I canoni di locazione a “scaletta”
di Leonardo PietrobonSempre più spesso le locazioni di immobili commerciali sono caratterizzate da accordi in base ai quali il canone di locazione viene stabilito in modo variabile, in funzione di uno o più elementi preventivamente individuati e concordati dalle parti contrattuali.
In tali ipotesi, si è in presenza del c.d. “canone di locazione a scaletta”, in cui il canone è sottoposto ad aumenti o diminuzioni, in base alle variabili pattuite, quali ad esempio:
- il fatturato annuale; l’ammontare delle spese necessarie per adeguare l’immobile oggetto della locazione;
- i giorni di apertura;
- ecc.
La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, si è più volte espressa sulla legittimità di tale previsione contrattuale, da ultimo con la sentenza n. 23986/2019 dell’11.7.2019 depositata il 26.9.2019, in cui è stata affermata (riconfermata) la liceità della disposizione contrattuale in commento.
Tuttavia, la sopra richiamata sentenza deve essere attentamente analizzata, in quanto ammette la possibilità, in capo alle parti contrattuali, di determinare liberamente il canone di locazione, anche prevedendo un aumento dello stesso, purché tale condizione sia pattuita al momento della conclusione del contratto di locazione e non nel corso dello stesso e salvo che le parti non abbiano in realtà voluto neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria, aggirando i limiti di cui all’articolo 32 L. 392/1978.
In particolare, dalla lettura della richiamata sentenza, il canone di locazione a scaletta è legittimo anche se la variazione (e la conseguente nuova determinazione) non è legata a elementi oggettivi e predeterminati, così come già indicato dalla stessa Corte di Cassazione con la sentenza n. 6474/2017.
La prima conclusione alla quale giunge la Corte di Cassazione è che all’atto dell’accordo iniziale, la pattuizione per le locazioni ad uso non abitativo di un canone variabile, ed anche crescente, di anno in anno, è da ritenere legittima (Cass. 23/02/2007, n. 4210; Cass. 24/08/2007, n. 17964; Cass. 08/05/2006, n. 10500), salvo che la medesima pattuizione costituisca un mero espediente per eludere le norme dell’articolo 32 L. 392/1978, circa l’adeguamento del canone nel corso del rapporto.
La seconda precisazione esposta dalla Corte di Cassazione con la sopra citata sentenza (n. 23986/2019 dell’11.7.2019) è che la tesi secondo cui il canone a scaletta è legittimo solo se legato ad elementi specifici deriva da un’errata interpretazione di due precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione, quali la n. 5349/2009 e la n. 6695/1987.
In particolare, con la sentenza meno recente (n. 6695/1987), la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il canone di locazione a scaletta nei casi di:
- aumento del canone mediante la sottoscrizione di nuovi contratti di locazione succedutosi nel tempo;
- determinazione differenziata del canone di locazione, in periodi differenti ma comunque all’interno della durata del medesimo contratto di locazione;
- aggiornamento del canone di locazione dovuto alla perdita di potere di acquisto della moneta, realizzatosi durante la sussistenza del medesimo contratto, ricordando che non si tratta di un nuovo “corrispettivo”, ma di un solo adeguamento.
Sulla base di tali indicazioni, si può quindi concludere che la L. 392/1978 non pone limiti alla libertà contrattuale delle parti di prevedere un incremento del canone, né tantomeno di prevedere un canone differente nel mentre di vigenza del contratto di locazione.
In altri termini, è ammesso il canone di locazione a scaletta con rate differenziate:
- sia mediante un differente importo di canone, differenziato nel corso della durata del contratto di locazione;
- sia mediante un differente importo di canone, determinato in funzione di specifici elementi predeterminati e diversi dall’adeguamento ISTAT.
Con riferimento al primo caso, l’esempio potrebbe essere riconducibile alla previsione di un canone di locazione pari a 100 per il periodo dall’1.01.2020 al 30.6.2020, e un canone di locazione diverso per il periodo dall’1.07.2020 al 30.9.2020.
Il secondo caso è, invece, riconducibile alla previsione di un canone legato all’ammontare del fatturato realizzato dal conduttore al 31.12. di ogni anno di durata del contratto di locazione.