Come computare i tempi di permanenza presso la sede del contribuente?
di Marco BargagliCome noto lo Statuto dei diritti del contribuente ha sancito particolari disposizioni che devono essere seguite dai funzionari dell’Amministrazione finanziaria nel corso di una verifica fiscale.
In particolare l’articolo 12 L. 212/2000, rubricato “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali”, prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche fiscali all’interno dei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali devono essere effettuati solo se ricorrono “effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo”.
A tal proposito possono essere riconducibili alle citate effettive esigenze di indagini e controllo sul luogo, quegli accertamenti materiali che richiedono necessariamente l’effettuazione di riscontri materiali presso la sede del contribuente quali, a titolo esemplificativo:
- l’accertamento contabile della cassa contante;
- il rilevamento del personale dipendente presente all’interno dei locali aziendali;
- l’acquisizione della documentazione extracontabile;
- il riscontro fisico dei beni aziendali iscritti tra i cespiti ammortizzabili.
Inoltre, il contribuente ha il diritto di essere informato circa le motivazioni che hanno determinato l’avvio del controllo fiscale, dell’oggetto delle attività che saranno effettuate, della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei diritti e degli obblighi che devono essere riconosciuti al soggetto passivo d’imposta in occasione della verifica fiscale.
Infine giova ricordare che, per espressa disposizione normativa, la permanenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio.
In merito, il periodo di permanenza presso la sede del contribuente, così come l’eventuale proroga, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, nelle particolari ipotesi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi.
Ciò posto è utile ricordare che, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini del computo dei giorni lavorativi devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente.
Tale orientamento trova conferma anche nella prassi operativa, significando che in relazione diritti e alle garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale occorre computare l’effettiva presenza dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del soggetto ispezionato, con esclusione di singoli ed episodici contatti connessi con adempimenti meramente procedurali quali, ad esempio, notifiche, prelevamento o riconsegna atti (cfr. Manuale in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali, circolare n. 1/2018 del Comando Generale della Guardia di Finanza volume II – parte III – capitolo 3 “Avvio, esecuzione e conclusione della verifica”, pag. 77 e ss.).
Infine, l’eventuale violazione dei termini di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente non comporta la nullità dell’accertamento (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 16323 del 17.07.2014 e n. 1778 del 23.01.2019).
Ancora la suprema Corte di cassazione, con la sentenza n. 18608 del 11.07.2019, ha confermato il principio di diritto espresso in precedenza, ossia che il termine di permanenza dei verificatori presso la sede del contribuente, deve essere computato considerando le giornate lavorative effettivamente ivi trascorse a decorrere dalla data di accesso per svolgere le operazioni di controllo.
In buona sostanza, a parere degli Ermellini, deve escludersi che il termine di trenta giorni sia un termine perentorio di durata del complessivo accertamento, dovendo lo stesso riferirsi soltanto ai giorni di effettiva permanenza dei verificatori presso il contribuente e potendo anche essere prorogato nelle ipotesi di “particolari complessità che rendano necessario la procrastinazione dell’accertamento fiscale”.
Inoltre, non può ritenersi che il mancato rispetto del termine sopra citato possa sic et simpliciter comportare la nullità del successivo avviso di accertamento atteso che, in materia tributaria, “non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento comporta, di per sé, l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, eccetto i casi in cui venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio”.
In definitiva, il giudice di legittimità ha nel tempo chiarito che la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente “non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, la cui scelta risulta razionalmente giustificata dal mancato coinvolgimento di diritti del contribuente costituzionalmente tutelati” (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 7584 del 15.04.2015, Corte di cassazione, sentenza n. 27149 del 16.12.2011).