Necessario semplificare la disciplina fiscale degli ammortamenti
di Fabio LanduzziIl rapporto fra la disciplina contabile dell’ammortamento delle immobilizzazioni materiali (Oic 16) e la norma fiscale (articolo 102 Tuir) appare oggi bisognoso di un serio e ragionevole intervento di semplificazione, nella prospettiva di una armonizzazione fra i due binari; la disciplina fiscale attuale appare infatti anacronistica in quanto non sempre allineata né all’evoluzione dei principi generali di determinazione del reddito d’impresa (derivazione rafforzata) e né alle esigenze poste dall’adozione, da parte delle imprese, di strumenti e sistemi contabili sempre più automatizzati ed integrati con il controllo di gestione.
Vediamo i punti che, a nostro avviso, meriterebbero questo intervento.
In primo luogo, come già accennato, emerge l’evidente mancanza di coordinamento fra il principio di derivazione rafforzata, da una parte, e il momento a partire dal quale – ai fini fiscali – è riconosciuta la deducibilità delle quote di ammortamento.
Dal lato contabile, l’Oic 16, par. 61, prescrive che l’ammortamento ha inizio “al momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per l’uso”; dall’altra parte, ai fini fiscali, l’articolo 102, comma 1, Tuir, dispone che le quote di ammortamento dei beni strumentali sono deducibili a partire dalla “entrata in funzione del bene”.
Abbiamo già avuto di osservare che la “disponibilità” del bene ad essere “pronto all’uso” (presupposto dell’ammortamento civilistico) e la sua “entrata in funzione” (presupposto dell’ammortamento fiscale) sono momenti non sempre coincidenti.
Si ricorderà che Assonime (nella Guida all’applicazione dell’Ires e dell’Irap per le imprese Ias Adopter del 2011) si era espressa a favore della prevalenza del precetto “contabile”, poiché tale aspetto sarebbe attinente alla “qualificazione” e alla “imputazione temporale”.
Se la tesi di Assonime fosse confermata, allora, oggi tale assunto dovrebbe valere anche per i soggetti Oic Adopter per i quali si applica il principio di derivazione rafforzata.
La questione potrebbe essere allora agevolmente risolta mediante una semplice modifica dell’articolo 102, comma 1, Tuir, riproducendovi la stessa previsione dei principi contabili.
Una seconda questione riguarda il computo della quota di ammortamento nel primo esercizio; assumendo infatti che vi sia corrispondenza fra il coefficiente di cui al D.M. 31.12.1988 e la vita utile del cespite, così che su base 12 mesi la quota di ammortamento sia la medesima tanto civilisticamente quanto fiscalmente, si pone il problema delle società che determinano l’ammortamento economico sulla base del c.d. pro rata temporis, ossia in proporzione al tempo decorrente dalla data in cui il cespite è pronto per l’uso e sino alla chiusura di ciascun esercizio.
In questo caso, nel primo esercizio di ammortamento, e per tutti i beni per i quali l’ammortamento economico ha inizio entro il primo semestre di tale esercizio, si è costretti a gestire un doppio binario civilistico-fiscale (Ires), in quanto l’importo dell’ammortamento stanziato a bilancio é sempre maggiore del 50% (fiscale). Il che appare francamente poco razionale, anche guardando alla corretta determinazione del reddito di periodo; che senso ha che un cespite che avvia l’ammortamento il 3 gennaio sia limitato nella sua deduzione fiscale al 50%, allo stesso modo di un cespite il cui ammortamento prende il via il 28 dicembre dello stesso anno? Per le società che adottano l’ammortamento pro-rata temporis sarebbe allora sensato consentire il riconoscimento pieno di questa modalità ammessa dai Principi contabili; per tutte le altre, invece, ben venga la semplificazione forfetaria del 50% del coefficiente ordinario per il primo anno.
Infine, la situazione diventa quasi grottesca se il bene strumentale è oggetto anche di una svalutazione contabile, fiscalmente non deducibile nell’anno della sua effettuazione, e di una contestuale variazione della vita utile residua del cespite.
Tale circostanza non è così rara, soprattutto in presenza di operazioni straordinarie (ad es. conferimenti di aziende provenienti da società in procedura).
In questo caso, rispetto alla questione di come riassorbire la svalutazione fiscalmente non dedotta, la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 98/2013 conduce addirittura ad un triplo binario; civilistico, fiscale Ires e fiscale Irap.
Infatti:
- l’ammortamento fiscale ai fini Ires, quanto al riassorbimento della svalutazione, é calcolato applicando i coefficienti tabellari ex M. 31.12.1988 sul costo storico originario del bene strumentale. Quindi, ai fini Ires, di anno in anno viene effettuata – sino al riassorbimento della svalutazione non dedotta – una variazione in diminuzione extracontabile pari alla differenza fra l’ammortamento “fiscale” e l’ammortamento contabile imputato a conto economico,
- ai fini Irap, invece, il riassorbimento della svalutazione non dedotta non segue i coefficienti tabellari, bensì la stessa scansione temporale degli ammortamenti contabili; ossia, secondo la risoluzione, le variazioni in diminuzione ai fini Irap sono calcolate ripartendo il valore fiscale del bene (il costo storico al lordo della svalutazione) sulla base della vita utile residua attribuita civilisticamente al cespite (ossia, secondo lo stesso piano di ammortamento civilistico).
Un intervento legislativo e amministrativo di semplificazione e razionalizzazione, appare davvero tanto utile quanto semplice nella sua attuazione, e neppure avrebbe effetti di rilievo sul gettito erariale.
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