parere dei giudici di piazza Cavour, la prova in questione appare effettivamente rilevante, e la valutazione operata dalla impugnata Commissione Tributaria regionale risulta parziale, se non addirittura lacunosa, in quanto il giudice del rinvio non ha avuto cura di “dare contezza delle ragioni per cui, nonostante la documentazione versata in causa, abbia ritenuto di non accordare il preteso diritto al rimborso della ritenuta per cui è causa”.