27 Febbraio 2020

Si applicano ritenute su compensi per noleggi a soggetti non residenti?

di EVOLUTION
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La scheda di FISCOPRATICO

Una impresa o un professionista corrisponde un compenso per il noleggio di attrezzature ubicate in Italia a una società fiscalmente residente all’estero. Si chiede di conoscere se vi sia una qualche ritenuta alla fonte che il soggetto italiano deve applicare come sostituto.


Va innanzitutto premesso che la previsione di eventuali ritenute deve essere valutata in base alla normativa domestica; tuttavia è necessario valutare se la convenzione contro le doppie imposizioni eventualmente applicabile preveda una qualche misura di favore per il soggetto non residente.

L’iter logico da seguire è il seguente. Innanzitutto si deve valutare se il soggetto che noleggia l’attrezzatura in Italia sia residente all’estero o in Italia.

La questione viene gestita con l’articolo 2 Tuir, se si tratta di una persona fisica, oppure ai sensi dell’articolo 73 Tuir, se si tratta di una società. Qualora emergano profili di incertezza, inoltre, il contribuente potrà dirimere la questione con l’articolo convenzionale (generalmente l’articolo 4) che gestisce la residenza fiscale dei soggetti.

Assumendo, nel nostro caso, la residenza estera, si deve rilevare come, in base all’articolo 3 Tuir i soggetti non residenti sono tassati solamente sui redditi prodotti in Italia (principio di territorialità).

L’elenco dei redditi che i non residenti producono nel nostro Paese è contenuto nell’articolo 23 Tuir, dove si annoverano, alla lettera f) del comma 1, i redditi diversi derivanti da attività svolte nel  territorio  dello Stato e da beni che si trovano nel territorio stesso.

La norma prevede peraltro alcune ipotesi di esclusione che non interessano, tuttavia, il nostro caso.

A questo punto si deve valutare se, per caso, il D.P.R. 600/1973 preveda una disciplina particolare, ossia una ritenuta alla fonte che permetta di esonerare la società non residente dal dover presentare la dichiarazione dei redditi in Italia autoliquidando l’imposta dovuta.

La risposta è affermativa, in quanto l’articolo 25, ultimo comma, D.P.R. 600/1973, prevede che deve essere operata una ritenuta del trenta per cento a titolo di imposta sull’ammontare dei compensi corrisposti a non  residenti per l’uso o la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche che si trovano nel territorio dello Stato. Il legislatore prevede espressamente che ne sono esclusi i compensi corrisposti a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti.

A questo punto si deve valutare se il soggetto non residente detenga per caso una stabile organizzazione nel nostro Paese.

In tal caso non si applicano ritenute alla fonte, tuttavia la stabile sarà tenuta a liquidare l’Ires in Italia e a presentare la dichiarazione Modello redditi società di capitali.

La stabile organizzazione potrebbe ad esempio sussistere nel caso in cui la società estera detenga in Italia un negozio che noleggia le attrezzature a terzi. In questo caso, infatti, si dovrebbe constatare che l’entità non residente dispone in Italia di una sede fissa di affari attraverso cui esercita in tutto o in parte la propria attività.

Supponiamo che non sia questo il nostro caso. In prima battuta dobbiamo quindi concludere, in base alla normativa interna, che il sostituto italiano dovrà operare una ritenuta alla fonte del 30% a titolo di imposta.

Sul punto, tuttavia, si segnala che, in base all’articolo 26 quater D.P.R. 600/1973 è possibile evitare la suddetta ritenuta, ma solamente in applicazione della direttiva interessi e canoni.

La previsione, tuttavia, trova applicazione solo per i flussi all’interno del gruppo, atteso che è richiesta la detenzione diretta di una  percentuale non inferiore al 25 per cento dei diritti di voto nella società .

 La partecipazione può essere detenuta dalla società italiana pagante oppure dalla società estera che riceve il flusso.

In alternativa, è altresì possibile che le società siano per così dire sorelle, nel senso che, in assenza di una rapporto partecipativo tra le stesse, vi è una terza società che detiene in entrambe almeno il 25% dei diritti di voto.

La norma prevede inoltre il rispetto di altri requisiti che in questa sede non è il caso di approfondire. Ovviamente, se, come spesso accade, è assente un rapporto partecipativo tra la società pagante e quella che riceve il pagamento, non resta che valutare l’applicazione della convenzione contro le doppie imposizioni.

Se la convenzione risulta conforme al Modello Ocse 2017, nessuna ritenuta deve essere applicata per le ragioni che seguono.

L’articolo 7, pr. 1, del modello Ocse, infatti, prevede che gli utili di una impresa estera possono essere tassati nel Paese diverso da quello di residenza solamente in presenza di una stabile organizzazione.

La questione sembrerebbe quindi pacificamente risolta nel senso di escludere la tassabilità nel Paese estero (nel nostro caso in Italia). La questione è tuttavia più complessa in quanto, il successivo par. 4, in deroga al par. 1, prevede che, se particolari casistiche di reddito sono disciplinate autonomamente in qualche articolo della convenzione, questo articolo specifico prevale.

Ebbene, seguendo il modello Ocse, non possiamo rivenire nessuna previsione particolare in tal senso in quanto il noleggio di attrezzature non rientra in alcuna previsione convenzionale specifica.

L’unica norma che potrebbe astrattamente contenere la previsione è costituita dall’articolo 12 del modello Ocse, relativo ai canoni.

L’esclusione della ritenuta discende da due elementi:

  • la definizione di canoni contenuta nel par. 2 non annovera il noleggio di attrezzature industriali o commerciali;
  • la norma prevede la tassazione del canone esclusivamente nel Paese di residenza del percettore.

Tuttavia, le convenzioni dell’Italia si scostano dal Modello Ocse per due motivi:

  • la definizione di canoni contenuta nell’articolo 12 annovera anche i noleggi di attrezzature;
  • generalmente (anche se non sempre) l’articolo 12 prevede anche una tassazione nel Paese della fonte che, nel caso dell’Italia, viene operata attraverso una ritenuta alla fonte.

Possiamo quindi affermare che, generalmente, le convenzioni stipulate dall’Italia riducono, senza tuttavia eliminare, la ritenuta alla fonte del 30% prevista dall’articolo 25 D.P.R. 600/1973.