2 Dicembre 2019

Canoni di locazione da non dichiarare dopo lo sfratto

di Alessandro Bonuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Uno dei principi cardine della disciplina del reddito d’impresa è il criterio di competenza, secondo cui i componenti positivi e negativi di reddito concorrono a formarlo per maturazione.

Tale regola trova applicazione anche per i contratti continuativi, come lo sono i contratti di locazione, i cui corrispettivi si considerano conseguiti, appunto, alla data di maturazione, indipendentemente dall’avvenuto incasso (ex articolo 109, comma 2, lett. b, Tuir).

Sovente per le imprese si pone dunque il problema di dover dichiarare, e quindi tassare, canoni di locazione attivi spettanti, ma non effettivamente riscossi, generando così uno sbilancio finanziario pericoloso.

Per fronteggiare la questione può tornare utile l’ordinanza n. 30372 del 21 novembre 2019 della Corte di Cassazione.

La vicenda oggetto della pronuncia trae origine da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle entrate che recuperava a tassazione Irpeg (l’attuale Ires) e Irap, dell’annualità 2002, ricavi di competenza relativi a canoni non dichiarati.

La società, nel ricorso presentato, adduceva a sua difesa che il contratto era cessato già nel 2001 a causa dell’inadempimento del conduttore, secondo quanto stabilito dalla convalida di sfratto per morosità pronunciata dal Tribunale di Roma il 15 ottobre 2002, e che pertanto i canoni contestati non dovevano essere dichiarati.

La CTP di Roma accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, affermando che, siccome gli effetti del contratto di locazione erano cessati anticipatamente a seguito della convalida di sfratto, la società non doveva dal quel giorno versare più alcuna imposta sui relativi canoni.

L’Agenzia delle entrate, dunque, proponeva appello che la CTR competente accoglieva rilevando che:

  • i canoni di locazione, relativi all’attività d’impresa della società, non costituivano redditi fondiari ex articolo 26 Tuir, che si riferisce ai canoni di locazione di immobili ad uso abitativo, rappresentando invece una componente attiva del reddito di impresa, da considerarsi conseguita alla data di maturazione del corrispettivo;
  • i canoni di locazione dovevano essere iscritti in bilancio alla loro maturazione annuale, indipendentemente dagli accordi intercorsi tra le parti per un pagamento anticipato o posticipato;
  • il mancato conseguimento dei ricavi, per effetto della risoluzione anticipata del contratto di locazione, poteva essere dedotto come sopravvenienza passiva, ex articolo 101, comma 4, Tuir, o come perdita su crediti, ai sensi del comma 5, della stessa norma, ferma la considerazione che, vista la particolarità della fattispecie concreta, non si poteva sostenere che fosse stata raggiunta la prova della “effettività” della perdita.

Il contribuente, a questo punto, proponeva ricorso per cassazione denunciando che la CTR aveva trascurato la convalida di sfratto che aveva risolto il contratto di locazione con effetto:

  • dal mese di maggio 2002, siccome lo sfratto riguardava i mesi partire da maggio, oppure,
  • al più tardi, dal mese di agosto dello stesso anno, data di notifica dello sfratto.

Quindi, al massimo, l’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto contestare l’irregolare tenuta delle scritture contabili, per l’omessa contabilizzazione dei canoni maturati dopo lo sfratto, ma non effettuare il recupero fiscale di tali ricavi non incassati.

L’ordinanza della Cassazione in commento accoglie, sebbene con limiti, le ragioni del contribuente stabilendo che:

  • fino alla data del 15 ottobre 2002, i canoni dovevano essere iscritti nel bilancio della società locatrice e dichiarati, salva la loro deduzione come sopravvenienze passive o, in caso di ricorrenza dei relativi presupposti, come perdite su crediti;
  • dopo il 15 ottobre 2002, con la risoluzione del contratto di locazione dichiarata con l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità, non è maturato più alcun canone e quindi alcun ricavo imponibile.

Alla luce di ciò, l’ordinanza prevede espressamente che la CTR del Lazio, nel riesaminare la controversia, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “in tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi percepiti e costituiscono reddito tassabile, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, articolo 109, comma 2, lettera b), alla data di maturazione dei medesimi e fino alla risoluzione del contratto o fino alla convalida di sfratto per morosità”.

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