Iva: appalti con reverse charge
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariL’inversione contabile ai fini Iva è estesa alle prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporto negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.
È quanto previsto dalla nuova lettera a-quinquies dell’articolo 17, comma 6, D.P.R. 633/1972, inserito dall’articolo 4, comma 3, D.L. 124/2019, evidenziando tuttavia, sin da subito, che l’efficacia di tale nuova ipotesi di reverse charge Iva è subordinata al rilascio di un’autorizzazione da parte del Consiglio Ue (come previsto dal successivo comma 4 dello stesso articolo 4).
Si ritiene interessante sottolineare che l’introduzione di questa nuova fattispecie di inversione contabile è contenuta nello stesso articolo 4 D.L. 124/2019, con cui sono state previste le nuove procedure di gestione delle ritenute relative ai lavoratori dipendenti impiegati nei contratti di appalto (commi 1 e 2) aventi le medesime caratteristiche previste per l’inversione contabile ai fini Iva.
Tuttavia, ad una più attenta lettura, si possono osservare alcune differenze di non poco conto nell’ambito applicativo delle due disposizioni.
In primo luogo, la disciplina relativa alle ritenute sui lavoratori dipendenti richiede che l’importo complessivo delle opere o dei servizi affidati all’impresa appaltatrice sia superiore ad euro 200.000 nell’arco di un anno, mentre, ai fini Iva, tale soglia non è prevista, con la conseguenza che l’inversione contabile potrà scattare anche in presenza di importi contrattuali minimi o comunque inferiori alla predetta soglia.
L’aspetto più interessante che differenzia le due ipotesi riguarda però l’ambito oggettivo, poiché, nel comma 1, ci si riferisce ad imprese che affidano il compimento di opere e servizi tramite contratti di appalto, subappalto e affidamento, mentre, nel comma 3 è previsto (in linea con le altre fattispecie di inversione contabile contenute nell’articolo 17 D.P.R. 633/1972) che si debba trattare di prestazioni di servizi effettuate tramite i predetti contratti.
Ora, pur essendo previsto, in entrambi i casi, che si debba rientrare nei contratti di appalto, subappalto ed affidamento per il compimento di opere o servizi, ai fini Iva sono da escludersi tutti quei contratti rientranti nella fattispecie di cessioni di beni con posa in opera, poiché, in tali casi, l’operazione è riconducibile alle cessioni di beni (articolo 2 D.P.R. 633/1972) e non alle prestazioni di servizi (articolo 3 D.P.R. 633/1972).
Tale differenza è stata confermata più volte dalla prassi dell’Agenzia delle entrate, anche con riferimento alle altre fattispecie di inversione contabile previste nel comma 6 dell’articolo 17 D.P.R. 633/1972.
La precisazione in questione non è contenuta nel comma 1 dello stesso articolo 4, ragion per cui, pur in presenza delle medesime fattispecie contrattuali, vi è da chiedersi se possano rientrare nei nuovi obblighi di controllo da parte del committente (in relazione agli obblighi di versamento delle ritenute) anche quei contratti che, ai fini Iva, non possano ricondursi alle prestazioni di servizi.
Sul punto, in attesa di opportuni chiarimenti da parte dell’Agenzia, si ritiene che, facendosi riferimento a contratti di appalto, subappalto, affidamento o “rapporti comunque denominati“, in tale ambito possano rientrare contratti non necessariamente ricadenti nelle prestazioni di servizi, ferma restando la presenza anche degli altri requisiti (prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi del committente ed utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo).
In tali casi, ai fini Iva, non si rende applicabile l’inversione contabile bensì sarà necessario applicare l’Iva con l’ordinario sistema della rivalsa.