17 Dicembre 2019

La rinuncia del credito da parte dell’ex socio

di Alessandro Bonuzzi
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La scheda di FISCOPRATICO

Succede spesso che i soci, resisi conto della difficoltà finanziaria della società, immettano nella casse sociali del denaro in modo da garantire la normale prosecuzione dell’attività, evitando di far ricorso all’indebitamento.

In questi casi i soci possono versare il denaro a titolo di versamento a fondo perduto oppure a titolo di finanziamento. Il versamento a fondo perduto non presuppone la restituzione delle somme versate, tantoché ai fini contabili viene rilevato come riserva (di capitale) di patrimonio netto. Siccome l’apporto, una volta effettuato, si “disperde” nel patrimonio sociale senza che il socio possa poi avanzare alcun diritto su quanto versato, è sempre bene che, nella generalità dei casi, venga effettuato dai soci in proporzione alla rispettiva quota di capitale sociale detenuta.

Diversamente, il finanziamento presuppone il rimborso da parte della società in favore dei soci; esso, quindi, rappresenta a tutti gli effetti un debito della società verso i propri soci, i quali, simmetricamente, vantano un credito nei confronti della propria società.

Il finanziamento dei soci può essere convertito in un versamento a fondo perduto a seguito di rinuncia alla restituzione delle somme e, quindi, del credito verso la società. In particolare, la rinuncia del credito determina, per la società, la cancellazione del debito a fronte della rilevazione della somma nel patrimonio netto; in altri termini, il debito si “tramuta” in una riserva di capitale.

Ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 88 Tuir, la rinuncia del socio al credito verso la società è tassata in capo alla stessa solo per l’eccedenza rispetto al relativo valore fiscale.

Il valore fiscale del credito rinunciato deve essere comunicato dal socio alla società con dichiarazione sostitutiva di atto notorio; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito si deve assumere pari a zero, con conseguente integrale tassazione in capo alla società del debito cancellato.

Tuttavia, l’adempimento comunicativo non è necessario quando il socio è una persona fisica; in questo caso la rinuncia del socio è sempre detassata in capo alla società.

Potrebbe accadere che il socio, titolare di un credito verso la società per un finanziamento concesso anni prima alla stessa, ceda la propria quota a un terzo soggetto senza prima essere rimborsato o, comunque, senza prima rinunciare al proprio credito. In tal modo, dopo la cessione, l’ex socio mantiene una posizione creditoria verso la società e quest’ultima ha ancora in essere il debito verso l’oramai ex socio.

Se la rinuncia del credito fosse posta in essere da parte dell’ex socio e, quindi, intervenisse una volta perfezionatasi la cessione della quota, come dovrebbe essere trattato sotto il profilo fiscale il componente positivo emergente in capo alla società?

Difatti, la rinuncia del credito dell’ex socio determinerebbe in capo alla società, a fronte della cancellazione del debito, l’emersione di una sopravvenienza attiva, attesa l’impossibilità di rilevare l’accadimento nel patrimonio netto.

Il tema, quindi, riguarda l’imponibilità o meno di tale sopravvenienza attiva.

A sostengo dell’irrilevanza fiscale del componente positivo si potrebbe senz’altro sostenere che l’iscrizione originaria del debito verso il socio non ha comportato la deduzione di alcun costo; sicché, la detassazione della sopravvenienza attiva non determinerebbe alcun salto d’imposta.

Occorre tuttavia rilevare che una tale presa di posizione, sebbene in linea di principio assolutamente condivisibile, parrebbe non trovare riscontro nel dato letterale dell’articolo 88 Tuir, siccome, oltre a non poter godere la sopravvenienza così conseguita della “copertura” del comma 4-bis, dedicata ai soci, il comma 1 prevede che “Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di … passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi …, nonché la sopravvenuta insussistenzadi passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi“.

Insomma la questione si presenta controversa. Laddove possibile, dunque, si dovrebbe evitare di ingenerare una tale situazione, facendo il possibile affinché la rinuncia intervenga prima della fuoriuscita del socio creditore dalla compagine sociale.